Thursday, November 30, 2006

What is a Classic? T.S. Eliot

/maturity
/balance between monotony and eccentricity
/universality


Selected Prose of T.S. Eliot 930.4 E5 3

Regensburg Lecture

Murray: What do you suspect Pope Benedict hoped to achieve by referring to the discussion between the Byzantine Emperor and his Persian interlocutor? What is Pope Benedict's vision for dialogue with Muslims, and what are the merits of his vision?

Fr. Schall: This reference was very precise. It was bravely asked. It served to pose a question almost everyone is asking: "Can religion sanction violence?" By placing it in this historic context, during a period when Constantinople itself was under siege from Muslim forces, the Pope wanted to remind us that our current problem was not formulated in this manner for the first time in our tradition. It is one that has been asked again and again for over some twelve centuries.

I think the Pope wanted to use a very simple method that we find in the Gorgias, namely, do not give us long and convoluted answers, but simply "Yes" or "No" to these basic questions: "Is violence legitimate to use to expand religion?" and "If not, do you oppose its use?"

Schall: Remember, the purpose of the Regensburg lecture was to pose the question in its most radical form: "Is it true that Islam holds violence to be a religious act to spread its faith?" Simply asking that question, especially in the light of history and contemporary events, is not a crime. If the answer is, "Islam does not hold this," the Pope would be delighted. We would all be delighted, except, presumably, those within Islam who hold this violence is legitimate. What Benedict wants to hear and why he so formulated the question in a Muslim context, was that negative answer was correct.
But if the answer is affirmative, as not a few Muslim thinkers and politicians, ancient and modern, have indeed thought and frankly told us so, then the Pope must speculate on what is the philosophic reason for this view? This is why he mentions the voluntarist intellectual tradition within Islam (and the West). This is one possible explanation of it. That is, if Allah is pure will and that will is not bound by anything but itself, there is no "reason" why it could not make wrong right and right wrong.

http://www.ignatiusinsight.com/features2006/schall_stateofthewest_nov06.asp

Sunday, November 19, 2006

La lingua degli angeli

«Se non possedeste i nomi delle cose il mondo per voi non esisterebbe. E' soltanto così, nominandoli che siete in grado di conoscere e rappresentarvi gli oggetti» ricorda Fertilio.

Dario Fertilio, «La lingua degli angeli per principianti» (Skira, pp. 72, 25 euro)

Monday, November 13, 2006

Sophistry in Japan

納富信留(のうとみ・のぶる。1965年生まれ、慶応大学文学部助教授)著、『ソフィストとは何か』、人文書院、2800円。

評・橋本五郎(読売新聞編集委員)、読売新聞2006年11月12日(日曜日)

「プロタグラスやゴルギアスに代表されるギリシアのソフィストたち。本来なら『知恵のよく働く人』という意味なのに、『詭弁を弄(ろう)する似而非知者(えせ)』という悪名が付き纏って離れない。『無神論や不可知論、相対主義によって社会と道徳を破壊し、若者たちを腐敗させる背徳者』という烙印を押されてきた。 
しかし、ギリシアに始まった西洋哲学のあり方が根本的に問われている今、ソフィストの存在を見直す作業は不可欠なのだ。哲学の再興を2500年の時空を超えて、ソフィストの対決を通じてしかあり得ない。そんな切迫感と意気込み、そして熱情に溢れた書である。 
ソフィストとは授業料をとって『公的な場で上手に言論を操る技術』を授ける西洋史上初めての職業的教師だった。若者たちは新鮮な知的刺激を与えられ、熱狂的に迎えた。 
プラトンは師ソクラテスがソフィストではなく「哲学者」であることを弁証することでソフィスト批判を展開する。知識の教授と引き替えに金銭を取ることは、知の自立を否定するものだ。『全知』を標榜(ひょうぼう)するなど傲慢であり、「不知」を自覚し「知」を愛し求め続けるところに「哲学者」の所以があるのだ。 
こうしてプラトンの「若者を誑(たぶら)かす不道徳なイカサマ師」というソフィスト像が歴史的に定着していく。その論証には歴史のパズルを解くような面白さがあるが、この書の特徴は、数少ないソフィスト自身の著作から彼らが為そうとしたエキスを抽出していることだ。 
ソフィストをプラトンの”くびき”から解き放つ作業を通じ、相対主義や個人主義、さらには非宗教的態度など日本社会に蔓延(まんえん)する諸現象を考えていこうという試みは、結局はその解を私たち自身に委ねた形になっている。読み終わり重い課題を背負ったとの感を禁じえない。

私のコメント:
日本では「無知の知」をまだわかっていない人は結構いる。その人たちは「教育者」になっている場合は多い。もしかしたら文科省にもありそう。だから日本では教育はだめになっている。

Sunday, November 12, 2006

Cristianesimo e democrazia pluralista.

Cristianesimo e democrazia pluralista.Sulla imprescindibilità del cristianesimo nel mondo moderno

JOSEPH CARD. RATZINGER, Quaderni di Cristianità, anno I, n. 2, estate 1985
http://www.alleanzacattolica.org/quaderni_cristianita/quaderni_cristianita_2_1985_ratzingerj.htm
Il 24 aprile 1984, a Monaco di Baviera, S. E. Rev. ma il signor cardinale Joseph Ratzinger apriva un congresso sul tema L’eredità europea e il suo futuro cristiano — promosso dalla fondazione Hans Martin Schleyer e dal Pontificio Consiglio per la Cultura — con una conferenza il cui titolo originale suona Christliche Orientierung in der pluralistichen Demokratie? Uber die Unverzichtbarkeit des Christentums in der modernen Welt. Pronunciato davanti a un pubblico composto da qualche centinaio di uomini di cultura europei, il testo è stato poi raccolto come contributo in Pro Fide et Justitia. Festschrift fur Agostino Kardinal Casaroli zum 70. Geburtstag, a cura di Herbert Schambeck, Duncker & Humblot, Berlino 1984, pp. 747-761. Su questa edizione è stata condotta la traduzione italiana, gentilmente autorizzata dall’autore, fatta da don Pietro Cantoni.

(...)Oggi certamente nessuno vuole più rendere omaggio alla fede nel progresso dell’illuminismo, ma un certo messianismo profano è profondamente penetrato nella coscienza collettiva. La frase di Ernesto Cardenal "lo credo nella storia" esprime il credo nascosto di molti: in qualche modo l’idea di Hegel che la storia stessa, alla fine, ci porterà la grande sintesi si è installata nella coscienza collettiva. L’idea che tutta la storia precedente sia storia della schiavitù e che però ora finalmente può e deve essere presto edificata la società giusta, è oggi — in svariati slogan — diffusa sia fra atei che fra cristiani, e si è introdotta perfino nelle pastorali dei vescovi e ne i testi liturgici. In un modo curioso ritorna la mistica del Regno del periodo fra le guerre [mondiali], che ha poi avuto un esito così macabro. Di nuovo si preferisce parlare, anziché di "Regno di Dio", di "Regno" semplicemente. Realtà, questa, per la quale noi lavoriamo, che costruiamo, che si avvicina in modo tangibile grazie ai nostri sforzi. il "Regno", la "nuova società" si è trasformata in un moralismo che dispensa da ulteriori argomentazioni politiche ed economiche. Il fatto che noi lavoriamo per un nuovo e definitivo mondo migliore è da lungo tempo diventato qualcosa di ovvio. Il lato filosoficamente e politicamente sospetto di questa escatologia dell’imminente si può capire, a mio avviso, soffermandosi su tre aspetti fondamentali di tale concezione.

1. Nella società liberata il bene non riposa più sullo sforzo etico degli uomini che compongono questa società, ma è previamente dato, in modo semplice e irrevocabile, mediante le strutture. Il mito della società liberata riposa su questa rappresentazione perché l’ethos è sempre minacciato, non è mai perfetto e deve sempre essere raggiunto.
Per questo uno Stato che si appoggia sull’ethos — cioè sulla libertà — non è mai compiuto, mai totalmente giusto, mai assolutamente protetto. E’ imperfetto come l’uomo stesso.
Proprio per questo motivo la "società liberata" deve essere indipendente dall’ethos. La sua libertà e la sua giustizia devono, per così dire, essere fornite dalle strutture. Anzi, l’ethos viene in fondo trasferito dall’uomo alle strutture. Le strutture attuali sono peccaminose, quelle future saranno giuste: bisogna inventarle e costruirle come si costruisce una macchina — poi, però, vi sono. Per questo anche il peccato diventa peccato sociale, strutturale e deve essere di nuovo ridefinito come tale. Per questo la salvezza riposa sull’analisi delle strutture e dell’attività politico—economica che ne consegue. Non è l’ethos a sorreggere le strutture, piuttosto le strutture sorreggono l’ethos, e questo perché l’ethos rappresenta l’elemento fragile, mentre le strutture sono l’elemento solido e sicuro. In questo rovesciamento che soggiace al mito del mondo migliore io vedo l’autentica essenza del materialismo, che non consiste semplicemente nella negazione di un ambito della realtà, ma più profondamente è un programma antropologico che naturalmente si collega con una determinata idea di come i singoli ambiti nella realtà si relazionano tra di loro. La tesi che lo spirito è solo un prodotto di processi materiali e non il principio della materia, corrisponde all’idea che l’ethos è una produzione dell’economia, e non è l’economia a essere in definitiva determinata dalle scelte umane fondamentali. Però, se si guarda ai presupposti e alle conseguenze di questo così sorprendente esonero dell’uomo dalla sua responsabilità, si riconosce che questo esonero — "liberazione" — riposa sulla dimissione dell’ethos, cioè sulla dimissione della responsabilità e della libertà, sulla dimissione della coscienza. Perciò, questo tipo di "Regno" è una mistificazione con la quale l’Anticristo ci prende in giro: la società "liberata" presuppone la perfetta tirannide. Penso che oggi dobbiamo di nuovo chiarire con ogni decisione che né la ragione né la fede ci promettono che vi sarà, prima o poi  il mondo perfetto. Esso non esiste. La sua continua attesa, il giocare con la sua possibilità e vicinanza, è la più seria minaccia alla nostra politica e alla nostra società, perché da lì procede necessariamente il fanatismo anarchico. Per la sopravvivenza della democrazia pluralista, cioè per la sopravvivenza e lo sviluppo di una misura di giustizia proporzionata alle possibilità dell’uomo, è urgente imparare di nuovo il coraggio della imperfezione e il riconoscimento della costante minaccia a cui sono sottoposte le cose umane. Sono morali solo quei programmi che risvegliano questo coraggio. Viceversa è immorale quell’apparente moralismo che si ritiene soddisfatto solo con ciò che è perfetto Qui è necessario un esame di coscienza anche riguardo alla predicazione ecclesiastica o para — ecclesiastica, le cui eccessive esigenze e speranze favoriscono la fuga dal morale all’utopico.

(...)Possiamo cioè constatare che il rifiuto della morale a vantaggio della tecnica non è innanzitutto conseguenza della fuga dalla fatica della morale, ma del sospetto della sua irragionevolezza. La deduzione razionale e il funzionamento di un apparecchio non sono la stessa cosa. Però, una volta che il funzionamento di una macchina è stato eretto a modello della ragione, allora alla morale classica non resta altro spazio che quello dell’irrazionale. Nel frattempo si fanno strada i tentativi di presentare anche la morale come scienza esatta. Essa viene allora ricondotta nell’una o nell’altra forma al tipo della matematica, al calcolo dei rapporti tra effetti piacevoli e spiacevoli di una azione umana. In questo modo, però, viene liquidata la morale in quanto tale; perché il bene in sé e il male in sé non esistono più, ma resta soltanto una contabilità di vantaggi e di svantaggi, dove le cose non cambiano, anche se ci viene assicurato che, in generale, verranno mantenuti gli stessi criteri finora considerati come norme di azione.

(1) E. W. Böckenförde, Staat - Gesellschaft - Kirche, Friburgo in Brisgovia 1982 (vol. 15 di Böckle - Kaufmann e altri, Christlicher Glaube in moderner Gesellschaft), p. 67.

Sunday, November 05, 2006

夫婦 Meoto

「二十代は愛で 
三十代は努力で 
四十代は我慢で 
五十代は諦めて 
六十代は信頼で 
七十代は感謝で 
八十代は一心同体で 
そしてそれからは空気のようなふれ愛で」

金剛山の葛木神社の近くに、樹齢200年の巨大な夫婦杉のふもとに建てられた『夫婦』の石碑より。(碑は岸田博明の作品)