Sunday, January 20, 2008

Da Hegel a Marcuse, passando per Kojeve

Edoardo Camurri, Il foglio, 19 gennaio 2008

Herbert Marcuse è considerato il riferimento filosofico del Sessantotto.
Ma Marcuse a chi si rifaceva? A Hegel, a Marx e a Freud. In quello stesso
periodo, chi era però il massimo interprete di Hegel, Marx e Freud?
Anzi, chi era il filosofo che per primo ha imposto nel dibattito quella chimera
composta di Hegel, Marx e Freud? Alexandre Kojève.
Lasciamo così perdere per un po’ Marcuse e il Sessantotto.
Chi era Kojève? Kojève era nipote di Vasilij Kandinskij. Nato a Mosca
nel 1902, Kojève poteva anche essere anagraficamente figlio di Rasputin.
Ma questo non conta. Conta semmai che Kojève sia morto proprio nel 1968
e che lui stesso si definisse Dio. Altri pensavano invece che fosse una spia
del Kgb; alcuni allievi (Roger Caillois, George Bataille, Pierre Klossowski) lo
volevano alla guida di una società segreta in grado di far rivivere, in tutta
la sua potenza, la forza del sacro primitivo (arrivando a immaginare la
possibilità di effettuare sacrifici umani); il generale De Gaulle lo aveva assunto
come consigliere segreto e Leo Strauss, di cui era amico fraterno, scriveva che era l’unica persona, insieme a Jacob Klein, con cui fosse veramente
interessante parlare.
Kojève (che negli anni Trenta divenne cittadino francese) è stato uno
dei più grandi filosofi del secolo scorso (ha praticamente inaugurato, con
una lettura paradossale ed enigmatica, il ritorno della filosofia hegeliana
in Europa), ha predicato l’idea della fine della storia, ed è diventato un alto
funzionario del ministero degli Affari esteri francese. Ha scritto moltissimo,
ma in vita ha pubblicato solo due libri e, nonostante sbandierasse
Hegel, i suoi pensatori di riferimento erano Nietzsche, l’Imperatore Giuliano
e Platone.
Sfruttando un’ironia fuori dal comune e un amore per la dissimulazione imparata sui libri di Leo Strauss, il progetto di Kojève si può riassumere
così: distruggere la modernità culminata nel discorso utopista hegelomarxista
inoculando al suo interno il virus di Nietzsche. Detto altrimenti:
affascinare gli alfieri della modernità con un discorso che contiene in sé,
ben nascosti, gli elementi della sua distruzione (Kojève riteneva che un’operazione
simile fosse stata giocata in passato dal paganesimo quando riuscì
a convincere i cristiani, per esempio attraverso le opere dello Pseudo
Dionigi, a dare una veste neoplatonica al messaggio evangelico, veste neoplatonica
che i tardi pensatori pagani come Proco, Giamblico e Damascio
avevano scoperto essere inutilizzabile in quanto autocontraddittoria).
Per raggiungere il suo obiettivo, Kojève si presentò come un marxista
radicale, un comunista ortodosso in grado di dimostrare, attraverso un sistema
filosofico apparentemente indistruttibile, come Hegel e Marx avessero
ragione: l’umanità aveva raggiunto il regno delle libertà e la storia era
finita per sempre. Kojève riuscì a raccontare tutto questo convincendo della
verità del suo ragionamento il meglio delle intelligenze europee del
suo periodo. Allan Bloom, che fu, oltre che di Strauss, l’allievo segreto di
Kojève, scrisse infatti senza riuscire a
nascondere un certo entusiasmo ironico:
“Merleau-Ponty e Sartre furono profondamente influenzati da lui

In un certo senso, per illustrare ulteriormente questa strategia, si può dire
che la retorica scelta da Kojève rispetto alla presentazione del suo Hegel
ricordi, in direzione inversa, quella di Machiavelli nei confronti di Livio.
Per dirla con Leo Strauss: “I lettori di Machiavelli, essendo seguaci di
modi e ordini stabiliti, sono contrari ai modi e ordini che egli raccomanda. Egli deve quindi invocare dei princìpi con i quali i lettori saranno d’accordo.
Apprendiamo dalla prefazione al primo libro che questi lettori, a parte l’essere
seguaci di modi e ordini stabiliti, sono anche ammiratori dell’antichità
classica. C’è un pregiudizio in favore dell’antichità classica che Machiavelli
può invocare”. E’ la stessa impressione iniziale che Kojève cerca: la sua
opera sembra sostenere la bontà in senso assoluto della modernità. Kojève
si serve del pregiudizio in favore della modernità dei suoi lettori e, come
il Machiavelli di Strauss, invoca e seduce il suo pubblico per reintrodurre
modi e ordini nocivi alla modernità. Il fine, come si è già detto, è di preparare
un lavoro filosofico che, celebrando in superficie la modernità al suo
culmine, contenga in profondità i semi della propria autodistruzione cercando
di aggirare proprio quegli stessi ammiratori della modernità cui il lavoro
filosofico è principalmente diretto.

Insomma, chi si troverà a celebrare con Kojève il culmine della modernità
o chi assumerà come decisivo l’impasto Hegel, Marx e Freud (Kojève progettò
con lo psicoanalista Lacan un libro su Hegel e Freud e tutta la sua antropologia
hegeliana gioca con i concetti freudiani) dovrà fare i conti con
le impasse inserite occultamente da Kojève: la modernità che si intende celebrare
in quei concetti risulterà infatti priva di vita. (L’apice dell’uomo che
diviene è l’animalità, la sua morte, il
ritorno al nulla, alla “Sfera opaca e
muta del paganesimo radicale di Parmenide”
dirà infatti Kojève avendo in mente il Nietzsche dell’Ultimo Uomo,
l’uomo stanco e senza alternative che si pone al culmine della storia).

Marcuse prese Hegel e Marx (con Freud), li agitò, e scrisse il
livre de chevet di quell’anno, “L’uomo a una dimensione”, con i risultati
che ormai tutti conoscono.

Tutta la filosofia di Marcuse e del Sessantotto si muove infatti dentro
questo paradosso: cerca invano un’alternativa in grado di superare il
suo stesso sistema di pensiero che, proprio mentre predica la necessità
di alternativa, ne nega di fatto ogni possibilità.


Jean Hyppolite, Genesi e struttura della ‘Fenomenologia dello Spirito’ di Hegel, Firenze, La nuova Italia, 1972

Karl Lowith, Da Hegel a Nietzche. La frattura rivoluzionaria nel pensiero del secolo XIX . Torino, Einaudi, 1949

Wednesday, January 09, 2008

De communicanda fide

De communicanda fide

Two men are crossing the desert, one of them is blind.
When they get thirsty the guy who can see tells the other:
"I will give you some milk"(in the desert if you drink water, soon you`ll be thirsty again, milk satisfies)
The blind man: "what is milk?"
The guy who can see: "a white drink"
The blind: "drink I know, but what is white?"
The guy who can see: "white is the colour of the feathers of the swan"
The blind: "feathers I understand, but what is color and swan?"
Guy: "Swan is the bird with the crooked neck"
Blind: "Neck I know, but what is crooked?"
Guy (taking the partner`s arm): "Like this is strait, like this is crooked"
Blind: "Oh! Now I know what is milk!" "Give me some milk".

信仰体験を伝える

二人は砂漠を渡ろうとしている。一人が目は見えない。のどが渇いてきて、見える人は相手に「ミルクをあげる」と言います。(砂漠では水を飲めばすぐまたのどが渇く。動物の乳で渇きがとれるそうです)。
見えない人、「ミルクとは何ですか?」
見える人、「白い飲み物です」と。
見えない人、「飲み物は分かりますが、白いは何ですか?」
見える人、「白いとは白鳥の羽の色です」
見えない人、「羽は分かるが、色と白鳥は何ですか?」
見える人、「白鳥は、曲がった首をしている鳥です」
見えない人、「首は分かりますが、曲がったというのは何ですか?」
(相手の腕を取って見せながら)見える人、「こうしたら、まっすぐ、こうしたら曲がっている」。
見えない人、「ああ、分かった。ミルクというものは分かった!」