Saturday, June 16, 2007

Un nuovo volto di Chiesa.L'esperienza coraggiosa e innovativa della diocesi di Poitiers

A. Rouet,
Un nuovo volto di Chiesa.
L'esperienza coraggiosa e innovativa della diocesi di Poitiers,
Paoline, Milano 2007, pp. 144, ? 8,50.
883153204
Progressivamente comincia una cultura della chiamata. Anzitutto, perché una comunità che non chiama non avrà possibilità di rinnovarsi, dal momento che i cristiani avevano preso l'abitudine di vivere tra loro e chiamarsi tra loro. E questa chiusura è mortifera. (…) Numerosi cristiani non si erano mai confrontati sulla loro fede; parlavano di tutto… ma la fede rimaneva esclusa dalla loro conversazione» (p. 135): con queste note il vescovo di Poitiers, mons. Albert Rouet, chiude un piccolo e prezioso volume1 sulla rivoluzione pastorale in atto nella sua diocesi da oltre un decennio (cf. Regno-att. 10,2006,301).
Al posto delle oltre 600 parrocchie ereditate dalla tradizione ci sono oggi 300 comunità locali, guidate da un gruppo di laici e connesse a rete in 77 settori e 13 zone pastorali. Il mutamento, preparato da un sinodo (1988-1993), è stato fatto proprio dal vescovo e dalla Chiesa locale, convinti che il declino del cristianesimo e la desertificazione spirituale non siano una fatalità. Passando dalla centralità del prete e del territorio a quella delle persone e delle comunità, si prendeva atto della fine della cristianità senza essere costretti all'abbandono dei territori più periferici; le amministrazioni locali si chiedevano: «Forse anche la Chiesa ci abbandonerà?» (16).
La prima comunità locale partì nel 1995; nel 1997 erano una cinquantina, l'anno successivo un centinaio; nel 2005 ne funzionavano 265 e ora sono circa 300, attive anche negli spazi urbani. Testimonianza, annuncio, missione, chiamata, speranza sono i termini più comuni che accompagnano il formarsi e l'attività del gruppo di base: cinque o più persone che formano l'ossatura locale delle comunità.
Due le figure centrali: il tesoriere o amministratore, che ha cura della vita materiale, e il delegato pastorale, che alimenta le relazioni interne e quelle con il settore d'appartenenza. Ambedue sono eletti dalla comunità locale. Mentre le altre tre figure, relative alla liturgia, alla catechesi e alla carità, sono «chiamate» dal presbitero e dal consiglio di settore. Tutte le cariche hanno una validità triennale e possono essere rinnovate solo una volta. Esse si avviano con un'apposita liturgia, presieduta dal vescovo o dal presbitero, e sulla base di specifiche indicazioni d'azione, ma con grande libertà di condividerle con altri o altre, disposti a dare una mano. Al termine del triennio e del sessennio una valutazione d'insieme permette di indicare i successori, evitando cooptazioni.
Le difficoltà non sono mancate. All'inizio la gente non capiva o immaginava il consueto modo di aiuto alla figura del prete, senza uscire da un complesso di minorità («Non sono i cristiani che mancano, ma sono loro a mancare di fiducia in loro stessi»: 29). Ci sono stati rifiuti, ma con la sorpresa che, qualche tempo dopo, essi diventavano consensi per altri compiti.
Qualche comunità si è incagliata e spenta. Il mondo giovanile sembra assai distante. Non sempre è stato percepito il legame, anche economico, col settore (le comunità sono chiamate a non cumulare, se non per la gestione dei beni come la chiesa o le sale). Ma le domande iniziali del gruppo di base (come organizzare un incontro, quale sussidio utilizzare per la catechesi, come superare un conflitto, come affrontare un testo biblico ecc.) si sono via via trasformate in domande sulla fede, sul senso profondo della liturgia, sul servizio della Chiesa al territorio.
Alcuni tratti del volto nuovo delle comunità sono così indicati: una responsabilità condivisa sulla base della responsabilità battesimale; una speranza nuova («Le comunità non temono più di sé stesse, anche se il loro sacerdote è lontano»); una fraternità che cresce («Le persone imparano a poter contare le une sulle altre»); un approfondimento della fede («La responsabilità espone allo sguardo e all'aspettativa degli altri e ognuno vuole rispondervi nel modo migliore»); apprendere a vivere assieme («C'è molto da fare per accettare le differenze o i passi falsi»); la forza della missione (53-55).
I movimenti di Azione cattolica, le nuove fraternità laicali e i movimenti professionali si sono ben integrati nel lavoro delle comunità locali, mettendo a disposizione le proprie competenze. L'insieme del fronte ministeriale si è messo in moto: una trentina i diaconi permanenti e un centinaio i laici che hanno ricevuto una «lettera di missione», a titolo di ministero riconosciuto. Processi istituzionali che attestano la centralità del Vangelo, il primato della grazia, la fecondità della fede e «un nuovo volto di Chiesa» (78).
Durante il servizio ecclesiale si chiede agli animatori di non esporsi in appartenenze politiche, ma è successo che, a mandato scaduto, i responsabili delle comunità siano stati proposti per un servizio sociale o politico locale. La centralità evangelica diventa valutazione positiva della laicità civile, del dialogo plurale, alimentazione dei valori anche politici e ricerca di giustizia sociale. Una disponibilità all'«umano comune», alle eredità umanistiche e all'ampliamento delle solidarietà, che archivia le forme settarie e le astiose contrapposizioni al moderno.
Un punto nevralgico è il ruolo nuovo del prete. Esso si modifica sensibilmente, enfatizzando aspetti come la paternità della fede, la responsabilità della comunione fra le diverse comunità, l'essere segno vivo dell'Altro. Più che essere l'uomo dell'organizzazione gli è proprio «servire la crescita nella fede e la dinamica missionaria» (33). In un'inchiesta fra 700 gruppi e individui, alla domanda sulla necessità del ministero presbiterale hanno risposto sì 692 voci e 2 sono state quelle contrarie. In questo mese il vescovo ha pubblicato i risultati di colloqui collettivi o privati con 239 preti sui 272 attivi in diocesi. Essi testimoniano una precisa coscienza di ministero (inviati a nome di Cristo, servitori della comunione), aperti ai rapporti con i non credenti, disponibili a nuove forme di presenza, ancorati alla passione per Cristo, alla Parola, alla preghiera e alla vita sacramentale. Uno ha detto: «Non ho né paura né inquietudine. Vi è un'infinità di cose che fervono. Qualcosa nascerà. Ne sono lieto» (cf. La Croix 12.3.2007).
Dopo alcuni anni di funzionamento «si costata che l'idea, una volta prevalente, di una regressione ora è scomparsa» (34). «Non si tratta più di aspettare giorni migliori, ma di prendere in carico la vita cristiana in un luogo stabilito. (…) È così che la struttura locale si mette al servizio della vita cristiana, non imponendosi dall'alto, come un peso in più, ma lasciando spazio a nuove iniziative, garantite da un progetto diocesano» (42-43).
La scelta parrocchiale e territoriale della Chiesa italiana si diversifica in maniera chiara dall'esperimento della diocesi francese. Ma l'esperienza e le sue suggestioni meritano di essere ascoltate.

Lorenzo Prezzi

1 Il vol. porta oltre alla firma del vescovo Rouet anche quella di alcuni collaboratori dell'impresa: E. Boone, G. Bulteau, J.-P. Russeil, A. Talbot.

http://arts-cultures.cef.fr/livr/livrpast/lpast41.htm
Présentation de l'Éditeur (4ème de couverture)
Un nouveau visage d'Église L'expérience des communautés locales à PoitiersAlbert RouetE. Boone, G. Bulteau, J-P Russeil, A. Talbot
Depuis dix ans, Mgr Albert Rouet a ouvert la porte à L'inventivité dans le diocèse de Poitiers pour promouvoir une église de communion dans le sillage du concile Vatican II. Il lui paraît temps de dresser le bilan d'une entreprise qui ne prétend nullement s'ériger en modèle mais dont les enjeux dépassent de beaucoup son seul diocèse. Une autre structure doit se mettre en place qui évite la centralisation et invente d'autres modalités d'exercice du ministère presbytéral. Une révolution copernicienne : passer de laïcs aides d'un prêtre autour duquel tout tourne, à des communautés locales responsables, constituées d'une équipe de base animatrice, avec un prêtre. La paroisse aussi doit changer de forme quand son organisation joue à guichets fermés : les regroupements de paroisses réunissent des convaincus en un point géographique mais retirent d'autres localités les forces dont elles ont besoin pour tenir. Bref, il faut préparer l'avenir en quittant les modèles intenables. Ces pages, écrites en collaboration avec deux laïcs en responsabilité et deux prêtres, livrent la théologie de cette initiative. Elles racontent son impact social et les évolutions de ses responsables.
Mgr Albert Rouet, archevêque de Poitiers, membre du Conseil permanent de l'épiscopat. Il a reçu en 2002 le prix de Littérature religieuse pour son livre la chance d'un christianisme fragile, Bayard.Avec Éric Boone, laïc, théologien et directeur adjoint du Centre théologique de Poitiers. Gisèle Bulteau, laïque, chargée de l'accompagnement des communautés locales dans le diocèse de Poitiers.Jean-Paul Russeil, vicaire épiscopal, enseignant en ecclésiologie.André Talbot, prêtre, directeur du Centre idéologique de Poitiers, enseignant en éthique sociale et politique.

Bayard 2005 - 20,5x12 cm - 250 pages - 15,90 euros

Commentaires d'ACF
La plupart des diocèses ont restructuré les paroisses selon un schéma à peu près identique. Le diocèse de Poitiers a suivi une autre voie qui est présentée dans un livre intitulé Un nouveau visage d'Église. Ce titre exprime bien le but de la réforme entreprise dans le diocèse. Non pas chercher à aménager la vie paroissiale à cause de la diminution du nombre de prêtres d'année en année, mais lire la situation comme un appel de l'Esprit. Présenter le livre de Mgr Rouet dans cette perspective sera contesté car les diocèses, en remodelant la géographie paroissiale, ont voulu, eux aussi, se mettre à l'écoute de l'Esprit Saint. C'est dire que ce livre était attendu.
Ce livre a été rédigé non seulement par Mgr Rouet mais aussi par Éric Boone, laïc théologien, Gisèle Bulteau, laïque chargée de l'accompagnement des communautés locales, le P. Russeil, vicaire épiscopal et le P. Talbot, directeur du Centre théologique de Poitiers. Avec les responsables des communautés locales, ils se sont fortement impliqués dans une recherche audacieuse pour que l'Église qui est à Poitiers ait un autre visage.
Ce qui frappe d'emblée, c'est l'option prise dès le départ de distinguer la structure à mettre en place de son fonctionnement et son animation par des personnes qui allaient recevoir la mission de faire vivre l'Église dans un secteur. Ainsi, le diocèse a refusé d'entreprendre une restructuration qui ramène l'essentiel de la vie chrétienne autour d'un point unique - là où réside le prêtre. Cette option aurait favorisé le prêtre placé à la tête de cet ensemble. Le pasteur aurait pu rayonner et garder la main sur tout ce qui se vit sur le territoire qui lui est confié. « On ne remplace pas un prêtre par un ou des laïcs, surtout dans des structures pensées par des prêtres, faites pour eux, dirigées par eux. » (p. 28.) Il fallait absolument éviter de cléricaliser les laïcs impliqués dans cette refondation. Une véritable révolution copernicienne est décrite par Mgr Rouet : « Passer de l'état de laïcs qui tournent autour du prêtre "pour aider monsieur le curé" en adjoints dévoués et effacés au statut de communautés réelles, responsables, avec un prêtre à leur service... » (p. 35.)
Alors, quelle voie a été suivie ? On a créé des équipes de trois personnes qui acceptent de remplir les trois responsabilités de l'Église : annoncer la foi, prier et servir l'homme. Chaque équipe se propose de prendre en charge un secteur... petit ou grand, cela n'a pas d'importance, pourvu que la mission de l'Église soit remplie. L'histoire de ces naissances des équipes locales est plus riche que ce qui est dit ici. Il faut lire le témoignage de Gisèle Bulteau qui a accepté une responsabilité diocésaine auprès de ces communautés locales, l'itinéraire de foi des communautés locales décrit par J.-P. Russeil, les réflexions sur la formation par É. Boone et l'insistance d'A. Talbot pour que ces communautés locales soient au service de la communauté humaine et travaillent en lien avec la mission originale des mouvements apostoliques et des services de l'Église.
Mgr Rouet termine ce livre, écrit à plusieurs, en soulignant que c'est à travers des petites choses et une place différente des prêtres que l'Église prend un autre visage : un peuple de Dieu qui ose créer, innover, une communauté locale souple qui se laisse dynamiser par le souffle de l'Esprit.
Ce livre provoque à regarder la réalité pastorale en face, à mener une réflexion courageuse et invite à l'audace de la création.
Qu'on nous permette de poser une question qui sûrement fait partie de la réflexion mais dont le livre ne parle pas. Est-ce que cette nouvelle façon de vivre l'Église sert l'inculturation de l'Évangile dans notre société en pleine mutation ? Précisons cette question en tournant nos regards vers les laïcs qui ont pris des responsabilités. Aujourd'hui, on parle beaucoup des classes moyennes, d'une nouvelle aristocratie, d'un monde ouvrier devant prendre à bras-le-corps de nouveaux défis. Dans le livre, il est bien question de communautés vietnamienne, polonaise... Mais la France est aujourd'hui composée de plus en plus de Français d'origines diverses. Ce n'est pas parce qu'un laïc reçoit une responsabilité ecclésiale que son origine sociale, sa sensibilité, sa mémoire sont remplacées :- par le dévouement qu'il met pour remplir au mieux la mission confiée, - ou par la générosité qui mange souvent son temps mais pas son être profond.
Cela peut être une chance d'être divers culturellement pour assumer ensemble une responsabilité d'Église, car l'inculturation de l'Évangile passe par une lucidité sur soi-même et sur les autres, par un partage en équipe. Ce partage est riche si chacun livre sa foi inculturée dans l'aujourd'hui !
Abbé Robert Pousseur Novembree 2005

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