Sunday, February 26, 2006

Ignorance and War (for Christian pacifists)

I wonder if one could argue that ignorance can be a cause of war. I know a few christians (among them also some catholic priests and even a couple of bishops) that like to talk about peace but do not like to study theology or philosophy. If you do not study you could become prey to ignorance which in turn, as everybody should know, is a breeding field for prejudice and wrong assumptions (all of which undermine truth). If, then, it is true that TRUTH is a pillar for builduing peace, with a simple syllogism we could come to the conclusion that those who dislike study are not really working towards building peace, but the reverse.
It is said that a big factor that led to the genocide that happened in Rwanda,was mutual (and carefully protected) ignorance between Tutsis nad Hutus.

無知と戦争

無知は戦争の原因になるということを主張できないであろうか。私は平和について話したがるクリスチャン(そのうち神父数人、司教若干名)を知っている。けれども、彼らが哲学や神学を勉強したがらない、むしろどちらかといえば嫌いなんです。勉強しなければ当然無知になる。無知は、周知のとおり偏見と先入観の温床ではないか。偏見と先入観は真理をむしばむもの。だとすると、歴代の教皇が強調するように、真理は平和の柱であることはほんとうであれば、簡単な算段論法で帰結できることであるが、勉強嫌いな人は平和を築くのではなく、むしろ逆である。

Spiritualita' missionaria 03

Non sono in possesso di statistiche, ma conosco un discreto numero di missionari che non ce l’hanno fatta ad appassionarsi per un popolo. Alcuni lo riconoscono, magari nella prima fase del loro inserimento, e tornano in patria per non muoversi più, in parecchi casi;
Rubrica «Un tesoro in vasi di creta»
Tra passione e delusione
di Franco Cagnasso, missionario del Pime in Bangladesh
03/01/2006 Febbraio 2006, n. 2©Mondo e Missione

Spiritualita' missionaria 02

Anni fa, nel «giro» degli Istituti esclusivamente missionari s’incominciò a descrivere il rapporto con le Chiese locali emergenti con uno slogan: «Siamo le loro ruote di scorta». Un’espressione volutamente ambigua, perché la ruota di scorta, pur se indispensabile, è un oggetto che nessuno desidera usare, e a cui si chiede soltanto di occupare poco spazio. Ogni tanto l’espressione ritorna. Come valutarla?Per tanto tempo i missionari hanno detto che il loro unico obiettivo era la fondazione e la crescita delle Chiese locali, che lavoravano per rendersi inutili e poter andare altrove. Essere «ruote di scorta» potrebbe, dunque, essere il preludio al raggiungimento di questo obiettivo, invece è sentito spesso come una frustrazione. Sembra che la Chiesa locale voglia scrollarsi di dosso la presenza di persone che danno la vita per i poveri e per l’evangelizzazione, per restare tranquilla nel tran tran delle istituzioni consolidate e sicure, nella cura del piccolo - o piccolissimo - gregge, senza alcuna attenzione per i non cristiani. Ha voglia di autonomia, forse soprattutto di mettere le mani sulle risorse economiche. Nella Chiesa cattolica non manca lo spettacolo poco edificante di clero e religiosi/e che puntano su opere di prestigio, economicamente redditizie, o addirittura che utilizzano i poveri, lo sviluppo, le calamità come pretesto per ricevere aiuti che useranno a proprio vantaggio. Nelle Chiese protestanti, spesso sono i laici a dividersi e suddividersi in infinite lotte che hanno alla base la spartizione del denaro e delle proprietà. Quando nasce una nuova, minuscola setta, è saggio chiedersi se all’origine ci sia una controversia teologica o pastorale, o più banalmente un conflitto di interessi.Tutto questo è vero, e spiega in parte il fastidio con cui i missionari sono a volte guardati, l’implicito invito: «Lasciateci i soldi e partite».Non spiega, però, tutto, sia perché non sempre e non tutti nelle Chiese locali di recente origine hanno questi difetti, sia perché anche noi missionari abbiamo le nostre responsabilità.È difficile, ad esempio, accettare che un approccio all’evangelizzazione diverso dal nostro sia altrettanto valido. Lo spirito missionario vissuto da noi europei in questi ultimi secoli è esemplare, ma è forse l’unico accettabile? Non potrebbe esserci, in un atteggiamento che appare a noi più distaccato o addirittura freddo, semplicemente una diversa sensibilità culturale?

Inoltre, forse non ci rendiamo conto di quanto la nostra presenza possa essere ingombrante. Spesso gestiamo soldi liberamente, per i poveri certo, e con sacrificio, ma questo ci fa apparire «buoni» di fronte alla gente, mentre i locali che gradualmente ci sostituiscono sarebbero i «cattivi» o meno zelanti, semplicemente perché dispongono di minori risorse. Una situazione del genere crea disagio per forza, e probabilmente anche il desiderio che chi «fa ombra» in questo modo se ne vada alla svelta.D’altra parte, se anche c’è una certa ingiustizia, una mancanza di riconoscenza nel considerare i missionari «ruote di scorta», è forse per sentirci ringraziare che ci siamo messi in viaggio? Se il bisogno di gratificazione è umanamente comprensibile, il saperne fare a meno è un’esigenza del Vangelo, dura ma giusta.
Rubrica / Un tesoro in vasi di cretaNoi, ruote di scorta
di Franco Cagnasso, missionario del Pime in Bangladesh
02/01/2006 Gennaio 2006, n. 1©Mondo e Missione

Spiritualita' missionaria

Il missionario - cioè il cristiano - unisce in sé l’ansia di comunicare il dono ricevuto con la pace interiore perché si riconosce servo «inutile», e crede che l’amore di Dio ha dimensioni e strade che di gran lunga sorpassano la sua capacità di capire. In questo modo è convinto, forte, propositivo senza diventare fanatico, settario, ghettizzato.

Cagnasso