Saturday, August 25, 2007

Discorso di Ratisbona

“Tutto il mondo musulmano è malato di fondamentalismo, ovvero è ammorbato da una visione ideologica e irrazionale della religione imposta e perpetuata da pseudo intellettuali, da giornali e politicanti in malafede. Quando Benedetto XVI pronunciò l’ormai famoso discorso diRatisbona il suo pensiero fu scientemente travisato e, per mero calcolo politico, offerto in pasto all’irrazionalità viscerale di popoli mantenuti loro malgrado nell’ignoranza e nella povertà”, così dice al Foglio Wael Farouq, filosofo egiziano, intellettuale musulmano, giovane e laico professore di Scienze islamiche all’Università del Cairo. Lo incontriamo al Meeting di Comunione e Liberazione dove mercoledì ha presentato “Dio salvi la ragione” (Cantagalli), un volume di cui è coautore e che raccoglie gli interventi di Glucksmann, Spaemann, Nusseibeh,Farouq e Weiler sulla lectio magistralis tenuta da Benedetto XVI il 12 settembre 2006 all’Università di Ratisbona.
Il Foglio 24 agosto 2007

Wednesday, August 22, 2007

True teachers....

True teachers do not provide knowledge as a benefit to their pupils; they treat their pupils as a benefit to knowledge. Of course they love their pupils, but they love knowledge more. And their overriding concern is to pass on that knowledge by lodging it in brains that will last longer than their own. Their methods are not “child-centred” but “knowledge-centred”, and the focus of their interest is the subject, rather than the things that might make that subject for the time being “relevant” to matters of no intellectual concern. Any attempt to make education relevant risks reducing it to those parts that are of relevance to the uneducated – which are invariably the parts with the shortest life span. A relevant curriculum is one from which the difficult core of knowledge has been excised, and while it may be relevant now, it will be futile in a few years’ time. Conversely, irrelevant-seeming knowledge, when properly acquired, is not merely a discipline that can be adapted and applied; it is likely to be exactly what is needed in circumstances that nobody foresaw. The “irrelevant” sciences of Boolean algebra and Fregean logic gave birth, in time, to the digital computer; the “irrelevant” studies of Greek, Latin and ancient history enabled a tiny number of British graduates to govern an empire that stretched around the world; while the “irrelevant” paradoxes of Kant’s Critique of Pure Reason caused the theory of relativity to dawn in the mind of Albert Einstein.

http://entertainment.timesonline.co.uk/tol/arts_and_entertainment/books/book_extracts/article2072331.ece

Il sonno della ragione partorisce mostri (Goya)





El sueno de la razon produce monstruos

The sleep of reason produces monsters


1797-98



Goya

Sunday, August 19, 2007

日本人における宗教観

日本人における宗教観

宗教とは、我々の人生観、世界観に百八十度の転回を与えるものでなければならない。「人もし全世界を得るとも、生命を失わば、なんの為かあらん」、といわれる永遠なる生命の自覚がなければならない。平凡なる日常底にギリギリの奇特を発見することが宗教だとも言える。信心とは、如何なる苦境にあっても、人生を生き抜いてゆく力であり、また如何なる幸運に恵まれても堕落しない鎖であるといわれる。信仰の大切なことは、自分の心の乾きが癒されることが肝心で、法のすべてを極め尽されないからといって悩むことはないと思う。梅尾の明恵上人は「くりかえし」一切経を読みたれば「あるべきようの六字なり」と歌っておられる。

信心のありどころである人間の心とは、仏教では心のことをアラヤ識と名づける。翻訳して含蔵職という。つまり、アラヤとは蔵ということである。どんな蔵かというならば、記憶の蔵である。一切の経験と知識を貯えておく蔵である。記憶というものが人間の脳細胞のどこに貯えられるか今日の心理学でもわからぬそうである。それは生まれてからの経験と知識どころではない。親の経験、先祖の経験から、人類以前の記憶まで、潜在意識として貯えられていると心理学者は言うのである。

心を水にたとうれば、白穏和尚は歌って言う。「衆生本来仏なり、水と氷の如くにて、水を離れて氷無く、衆生の外に仏無し」と。凡夫と仏の差は水と氷の差に過ぎない。妄想執着があるとないの違いに過ぎない。水と氷は科学的に見て、まったく同一成分である。ただその姿と働きにおいて大いに異なるものがあるだけだ。水は温かいもの氷は冷たいもの、水は流れるもの氷は流れぬもの、水は形はないが凍りには形がある。水は叩いても壊れぬが凍りは壊れる。水はどんなところへもしみ込んでゆくが、氷はしみ込まない。水は魚を生かし草木を育ててゆくが、氷は魚を殺し草木を傷めてゆく。科学的成分は、まったく同じであるのに、その働きはこんなにも違うのである。ある先生の高説によれば、男性の本質は盲目的博愛主義にあり、女性の特質は惑溺的母性愛にあるようだといわれる。とすれば人間性の父とは恐るべき盲目的本能(無明)であり、母とは飽くなき貪婪なる溺愛(貪愛)である。かかる父なる無明、母なる貪愛を殺害してこそ、はじめて人間は真実なる自由をかち得られる。

社会の進歩は闘争によってかち得られるかもしれない。しかし明けても暮れても闘争々々に心臓を燃やしていることは、考えても堪えられないことである。戦国の武将達が、時には二畳板目の茶席に端坐して、松風の音に心をすまし、静寂の雰囲気に、心を洗った風情が思いやられる。永遠に連なる生命の静寂茶道ではこれを侘と言う。

信仰の究極、あるいは芸道にあってもそうであるが、とどのつまりが、まごころである。自己をあざむかず人をあざむかず誠実一片で行く事だろう。いいかえるならば愛情、人間愛、人類愛、愛情こそ人間性のまごころである。

(安川菊子、レポート2004年)



Friday, August 17, 2007

Sacramentalita'

Ribadisco che per "esperienze estetica" si deve intendere non solo la creazione artistica, ma quell’esperienza nella quale i simboli del senso, della verità, della giustizia, agiscono in noi attraverso il nostro sguardo, attraverso il nostro udito, attraverso il nostro corpo, che viene sottratto alle sue funzioni elementari di fare, produrre, pensare, concepire, organizzare.La grandezza di un animo si misura dalla capacità di riconoscere la forza di ciò che vale.


http://www.gliscritti.it/approf/sequeri/sequeri.htm


Osiamo per un momento metterci dal punto di vista di Dio: “Come faccio a comunicare me stesso a degli esseri che sono di carne, che sono materiali (e anche spirituali allo stesso tempo), quando io sono assolutamente diverso? Devo scegliere dei mezzi adeguati a come sono fatti loro”. Se io padre Matteo ora mi mettessi a parlare improvvisamente in russo, probabilmente nessuno di voi capirebbe. Per capirci dobbiamo comunicare in italiano che è la lingua che ci accomuna. La stessa cosa vale per la vita di Dio che ci viene comunicata, quello che i Santi Padri chiamano le “energie divine” di Dio.



http://www.gliscritti.it/approf/2006/conferenze/lbizantina.htm

Sacramentalita'

Ribadisco che per "esperienze estetica" si deve intendere non solo la creazione artistica, ma quell’esperienza nella quale i simboli del senso, della verità, della giustizia, agiscono in noi attraverso il nostro sguardo, attraverso il nostro udito, attraverso il nostro corpo, che viene sottratto alle sue funzioni elementari di fare, produrre, pensare, concepire, organizzare.La grandezza di un animo si misura dalla capacità di riconoscere la forza di ciò che vale.

http://www.gliscritti.it/approf/sequeri/sequeri.htm

Osiamo per un momento metterci dal punto di vista di Dio: “Come faccio a comunicare me stesso a degli esseri che sono di carne, che sono materiali (e anche spirituali allo stesso tempo), quando io sono assolutamente diverso? Devo scegliere dei mezzi adeguati a come sono fatti loro”. Se io padre Matteo ora mi mettessi a parlare improvvisamente in russo, probabilmente nessuno di voi capirebbe. Per capirci dobbiamo comunicare in italiano che è la lingua che ci accomuna. La stessa cosa vale per la vita di Dio che ci viene comunicata, quello che i Santi Padri chiamano le “energie divine” di Dio.

http://www.gliscritti.it/approf/2006/conferenze/lbizantina.htm

Ricoeur a Taize'

Quello che ho bisogno di verificare è che per quanto radicale sia il male, esso non è così profondo come la bontà. (tpfs*)di Paul Ricoeur

Mettiamo a disposizione on-line, sul nostro sito, secondo il progetto Portaparola, un intervento del filosofo francese Paul Ricoeur, morto il 20 maggio 2005, all’età di 92 anni. Il testo è la trascrizione di un’intervista al filosofo francese registrata nella Settimana Santa dell’anno 2000, durante uno dei suoi numerosi soggiorni nella comunità monastica di Taizé. È stato pubblicato da Avvenire il 21 giugno 2005, proprio per onorare la sua memoria.
L’Areopago
http://www.gliscritti.it/approf/2005/papers/ricoeur01.htm

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Cosa vengo a cercare a Taizé? Direi una sorta di prova di quello in cui credo in modo più profondo, ovvero che ciò che comunemente chiamiamo "religione" ha a che fare con la bontà. Questo è un po’ dimenticato, in particolare in molte tradizioni del cristianesimo, dove c’è una specie di restrizione, di chiusura sulla colpevolezza e sul male. Non che io sottovaluti questo problema, del quale mi sono molto occupato per molti decenni. Ma quello che ho bisogno di verificare è che per quanto radicale sia il male, esso non è così profondo come la bontà. E se la religione, o le religioni, hanno un senso è quello di liberare il fondo della bontà degli uomini, di andare a cercarlo là dove esso è completamente nascosto. Ora, qui a Taizé vedo l’irruzione della bontà nella fraternità tra i fratelli, nella loro ospitalità tranquilla e discreta, nella preghiera, dove vedo migliaia di giovani che non hanno l’articolazione concettuale del bene e del male, di Dio, della grazia o di Gesù Cristo, ma che hanno un movimento fondamentale verso la bontà.
Il linguaggio della liturgia
Siamo oppressi dai discorsi, dalle polemiche, dall’assalto del virtuale che crea una zona opaca. E sorge questa certezza profonda che è necessario liberare: la bontà è più profonda del male più profondo. Non bisogna solo sentirla, questa certezza, ma anche darle un linguaggio, e il linguaggio che le viene donato qui a Taizé non è quello della filosofia né della teologia, ma quello della liturgia. E per me la liturgia non è semplicemente un’azione, ma è un pensiero. C’è una teologia nascosta e discreta nella liturgia, che si riassume in questa idea: «la legge della preghiera è la legge della fede».
Dalla protesta all’attestazione
La domanda sul peccato è stata rimpiazzata dal centro delle discussioni attuali da un’altra domanda, in un certo senso forse più grave, che è la questione del senso e del non senso, dell’assurdo. (…) Noi apparteniamo alla civilizzazione che effettivamente ha ucciso Dio, ovvero che ha fatto prevalere l’assurdo e il non senso sul senso. Questo però provoca una profonda protesta; e utilizzo questa parola - "protesta" - molto vicina ad un’altra, "attestazione", perché l’attestazione procede dalla protesta che il niente, l’assurdo, la morte non sono l’ultima parola. Questa considerazione riprende la mia domanda sulla bontà perché la bontà non è solo la risposta al male, ma è anche la risposta al non senso. In "protesta" sono comprese le parole teste e testimone; si "pro-testa", prima di poter "at-testare". A Taizé si fa il cammino dalla protesta all’attestazione, e questo cammino passa attraverso quello che ho appena detto: la legge della preghiera, la legge della fede. Infatti la protesta è ancora nel campo del negativo: si dice no al no. E invece bisognare dire sì al sì. C’è dunque un movimento pendolare dalla protesta all’attestazione. E credo che questo avvenga con la preghiera. Sono stato molto toccato questa mattina dai canti e dalle preghiere nella forma vocativa: «O Cristo…». Qui non siamo nel campo del descrittivo né in quello prescrittivo, ma in quello esortativo e nell’acclamazione! E penso che acclamare la bontà sia l’inno fondamentale.
(...)
Un servizio gioioso
Quello che anzitutto mi colpisce qui, in tutti i piccoli servizi quotidiani della liturgia, negli incontri di tutti i tipi, nei pasti e nelle conversazioni, è l’assenza completa di relazioni di dominio. Ho qualche volta l’impressione che, in questa sorte di accuratezza paziente e silenziosa di tutti gli atti dei membri della comunità, ognuno obbedisce senza che nessuno comandi. Da questo risulta un’impressione di servizio gioioso, potrei dire di obbedienza amante, sì, di un’obbedienza che ama, che è dunque tutto il contrario della sottomissione e del vagabondare. Questa strada, generalmente stretta, tra quello che ho appena chiamato sottomissione e vagabondare qui è largamente indicata dalla vita comunitaria. È di questo che noi, i partecipanti - non quelli che assistono, ma che partecipano, come io credo di essere stato e di essere qui - beneficiamo. Godiamo di questa obbedienza amante che abbiamo proprio verso l’esempio che ci è dato. La comunità non impone una sorta di modello intimidatorio, ma, direi, una specie di esortazione amichevole. Mi piace questa parola, "esortazione", poiché non siamo nell’ordine del comando e ancora meno dell’obbligo, ma neppure siamo nell’ordine della diffidenza e dell’esitazione, che oggi è l’andamento della vita nelle professioni, nella vita urbana, nel lavoro e nel divertimento. Questa tranquillità condivisa rappresenta per me la felicità della vita presso la comunità di Taizé.
(traduzione di Lorenzo Fazzini)

Wednesday, August 15, 2007

I problemi delle societa' multi-etniche

Adesso Robert Putnam ha scopertoche la cosiddetta società multiculturaleche con l’aumento delle differenzediminuisce la disponibilità delle persone a
impegnarsi per il bene comune.
Camillo Langone (Il Foglio 14 agosto 2007)

Robert David Putnam (born 1941 in Rochester, New York) is a political scientist and professor at Harvard University. In 2000, he published Bowling Alone: The Collapse and Revival of American Community, a book-length expansion of the original argument, adding new evidence and answering many of his critics. Though he measured the decline of social capital with data of many varieties, his most striking point was that many traditional civic, social and fraternal organization -- typified by bowling leagues -- had undergone a massive decline in membership while the number of people bowling increased drastically.

Making Democracy Work: Civic Traditions in Modern Italy (with Robert Leonardi and Raffaella Nannetti, 1993)

Putnam makes a distinction between two kinds of social capital: bonding capital and bridging capital. Bonding occurs when you are socializing with people who are like you: same age, same race, same religion, and so on. But in order to create peaceful societies in a diverse multi-ethnic country, one needs to have a second kind of social capital: bridging. Bridging is what you do when you make friends with people who are not like you, like supporters from another football team. Putnam argues that those two kinds of social capital, bonding and bridging, do strengthen each other. Consequently, with the decline of the bonding capital mentioned above inevitably comes the decline of the bridging capital leading to greater ethnic tensions.

BETTER TOGETHER: Restoring the American Communityby Robert D. Putnam and Lewis M. Feldsteinwith Don Cohen(Simon & Schuster; September 10, 2003)

In recent years Professor Putnam has been engaged in a comprehensive study of the relationship between trust within communities and their ethnic diversity. His conclusion based on over 40 cases within the United States is that, other things being equal, more diversity in a community can mean less trust both between and within ethnic groups.

Putnam has not yet published this work. In 2006, Putnam was quoted in the Financial Times as saying he had delayed publishing this research until he could "develop proposals to compensate for the negative effects of diversity" (quote from John Lloyd of Financial Times)

http://en.wikipedia.org/wiki/Robert_Putnam

Wednesday, August 08, 2007

Post-colonialismo

IDEE
Contro le tesi di Hitchens, l'antropologo Appadurai nega il nesso tra violenza e religione: «Al contrario, il pericolo è l'etnicità»

Se vuoi la pace, prepara la fede

Di Edoardo Castagna

Dice che è appena «lieve», la differenza tra religione ed etnicità. Uno di quei "quasi uguali", cioè, su cui da anni si sofferma la sua riflessione. Ma, parlando della nuova violenza che il mondo globalizzato ci mette sotto gli occhi, Arjun Appadurai in quella «lieve differenza» innesta uno scarto decisivo: «L'etnicità è una via a senso unico. La religione, al contrario, può aprire la strada all'inclusione dell'umanità». Spunto della sua riflessione, articolata sotto forma di dialogo con Judit Carrera e Josep Ramoneda sul quinto numero della rivista Esprit, è la sua costante indagine sul rapporto tra globalizzazione e violenza, della quale un paio d'anni fa Meltemi aveva portato in Italia Sicuri da morire. La violenza nell'epoca della globalizzazione. L'antropologo indiano è considerato uno dei padri del postcolonialismo, la corrente di pensiero a cavallo tra storia, filosofia e antropologia che, ormai da qualche decennio, mira a svincolarsi dalle categorie concettuali proprie dell'Occidente "coloniale" e a elaborarne di proprie, capaci di por fine alla mai superata "subalternità" culturale del Terzo mondo. Un approccio dal quale, nonostante il fatto che abbia incominciato a far breccia anche nello stesso Occidente, recentemente lo stesso Appadurai ha preso le distanze. Negli ultimi anni la sua riflessione si è invece appuntata sul carattere eccezionalmente violento assunto, al tempo della globalizzazione, dai conflitti di carattere etnico-religioso: dal Ruanda all'ex Jugoslavia, per arrivare all'attuale Iraq e all'offensiva terroristica islamista. Il problema di fondo, secondo Appadurai, non è affatto - come sostengono le note tesi di Hitchens - quello delle differenze troppo grandi, ma è quello delle differenze troppo piccole. Sono queste che creano insicurezza, rendendo vaghe e vane le tradizionali e affidabili categorie di "noi" e "gli altri". Obbiettivo primario di al-Qaeda et similia è contrastare l'omologazione culturale dei musulmani allo stile di vita occi dentale. Ecco quindi, argomenta Appadurai, che si scatena la violenza più efferata: quella dell'età della globalizzazione, che spesso trova un appiglio ideologico in qualche perverso intreccio di religione ed etnicità. Nesso rigettato recisamente da Appadurai: dalle colonne di Esprit precisa che, al contrario, la religione «è associata all'emancipazione, alla dignità. Non è sempre così, lo sappiamo bene! Però contempla questa possibilità. L'etnicità è al contrario unidimensionale». Quindi, è necessario tracciare con chiarezza la linea che mette da un lato la religione, con il suo portato di inclusione e pace, e dall'altro l'estremismo religioso - con il suo gemello, il nazionalismo etnico - che al contrario chiamano esclusione e violenza. Detonatore dell'estremismo etnico-religioso è sempre, per Appadurai, la globalizzazione, che «favorisce la conflittualità e fa il gioco degli estremisti. L'estremismo religioso aumenta e la moderazione vede diminuire la sua influenza». Che fare? Da un lato, l'antropologo propone un esempio: «Vale la pena di ritornare a Gandhi: egli è stato estremo, senza mai essere violento». E, dall'altro lato, ribadisce il ruolo positivo della religione: «Con essa, è sempre possibile allargare il proprio orizzonte, se le condizioni sono favorevoli», anche perché «è legata alla filosofia e all'etica». Virtù, quest'ultima, che proprio non appartiene all'estremismo: nemmeno se si ammanta, senza diritto, delle vesti della religione.

da: Avvenire 4 agosto 2007

Paolo VI su Cristo

“Fratelli, giovani specialmente, pensate bene a quanto vi diciamo: questa proclamazione di Gesu’ Messia riguarda il nostro destino, la nostra scelta primaria. Vi ricordate le parole profetiche del vecchio Simeone: ‘Egli sara’ segno di contraddizione’. Si, sara segno di contraddizione: intorno a lui vi sara’ lotta, gli uomini saranno divisi ed opposti tra loro. Questa lotta si perpetua nei secoli. Oh! Questo e’ uno dei misteri piu’ difficili e piu’ dolorosi della storia umana: l’unita’ intorno a Cristo… non sara’ ne spontanea, ne facile: egli sara’ bersaglio di fiera e dura opposizione da una parte; egli sara tuttavia punto di fedelissima convergenza dall’altra”

PAOLO VI

11 aprile 1976

(Duomo di Brescia)

Monday, August 06, 2007

L'eterno e la malinconia


Per la nascita dell’eterno nell’uomo

(Communio, 212/2007 p. 9)


“La malinconia e’ il prezzo della nascita dell’eterno nell’uomo. La malinconia e’ l’inquietudine dell’uomo che avverte la vicinanza dell’infinito”. Cosi R. Guardini (Ritratto della malinconia, Morcelliana, 1952) richiamando anche la celebre rappresentazione dell’umanista Duerer. (…)

Chi avverte in se la presenza sorgiva dell’”eterno”, chi avverte la prossimita’ ad una realta’ intessuta di finitezza e “infinito” non puo che essere malinconico.

Il vocabolario indica questi sinonimi di malinconia: mestizia, scoramento, spleen, tedio, tetraggine, depressione, abbattimento, accidia, umor nero, nostalgia, inquietudine, rimpianto, disagio, malessere, malumore, cattivo umore, stanchezza, inerzia. Il senso etimologico, da latino e greco, e’ “bile nera”, indicava una tristezza d’animo che si riteneva dovuta ad un travaso di bile.

Sunday, August 05, 2007

Benedetto Antelami, Deposizione di Cristo dalla croce (1178)


Benedetto Antelami, Deposizione di Cristo dalla croce (1178)
Cattedrale di Parma




L’iscrizione incisa in eleganti caratteri onciali sulla parete superiore della lastra da’ il nome dello scultore e l’anno MILLENO CENTENO SEPTUAGENO OCTAVO SCULPTOR PAT(RA)VIT ME(N)SE SECU(N)DO ANTELAMI DICTUS SCULPTOR FUIT HIC BENEDICTUS “Nel mese secondo dell’anno 1178 lo scultore porto’ a termine l’opera, questo scultore fu Benedetto, chiamato Antelami”.
Al centro domina la croce, formata da due tronchi, con gemme, ad indicare che non e’ strumento di morte, ma come suggerisce l’Apocalisse, albero della vita, il LIGNUM VITAE (XXII, 2); sull’asta trasversale la scritta IH(ESU)S NAZARENUS REX IUDE(ORU)M. Cristo e’ ancora attaccato al legno con la sinistra; Nicodemo NICODEMUS su una scala estrae con tenaglie, oggi mancanti, il chiodo. Giuseppe d’Arimatea IOSEPH AB ARIMATHIA sostiene il corpo di Cristo, cingendolo con le braccia intorno alla vita, con gesto forte e insieme di grande dolcezza. Il braccio gia’ schiodato viene sostenuto dall’arcangelo Gabriele GABRIEL e consegnato alla Vergine S(ANCTA) MARIA. Fra Maria e Giuseppe d’Arimatea sta la figura della Chiesa, rivestita de dalmatica, un calice nella destra, come custode della grazia sacramentale meritata dal sacrificio di Cristo. A fianco un vessillo innalzato, con iscritta la croce ECCLESIA EXALTATUR. Dopo Maria Giovanni Evangelista IOHANNES e le donne che i Vangeli dicono ai piedi della croce: SALOME, MARIA IACOBI, MARIA MAGDALENE. I volti, il gesto, la compostezza e armonia figurativa di questo gruppo suggeriscono la drammaticita’ e insieme la verita’ di un atto liturgico.
Alla destra, dopo Nicodemo, e’ raffigurata la Sinagoga con il vessillo abbattuto SINAGOGA DEPONITUR, cui l’arcangelo RAPHAEL fa piegare il capo. La figure della Chiesa e della Sinagoga sono simmetriche e in scala ridotta; le scritte e i vessilli rispettivamente spezzato e innalzato dicono simbolicamente la cessazione del ruolo della Sinagoga e l’inaugurazione del ruolo primario della Chiesa nell’economia salvifica del Nuovo Testamento. Viene poi il centurione romano CENTURIO che confessa, indicandolo, la divinita’ di Cristo VERE ISTE FILIUS DEI ERAT (Mt XXVII, 54). Sulla destra, in secondo piano, cinque figure di uomini, rappresentanti forse il popolo ebraico, e, in primo piano, quattro altri che si giocano le vesti di Cristo: secondo il Vangelo erano soldati romani. Questa scena, specie nell’estremita’, manifesta nella composizione piu’ frammentaria, contrastanti sentimenti di turbamento ed indifferenza.
Sugli angoli superiori spiccano due medaglioni fogliati racchiudenti la testa virile del Sole SOL a sinistra, e sulla destra quella femminile della LUNA ricoperta dal panno pieghettato della veste.
Il rilievo e’ contornato su tre lati da un finissimo ornamento a girali d’acanto niellato (rame, piombo, argento e zolfo fusi colati nel marmo scavato) e sormontato da una cornice sporgente decorata con rosette annodate.