Wednesday, December 28, 2005

Individualismo ?

"Siamo proprio sicuri che esista un conflitto insanabile tra la soggettivita' del singolo e l'insieme della comunita'? E se fosse vero il contrario? Non potrebbe essere vero, cioe', che sono certe soggettivita' consistenti, a rendere forti e consistenti le comunita'?"

Angelo Arrighini, Il provinciale e il suo consiglio, TESTIMONI 20, 30 nov. 2005, p. 7.

Thursday, December 22, 2005

Christmas

The opposition to Christmas, I think, is rooted in the human will constantly being confronted by grace. And this grace implies that what we really want, what really makes us human, is not something that we can give to ourselves. Rather it is something that we must freely receive on its own terms. It is not, at bottom, something we can either take or leave, that will leave us as we were before. Rather it is something we must accept or reject.

Christmas: Sign of Contradiction, Season of Redemption Fr. James V. Schall, S.J. December 20, 2005
http://www.ignatiusinsight.com/

Wednesday, December 21, 2005

BUON NATALE 2005

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Luce, gioia, bonta' e pace.
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Ciao,

BUON NATALE e FELICE ANNO NUOVO!

[...] Si dice che il Natale e' bello come un sogno.
E' vero. Perche' ogni uomo e ogni donna sognano: luce,
gioia, bonta', pace.E il clima "da sogno" che questa festa
riesce ogni anno a creare con le luci, i presepi, gli alberi,
le strade e le vetrine illuminate, le musiche, lo scambio
di doni e di auguri, le cene in famiglia... e' un segno della
sintonia tra questa festa e il nostro sogno.
Molti sproloquiano contro queste manifestazioni esteriori.
Lasciamoli perdere! Sia perche' anche gli "arrabbiati",
poi, al panettone, al torrone e a tutto il resto non rinunciano;
sia perche' e' impossibile immaginare un Natale serioso e triste. [...]
C'e' chi fa dell'ironia sul fatto che a Natale "tutti siamo piu' buoni",
per poi aggiungere seriosamente che la cosa giusta e' essere
buoni sempre. Intanto, cerchiamo di essere piu' buoni a Natale
(buoni non in senso caramelloso e superficiale), perche' una volta
sola e' infinitamente piu'del niente. Uno piu' uno puo' arrivare
a mille. Zero piu' zero rimane sempre zero. Poi, il bene e' come il
panettone: se lo assaggi una volta, e' molto probabile che non ti fermi li'.[...]
Il Natale e' bello perche' ci tira fuori il meglio di noi stessi.
Non prendiamocela con il Natale perche' e' un solo giorno all'anno.
Cerchiamo di rivestire ogni giorno con la bellezza del Natale.

(*) tratto da 'La domenica ai box' di Tonino Lasconi

Dulcis in fundo: una poesia

“Al termine della strada, non c’e’ la strada, ma il traguardo.
Al termine della scalata, non c’e’ la scalata, ma la cima.
Al termine della notte, non c’e’ la notte, ma l’aurora
Al termine del’inverno, non c’e’ l’inverno ma la primavera
Al termine della morte, non c’e’ la morte, ma la vita.
Al termine della disperazione, non c’e’ la disperazione ma la speranza.
Al termine dell’umanita’, non c’e’ l’uomo ma l’Uomo-Dio.
Al termine dell’Avvento c’e’ il Natale.
(Paul Hascher  Oss. Rom. 11 nov. 2005)

道の終わりには、道はなく、目的地がある。
坂の終わりには、坂はなく、頂上がある。
夜の終わりには、夜はなく、曙がある。
冬の終わりには、冬はなく、春がある。
死の終わりには、死はなく、いのちがある。
絶望の終わりには、絶望はなく、希望がある。
人類の終わりには、人がいるのではなく、人神キリストがいる。
待降節の終わりには、クリスマスがある。
(Paul Hascher, Oss. Rom. 11 nov. 2005 孫引き、私訳)


BUON NATALE e FELICE ANNO NUOVO!
Con simpatia, Andrea

Tuesday, December 13, 2005

Diavolo

"Ein Teil von jener Kraft, / die stets das Boese will und stets das Gute schafft", cioè "una parte di quella forza, / che vuole sempre il male e opera sempre il bene".

Goethe, "Faust" (I, 3)

シ ン ポ ジ ウ ム

シ ン ポ ジ ウ ム
「キリスト教・イスラーム・儒教-諸宗教の出会い」  

「ヨーロッパ中世における宗教間理解の哲学的基礎」という共通の研究課題のもと、私たちはこれまで一年半にわたり研究活動を続けてきましたが、この春に開催したワークショップに引き続き、この度、研究メンバーである松本耿郎教授の勤務校 英知大学を会場にして、「キリスト教・イスラーム・儒教」というテーマでシンポジウムを開催することにしました。 研究発表者にはわれわれ研究グループのメンバーに加えて、英知大学のアンドレア・ボナツィ教授を講師にお迎えして、先生の長年の御研究の一端を話していただきます。 学部学生、大学院生のみならず、ご関心をお持ちの一般の方々にも自由にご参加いただけます。後半にはじっくりと質疑・討論のできる時間を設けていますので、ふるってご参加ください。

◆ 期日 2005年12月17日(土) 13時30分より17時30分まで

◆ 場所 英知大学 サピエンチア・タワー 4階 大学院演習室 1号〒661-8530兵庫県尼崎市若王寺2丁目18-1 (電話 06-6491-5000)

◆ 参加費 無料

◆ 主催 科学研究費補助金「ヨーロッパ中世における宗教間理解の哲学的基礎」研究グループ(代表者八巻和彦)

13時30分  八巻和彦 (早稲田大学) 「キリスト教とイスラームの出会い-先行研究に依拠しつつ」
14時00分  Andrea Bonazzi (英知大学) 「トマス・アクイナス著Summa Contra Gentilesに見る宗教寛容の根拠と姿勢」
14時30分 松本耿郎 (英知大学) 「馬復初の平和思想-イスラームにおける非暴力思想の可能性」
15時00分  矢内義顕 (早稲田大学) 「キリスト教とイスラーム-現代における対話の糸口」
15時30分~16時00分  休  憩 
16時00分~17時30分  討  論     

◆ 連絡先: 八巻和彦研究室 (E- Mail: yamaki@waseda.jp; Fax:03-5286-3921)

◆ 会場へのアクセスは下記をご参照ください:
http://www.sapientia.ac.jp/eichi/university/knows/access/access.html

Monday, November 14, 2005

Neotomismo e Suarezismo

Neotomismo e Suarezismo
Convegno in onore di Cornelio Fabro
Il giorno 7 novembre appena trascorso ha avuto luogo la Giornata di Studio su Neotomismo e Suarezismo in occasione della presentazione del Volume 4 delle Opere Complete http://www.corneliofabro.org/default.asp
i relatori affrontarono i problemi prettamente speculativi che stanno alla base del suddetto libro: «Francisco Suárez e Tommaso d’Aquino» a cura di P. Leopoldo Prieto, LC indicando nel pensiero di Suárez alcune delle radici della filosofia moderna; e la relazione di fondo sul tema centrale della metafisica «La distinzione reale di essentia et esse secondo C. Fabro» novità di San Tommaso, ripristinata dal Nostro, a cura del prof. Carmelo Pandolfi.
Con il titolo «Neotomismo e Suarezismo» la «Divus Thomas» di Piacenza pubblicava nell’anno 1941, una piccola opera di Cornelio Fabro riguardante una puntuale questione di esegesi del testo tomistico.
F. metteva a confronto i principî opposti del Tomismo e del Suarezismo (al dire di Fabro: «una delle forme più vistose dell’Antitomismo contemporaneo»). Il testo poi è stato incluso nel volume «Esegesi Tomistica», edito a Roma dalla Pontificia Università Lateranense nel 1969 (137-278), con alcune correzioni.
Ciò che diede avvio alla controversia fu l’articolo di P. Desqocs: «Sur la division de l’être en acte et en puissance selon S. Thomas» (Revue de Philosophie, 38 [1938] 410-429), nel quale si metteva in dubbio che la divisione dell’ente in atto e potenza fosse la tesi prima della filosofia tomista e si discuteva il parere di alcuni tomisti che ritenevano una sua conseguenza la tesi della composizione reale di «essenza» ed «esistenza» nell’ente finito. A sua volta l’articolo di P. Desqocs contestava alcuni testi di san Tommaso che i PP. Hugon e Mattiussi apportavano per spiegare la prima delle XXIV tesi del famoso Elenchus.
In realtà, per Fabro la discussione s’incentrava non solo sull’opposizione «Tomismo» e «Suarezismo», bensì sul problema centrale della filosofia cristiana e, si può dire, di ogni filosofia: la penetrazione della struttura ultima dell’ente finito. Concretamente, il nocciolo della controversia era di vedere se veramente san Tommaso avesse difeso o meno, una distinzione di composizione reale fra la essenza attuale e l’atto di essere nelle creature, come fra due principî che si trovano fra loro come potenza soggettiva e l’atto perfettivo corrispondente. Lo scopo della replica del Fabro era, dunque, di «mettere in chiaro e fuori di contestazione che (...) Tommaso d’Aquino, ha sostenuto che nelle creature la essenza o sostanza si distingue realmente dall’atto di essere che la attua, come se distinguono, in una concezione aristotelica della realtà, l’atto e la potenza rispettiva che riceve l’atto e lo sostenta» (p. 149). Ma questo non per una «pigra applicazione del binomio di atto e potenza, ma sul fondamento di appropriate discussioni, quali si convengono ad ogni problema e caso particolare» (p. 14).

Thursday, November 10, 2005

La piu' recente Cosmologia

Avvenire 8 nov 2005

Un concetto affascinante su cui matematici e teologi si confronteranno a Roma da domani. Il gesuita George Coyne: «L'universo è giovane e si espande, non ci sarà il Big Crunch»
Dal Big Bang all'infinito
Da Roma Luigi Dell'Aglio
«Ora conosciamo esattamente l'età dell'universo. Non sono un filosofo, sono uno scienziato. E dal punto di vista scientifico, dico che ora possiamo fornire un'accurata misura dell'età dell'universo: 13,7 miliardi di anni». E' l'età di un cosmo "giovanissimo", impegnato in un'espansione sempre più veloce e perciò infinito, spiega George Coyne, direttore della Specola vaticana, astrofisico e cosmologo. Domani pomeriggio interverrà al convegno su "L'Infinito nella scienza, nella filosofia e nella teologia" alla Pontificia Università Lateranense.Professor Coyne, come siete riusciti a calcolare l'età dell'universo?«Misurando la velocità con cui si espande, studiando le stelle e le galassie più lontane. I nostri punti di riferimento sono state le supernovae di tipo 1A, la cui immensa luminosità è uguale in tutto l'universo. Fanno da "candela standard", sono una specie di unità di misura dell'intensità luminosa. Se vediamo un lampione per la strada e ci troviamo a una certa distanza, riceviamo una certa energia. Se andiamo due volte più lontano la luce diminuisce di un quarto. Lo stesso accade con le "candela standard". Dalla luminosità della supernova deduco la grandissima distanza che ci separa da lei. Finora ne abbiamo misurate una settantina. E siamo arrivati alla conclusione che l'universo non solo si espande ma accelera di continuo la sua espansione».C'è un dato nuovo: da tempo si parlava di espansione, ma non in questi termini.«Sono le conclusioni cui è giunta la ricerca cosmologica negli ultimi due anni. E non è un dettaglio secondario. Come mai l'universo, nelle sue zone più remote, è in sempre più rapida fuga, se al suo interno ci sono le galassie, ci siamo noi, cioè c'è una grande quantità di massa che, per la legge di gravità, dovrebbe attirare e non spingere fuori (cioè dovrebbe frenare l'espansione del cosmo)? Non si conosce il perché del fenomeno e per spiegarlo si parla di energia oscura. Ma queste sono solo parole. Ch e cos'è l'energia che fa espandere l'universo? Per capirci, immaginiamo un'auto che da 80 chilometri l'ora accelera a 120 e poi a 180 chilometri l'ora e così via». Allora questo universo in corsa tende comunque a essere infinito.«Dato che l'espansione si accelera continuamente, l'universo non finirà mai. La cE poiché ciò che si concentra si riscalda e ciò che si espande si raffredda, il cosmo si espanderà fino al punto di diventare tanto freddo da non contenere più energia. La massima espansione lo porterà a un raffreddamento totale, alla temperatura dello zero assoluto». La cosmologia classica viene definitivamente smentita su questo punto. «Per Isaac Newton, in virtù della gravitazione universale, l'universo era statico. Anche Albert Einstein, in un primo tempo, la pensava così: l'universo né si espande né si condensa. Per mantenerlo stabile aveva fatto ricorso, anche lui, a una costante, nelle sue equazioni. Poi, quando nel 1931 l'abate Georges Lemaitre (l'autore della teoria del Big Bang) intuì e spiegò l'allontanamento delle galassie e l'espansione dell'universo, Einstein ammise: quella costante è stata il più grosso sbaglio della mia vita, le mie equazioni non permettevano un universo stabile, e io me lo sentivo…»".Quella di Lemaitre fu un'intuizione. Ora c'è la prova sperimentale.«E' stata misurata la velocità con la quale si allontanano le galassie e gli ammassi di galassie. E' stata calcolata in base allo spostamento verso il rosso delle righe dello spettro (il risultato della scomposizione del raggio di luce solare). Una galassia, più lontano sta, più è veloce nella sua fuga. Un fatto ormai sistematico. E l'infinito di cui ora possiamo parlare è un universo empirico, non teorico».Per la cosmologia, sempre accusata di essere puramente teorica, questa è una conquista.«Una conquista che porta con sé risposte. (Esempio: l'universo non collasserà. Il Big Crunch, il grande crollo, non ci sarà). Ma porta an che altre domande».L'universo è giovane o vecchio?«Giovanissimo. Secondo una stima, il raffreddamento finale dovrebbe avvenire fra un numero di anni che è pari a 10 alle ventesima potenza, cioè fra miliardi di miliardi di anni».In Internet tanti chiedono: che cosa c'era prima del Big Bang?«La gente ha sempre chiesto: cosa faceva Dio prima di creare il mondo? Sant'Agostino rispondeva : prima della creazione, Dio creava l'inferno per coloro che fanno domande del genere. Voleva dire che prima della creazione, cioè del Big Bang, non c'erano né il tempo né lo spazio. Sono parametri nati con l'universo». Questo dato vale per la scienza come per la fede? «Sì, tutto comincia allora. Prima non c'era né un "quando" né un "dove". In questo, scienziato e credente si trovano d'accordo».Quali sono le prossime tappe della ricerca cosmologica?«Occorrono ulteriori verifiche. Bisognerà misurare un maggior numero di supernovae, Dal campione di una settantina, dobbiamo arrivare ad alcune centinaia». Questa spinta senza fine è suggestiva e anche un po' inquietante, per il profano. «Noi esseri umani siamo venuti fuori da un universo in espansione. E come finiremo? Come l'universo. Ma la fede ci dice che siamo immortali e alla fine risorgeremo anche noi come il Cristo. E sappiamo che sono molte le opportunità che ci hanno dato modo di cominciare ad esistere tra moltissimi processi falliti. Certo siamo contingenti rispetto a un universo in evoluzione ma senza di noi l'universo sarebbe stato molto diverso, senza vita e senza intelligenza». Il fatto che ci siamo significa qualche cosa, per gli scienziati?«In un universo compatibile con la vita, il principio antropico è verificato scientificamente: le costanti della natura sono state sintonizzate fra loro, perché entrasse in scena l'uomo. Le ragioni di fondo possono essere diverse, la fede ci dice che l'uomo è una creatura di Dio posta al centro dell'u niverso».La teoria dell'evoluzione contrasta con questa convinzione?«No. L'evoluzione è una teoria scientifica ben verificata. "Non è più una mera ipotesi", ha affermato Giovanni Paolo II. E Benedetto XVI, da cardinale, quando presiedeva la Commissione teologica internazionale, disse: "L'evoluzione neo-darwiniana è compatibile con la dottrina della Chiesa"».

Sunday, October 09, 2005

Sudoku

Nine numbers and 81 squares

Human beings are a famously diverse lot. We come in different colors and sizes, speak a Babel of tongues, worship a pantheon of gods or no god at all, eat our foods bland or spicy, vote or not, and are sorely divided over the value of poetry. But those distinctions pale compared to the big one: the gulf between those who enjoy parlor games and puzzles and those whose eyes glaze over at the very thought of such abstract mental diversions. If the talk of the day is to be believed, there are more of the former than the latter, and they are currently all buzzing around a single big honeypot: sudoku.
This deceptively simple-looking logic game used to be limited to Japan, even though it originated either in the United States in 1979, under the name Number Place, or in medieval Europe, where it was known as a Latin square.
However, Japanese were the ones who took to it and gave it the name -- sudoku, or "single number" -- under which it has won renown. (For the shut-ins who don't already know, sudoku features a nine-by-nine-square grid in which some of the spaces are filled in with digits from one to nine. The object is to fill in the blank squares so that each column, row and three-by-three grid contains all nine numbers just once. It is simpler, though not easier, than it sounds).
Throughout the 1980s and '90s, Japanese puzzle-lovers were busily chewing their pencils and scratching their heads over those deeply frustrating grids while the rest of the world still yawned over crossword puzzles or wasted their time exploding digital bombs on Minesweeper. Today, reportedly, there are more than 600,000 copies of sudoku magazines published in Japan alone every month.
It wasn't until November 2004 that a British expatriate who had stumbled across a Japanese sudoku book in Hong Kong persuaded the Times of London to start publishing the number puzzle and see what happened. It flared up like a match struck in oxygen. Times readers embraced sudoku so passionately that before long no self-respecting British newspaper could afford not to run a daily puzzle. By this year, the wildfire had spread around the globe, catching on even in its modern birthplace, the United States.
Scores, if not hundreds, of newspapers worldwide now feature the game, and puzzle books -- including guides such as "Sudoku for Dummies" -- have climbed global best-seller lists.
All this happened inside a year. Obviously, there was a vacuum waiting to be filled. Crosswords, while still popular, were past their heyday; how many young people do them? Rubik's Cube, perhaps the last big puzzle fad, seemed so '80s -- although when you think about it, sudoku is a kind of one-dimensional version of the maddening cube. Eventually, sudoku, too, will run its course, if only because the number of unique puzzles that can be generated is finite, though unimaginably enormous. More likely, people's interest in it will be exhausted long before the supply. But nothing is more certain than that some new whimsy will then take its place.
The question is: What is the vacuum, the mental need, that such pastimes fill? Naturally, the deep thinkers have weighed in. It's about diversion, the human need to be distracted from the emptiness, boredom and futility of everyday life, say the philosophers. The game gives people an illusion of meaning. No, say the psychologists, it's about the satisfaction to be derived from solving or completing something difficult. It gives people an illusion of competence or control.
No need to be so heavy, say sudoku fans. We do it for fun! As one wrote in Britain's Daily Mail newspaper in May: "There is no adding up, subtraction, multiplication or division in sudoku. You do not even need to know that two plus two equals four. But, boy, can it make your brain ache, your pulse race and knuckles whiten as you grip your pen in exasperation or, finally, ecstasy!"
On one level, there is no arguing with such enthusiasm. And yet there are many people -- a big chunk of humanity, in fact -- who cannot imagine anything less fun than torturing recalcitrant numbers into a grid. Different strokes for different folks.
Will Shortz, the Briton who talked the Times into adopting sudoku, recently explained the game's popularity this way: "It's got empty squares. If a puzzle person sees empty squares, he can't turn the page until he's filled them in." There's the key: puzzle people. You either are one or you're not. Perhaps nonpuzzle people are happier, less bored or just plain busier than puzzle people. Perhaps they were born without a puzzle gene. Perhaps they just dislike things that resemble cages.
What's very likely, however, is that they have a thing for poetry.
The Japan Times: Oct. 9, 2005

Saturday, September 24, 2005

Intelligent design

Albert Einstein was once quoted grappling with the same human experience: “We are in the position of a little child entering a huge library filled with books in many languages. The child knows someone must have written those books. It does not know how. It does not understand the languages in which they were written. The child dimly suspects a mysterious order in the arrangement of the books but doesn’t know what it is. That, it seems to me, is the attitude of even the most intelligent human being toward God. We see the universe marvelously arranged and obeying certain laws but only dimly understand these laws. Our limited minds grasp the mysterious force that moves the constellations.”

Friday, September 23, 2005

Circa il Conclave

Caro Severino,

ho letto anch’io, sulla pagina del Corriere questo resoconto del Conclave. Sul Corriere si dice che il diario verra’ pubblicato per esteso su “Limes”, una rivista che io non conosco.

Bisogna dire che sembra molto verosimile e i conti tornano, pero’ in assenza di ulteriori documentazioni io credo di poter mantenere dei grossi dubbi.
Primo, il segreto riguarda il prima, durante e dopo il Conclave, e non vale autoassolversi dicendo
che il dopo e’ meno grave, perche influisce di meno. Questo anonimo cardinale (se tale e’) non deve farsi illusioni, se il giuramento ha un senso, credo che fara meglio a perfezionare le sue conoscenze in merito all’aspetto morale dei giuramenti.
Secondo, se nonostante il giuramento un cardinale da in pasto alla stampa (a meno che non l’abbia dimenticato sul treno) una cosa del genere, anche a costo della salvezza della sua anima, deve avere dei motivi molto particolari, una specie di agenda politica. Dal che si puo desumere anche i suoi interessi…(cui prodest).
Terzo, c’e’ gente bravissima a scrivere romanzi che sembrano piu veri della realta’. Potrebbe trattarsi, quindi, non di un cardinale, ma di uno scrittore molto astuto che ha fatto bene i suoi calcoli, riuscendo cosi a costruire una nuova probabile ICONA ad uso e consumo dei cosiddetti cattolici progressisti (L’icona di Martini ormai e’ consunta), una specie di controaltare a papa Ratzinger, una bandiera dietro cui questi progressisti possono sentirsi giustificati per continuare a fare le loro battaglie (rimane da vedere se poi Bergoglio se la sentira’ di incarnare questa icona).
Certi giornalisti sanno essere molto scaltri, e se volevano un qualcosa per far diminuire (anche se di poco) agli occhi di certa gente la autorevolezza del papa attuale, questo diario sembra fatto apposta. In un paese come l’Italia in cui tutto viene politicizzato, anche la carta igienica, e’ difficile pensare che il papa la passi liscia. La gente ha sempre bisogno di credere in qualcosa, ma alla fine e’ alle persone che si finisce per credere. Che credenziali ha un cardinale che non ha il coraggio di uscire dall’anonimato? e chi e’ questo Lucio Brunelli? Non so! Chi vuol credere a costoro, faccia pure. Per quanto mi riguarda io conservo i miei dubbi.

Politicizzazione

(Corsera, venerdi 23 settembre 2005, p. 57)

Curioso . Dichiari che la triste malattia nazionale è la pervasività della politica e tutti si mettono a discutere quello che hai detto in termini politici! Sembra proprio che la politica sia l’unica cosa a cui i miei connazionali si appassionano o fingono di appassionarsi. E va bene. Restiamo per un momento sul terreno della politica. La nostra cultura ne è impregnata così tanto da avere una irresistibile tendenza a derealizzare qualsiasi argomento di discussione, trasformando le posizioni individuali in sintomi, effetti, riposizionamenti, segnali da decifrare. Il critico diventa un sottile politologo. Nell’intervista al Corriere del 14 settembre ho solo tentato di applicare in modo paradossale il bipolarismo alla nostra narrativa, ma al preciso scopo di liberarcene! Giocando con le categorie destra-sinistra volevo renderle inutilizzabili - al di fuori di un loro uso proprio - e scompaginare schieramenti letterari troppo convenzionali (probabilmente i romanzi italiani davvero inquieti, capaci di interrogare criticamente il presente, non vanno cercati là dove la collocazione politica dei loro autori ci spingerebbe a farlo). Qualcuno poi ha voluto proporre un teorema suggestivo ma dalle conseguenze devastanti: è legittimo esporre solo quelle idee che comportano gravi rischi personali. Applicato alla lettera ridurrebbe l’intera chiacchiera culturale nel nostro Paese a un imbarazzato silenzio. Non è tempo di rischi eroici né di scelte ineluttabili, e il coraggio fisico - salvo rare eccezioni - si ha occasione di provarlo solo negli sport estremi... La frase incriminata della mia intervista («sono anticomunista») va letta per intero («sono anticomunista e il capitalismo mi fa più orrore di prima»). Non l’ho pronunciata solo per l’ovvietà che ai comunisti il capitalismo non fa orrore per niente, e anzi ne condividono troppe cose. Né pensavo minimamente di compiere un gesto esemplare. Ma perché sono convinto che nel nostro Paese il comunismo rappresenti ancora una mitologia invadente, con la assurda pretesa di essere il pensiero unico della sinistra radicale. Mentre altri filoni di pensiero, anche limitandoci al ’900, nella critica dell’esistente ci appaiono assai più immaginativi e oltranzisti. Il fatto è che oggi il comunismo è vissuto perlopiù come fatto estetico, una elegante retorica capace, tra l’altro, di regalare una patina eccitante di estremismo. Ma il vero problema parafrasando Nicola Chiaromonte, è un altro: si esibiscono idee senza però le ragioni per averle. Ci si può impunemente dichiarare, che so, pacifisti, anche se i propri livelli di vita e di consumo spingono fatalmente verso guerre di conquista... E qui allora vorrei riaffermare il primato della letteratura sulla politica: non solo perché non aspira a controllare eventi e persone, ma perché ci mostra esattamente la relazione, in una esistenza concreta, tra le idee e le loro ragioni.
Filippo La Porta

Friday, September 16, 2005

Della dissimulazione onesta

Corsera 16 settembre 2005-09-16

Vale rifarsi a quel gioiello di profezia che è Della dissimulazione onesta del Torquato Accetto: l’arte della dissimulazione, quando non si identifica con la volgare menzogna, può essere un’arma preziosa per difendersi dall’oppressione dei potenti. A ben vedere, i nostri tempi sono simili al secolo di teatrali bugiardi che è il Seicento. Questi bugiardi sono le scorie della politica, infiltrate nella società. Il bersaglio. Viviamo in un Seicento «al finger sempre pronto e nell’ingannare accorto»: con Jago, falsario dell’amicizia, Don Giovanni, falsario dell’amore, Tartufo, falsario della devozione. «Io non sono quel che sono» proclama Jago, gran fabbro di calunnie. Coscienze instabili; lacerate se oneste; altrimenti tenebrose, vischiose e gaglioffe: «biecamente impaludate e avvolpinate, tra furberie e attentati». L’Accetto, che sensitivo. Ma, se questo fosse il bersaglio di un vero impegno, bisognerebbe affrontarlo senza arabescate formule anche nella vita delle ideologie. Per il resto, siamo ottimisti. Per l’eterosessualità in regresso, abbiamo le Miss Italia. Per lo sconcerto della letteratura, abbiamo i Festival di Mantova.
Alberto Bevilacqua

Lo scopo di un agire ne determina infatti l’essenza.

Emanuele Severino, Corsera 16 settembre 2005-09-16

U n popolo che non voglia vivere in sogno deve guardare l’intera configurazione storica del presente e, se vuole capirne il senso, deve decifrare il passato e il futuro del Pianeta. Per questo, sono d’accordo con Tommaso Padoa-Schioppa, che sul Corriere di domenica si augura che prenda piede «una disincantata osservazione delle tendenze di lungo periodo operanti nell’economia mondiale e nelle nostre società». Ma, se questo disincanto vuol esser radicale, è indispensabile introdurre un fattore ulteriore e decisivo, col quale debbono fare i conti gli individui e le diverse forme economico-sociali, quelle religiose comprese. Intendo riferirmi alla tecnica , guidata dalla scienza moderna. Proprio per questo, intendo riferirmi alla filosofia del nostro tempo, che, adeguatamente intesa, mostra l’inesistenza di ogni limite assoluto che la tecnica non possa oltrepassare - sì che i limiti dell’agire umano sono dati dal diritto «positivo» (cioè «posto», creato dall’uomo) e non da quello «naturale» (da ultimo, di ascendenza divina).
Capitalismo, democrazia, Cristianesimo, Islam, comunismo, nazionalismo (e anche le degenerazioni di queste categorie, come ad esempio il terrorismo islamico o la mafia) sono le forze che oggi si servono della tecnica per prevalere le une sulle altre - e ogni forma economico-sociale si inscrive in esse. Poiché la tecnica è ormai lo Strumento insostituibile per realizzare scopi, ognuna di queste forze evita di ostacolare le prestazioni di tale Strumento, ma anzi mira a rafforzarne sempre di più la potenza. Quando ciò accade - lo vado rilevando da decenni - queste forze finiscono col perdere di vista lo scopo che le caratterizza (ad esempio, per la democrazia lo scopo caratterizzante è la realizzazione di un mondo democratico), e finiscono con l’assumere come scopo il crescente potenziamento dello Strumento-tecnica. Finiscono cioè col diventare qualcosa di essenzialmente diverso da ciò che esse vogliono essere.
Lo scopo di un agire ne determina infatti l’essenza. Il mangiare che è presente nel mangiare per vivere è qualcosa di essenzialmente diverso dal mangiare che è presente nel vivere per mangiare. La democrazia che ha come scopo un mondo democratico è essenzialmente diversa dalla democrazia che, per prevalere, assume come scopo il crescente potenziamento dello Strumento che dovrebbe realizzare quel mondo. Lo stesso si dica del capitalismo, dell’Islam, del Cristianesimo, eccetera. La fondamentale «tendenza di lungo periodo» è appunto questo rovesciamento, dove lo Strumento diventa lo Scopo.
«Il futuro è aperto», cioè «più di un futuro può scaturire da uno stesso presente» - scrive Padoa-Schioppa. È una delle affermazioni centrali della filosofia del nostro tempo. Ma se non si sa come evitare il «rovesciamento» di cui ho parlato qui sopra, allora il futuro è notevolmente meno aperto. Questa conclusione può essere ulteriormente rafforzata. Mi limito ad una sola indicazione.
Ogni strumento si logora. Finisce con l’essere distrutto e sostituito.
Si logora, appunto, per realizzare ciò che deve logorarsi il meno possibile, cioè lo scopo dell’agire che si serve di tale strumento. Le forze sopra nominate, che intendono servirsi della tecnica per realizzare gli scopi da cui esse sono caratterizzate, non possono quindi non logorare la tecnica, assunta nel suo insieme come semplice strumento.
Nel suo insieme, la tecnica non è infatti una macchina tra le altre, e quindi sostituibile. Nel suo insieme, la tecnica non è oggi sostituibile da uno strumento più efficace. Quindi il suo logoramento riduce la capacità di realizzare gli scopi delle forze che della tecnica intendono servirsi. Tra mezzo e fine non c’è solidarietà, ma contraddizione. Appunto perché il mezzo, per rendere stabile il fine, deve logorarsi, e logorandosi determina l’instabilità del fine. Accade così che capitalismo, democrazia, Cristianesimo, Islam, eccetera, per rendere stabili i loro scopi, provvedano a logorare il meno possibile lo Strumento tecnica. Ma quando ciò accade, il loro scopo autentico non è più quello che esse credono di realizzare, ma è il logoramento minimo dello Strumento, e cioè, daccapo è il potenziamento crescente di tale Strumento. Sia «a destra» sia «a sinistra» si crede che le forze di cui abbiamo parlato, e persino gli individui e i gruppi sociali, abbiano la capacità di controllare la tecnica, cioè di servirsene come semplice mezzo. E mi sembra che anche Padoa-Schioppa condivida questa tesi. Ma, per reggersi, questa tesi non deve fare i conti con le considerazioni di sopra sviluppate? Certo, esse sono solo un cenno. D’altra parte, alle obiezioni che si possono loro rivolgere, già da tempo ho altrove risposto.

Thursday, September 15, 2005

Intelletuali prima fascisti e poi antifascisti

martedì, 13 settembre, 2005 Corsera


Il lungo oblio degli intellettuali prima fascisti e poi antifascisti
Solo durante la guerra si staccarono dal regime e poi tentarono di far dimenticare il loro passato

Paul Ricoeur ha scritto che contro l' odio distruttore c' è l' oblio che preserva. Ma l' oblio può placare le memorie individuali, non quella collettiva, che una società democratica deve conservare, se vuole mantenere e rafforzare la propria identità. La democrazia italiana non è più minacciata da nessun pericolo interno e possiamo scavare nel passato, pure in quello che abbiamo per lungo tempo rimosso, senza il timore di portare nuovo alimento alla pianta dei rancori e dell' odio. E fare luce così anche su tutti gli aspetti della pagina meno conosciuta della nostra storia: la transizione dal fascismo alla democrazia, attraverso una guerra che ci vide alleati della Germania nazista dal 1940 al 1943, prima del lungo e doloroso riscatto. Non sarebbe stato possibile assolvere a questo compito nei primi anni del dopoguerra: l' Italia doveva riacquistare credibilità sul piano internazionale, attenuando le proprie responsabilità. E far rimarginare rapidamente le sue ferite, per poter procedere alla ricostruzione. Queste esigenze politiche furono messe giustamente in primo piano. L' analisi storica poteva attendere. Ma ha atteso troppo. E questa è stata indubbiamente una grave colpa degli intellettuali, che, per la loro maggiore visibilità, si sono sentiti i più esposti all' accusa di avere accettato compromessi col regime, per viltà o conformismo. Attenzione però. Quello sugli intellettuali è un capitolo della storia del Paese Italia e riflettere sul loro ruolo significa ripensarla per intero, riappropriandosi anche di quella parte del passato che è stata rimossa o occultata. E non per trarne motivi d' irrisione o di scandalo, ma soltanto per capire. Non sarà facile. Gli storici dovranno riaprire album di famiglia, rimettere in discussione maestri, rinunciare a solidarietà di scuole. In parte, hanno già incominciato a farlo, ma in studi rigidamente specialistici e con troppe cautele. E anche così ne sono nate spesso furibonde polemiche. È facile prevedere che esse si accenderanno anche sull' ultima opera di Mirella Serri ( I redenti. Gli intellettuali che vissero due volte. 1938-1948, Corbaccio, pagine 369, e 19,60). La Serri rileva che, per rendere possibile la redenzione degli intellettuali che erano stati fascisti, la sinistra adottò nel dopoguerra una chiave di lettura «prospettica», proiettata verso gli approdi del futuro: la collaborazione alla politica culturale del regime fu interpretata come «dissimulazione onesta», teorizzata su Primato, la rivista di Giuseppe Bottai, da Carlo Muscetta, che riprendeva l' omonimo trattato seicentesco di Torquato Accetto. Essa sarebbe stata resa possibile da una certa acquiescenza da parte del gerarca. Ma questa acquiescenza era strumentale. Bottai voleva servirsi di tutte le forze disponibili e perciò anche degli intellettuali che non erano fascisti, per realizzare un suo grandioso quanto velleitario disegno: «lavorare sul Nuovo ordine europeo - ricorda la Serri - e contrastare l' egemonia tedesca in questo campo», contrapponendo alla superiorità economica e militare tedesca il «primato» della cultura italiana. Il tema del Nuovo Ordine da costruire dopo la vittoria fu caro soprattutto a Carlo Morandi. La Serri riprende e svolge ampiamente, in maniera equilibrata e ben documentata, una tesi defeliciana: il passaggio dal fascismo all' antifascismo fu determinato nella maggioranza dei casi dall' esperienza della guerra. È una tesi valida sia per gli intellettuali che per il resto della popolazione. C' è un indubbio parallelismo tra l' evoluzione dell' opinione pubblica, studiata da Pietro Cavallo nel suo volume su Gli italiani in guerra (Il Mulino, 1997), e quella del ceto intellettuale ricostruita da Mirella Serri. Soltanto un pregiudizio ideologico può portare a negare che la nascita di un antifascismo di massa si verificò nella seconda metà del 1942 e fu dovuta alla guerra e alle sconfitte. Certo, si possono individuare differenti percorsi, individuali o di singoli gruppi. Ma vanno tutti studiati in stretto riferimento allo svolgimento delle vicende belliche. Sarebbe utile vedere se l' attacco di Hitler all' Unione Sovietica, cominciato il 22 giugno 1941, abbia segnato una svolta negli atteggiamenti degli intellettuali che scrivevano sulle riviste fasciste ed erano comunisti o lo sarebbero diventati. Se consideriamo alcune delle prese di posizione più sconcertanti, come la celebrazione dell' «estetica del carro armato» di Galvano Della Volpe nel momento in cui le truppe corazzate tedesche avanzavano su Calais, l' impegno pubblicistico e redazionale di Mario Alicata nelle riviste del regime e la pubblicazione su Primato, il primo maggio del 1941, di una copertina di Renato Guttuso celebrativa dei paracadutisti e della guerra, non possiamo fare a meno di rilevare che in quei mesi era ancora in vigore il patto di non aggressione tra l' Unione Sovietica e il Terzo Reich e sembrava perciò possibile una comune lotta «rivoluzionaria» contro il decadente Occidente borghese. Renato Guttuso pubblicò scritti e disegni su Primato anche dopo l' inizio della guerra contro l' Unione Sovietica. Nello stesso tempo s' iscriveva al Partito comunista e partecipava alla lotta clandestina. Negli anni Trenta il Pci aveva cercato di praticare l' «entrismo», ordinando ai suoi militanti di entrare nelle organizzazioni di massa, per sabotarle dall' interno. Ma il caso di Guttuso, e non è il solo, non è spiegabile con l' «entrismo». Forse capiremo di più soltanto quando avremo delle esaurienti biografie, documentate e non reticenti, di tutti i protagonisti delle vicende culturali di quegli anni. Fu Togliatti, nel 1944, subito dopo il suo ritorno in Italia, a dare vita a una politica di apertura verso gli intellettuali che erano stati fascisti. Non c' è dubbio che il partito comunista ne trasse molti vantaggi, soprattutto sul piano dell' immagine. Ma li pagò con la reticenza su quello che era realmente avvenuto negli anni dal 1938 al 1943: i militanti che erano stati in carcere o in esilio dovettero far mostra di avere combattuto la stessa battaglia di quelli che, volenti o nolenti, avevano collaborato al progetto di un Nuovo ordine europeo fascista. IL SAGGIO Mirella Serri rievoca gli anni dei Littoriali ] Nel saggio «I redenti» (Corbaccio), in libreria dopodomani, Mirella Serri ripercorre la parabola di numerosi intellettuali che collaborarono alla rivista «Primato» di Giuseppe Bottai, per passare poi dal fascismo all' antifascismo ] Tra i personaggi più famosi di cui si parla nel libro: Giulio Carlo Argan, Mario Alicata, Vitaliano Brancati, Renato Guttuso, Galvano Della Volpe, Carlo Morandi, Carlo Muscetta, Roberto Rossellini ] L' autrice insegna Letteratura italiana moderna e contemporanea all' Università di Roma Renato Guttuso nel maggio del 1941 disegnò, per la rivista «Primato» del gerarca Giuseppe Bottai, una copertina celebrativa dei paracadutisti
Lepre Aurelio

Wednesday, September 14, 2005

司教

「監督(司教)は、信仰に入って間もない人(ネオフトン)ではいけません。それでは、高慢になって悪魔と同じ裁きを受けかねないからです。」 (1テモテ3、6)


mh; neovfuton, i{na mh; tufwqei;" eij" krivma ejmpevsh/ tou' diabovlou.

Saturday, September 10, 2005

Identita' eccentrica dell'Europa

L'occidentale ha sempre alle spalle una CLASSICITA' esterna da imitare
ed una BARBARIE interna da sottomettere.

REMI BRAGUE, Il futuro dell'Occidente, Bompiani, 2005.

Sull'invidia

"Un cuore sereno e' vita per tutto il corpo, l'nvidia e' simile a un cancro per le ossa" (Proverbi 14, 30)

"La serenita' allunga i giorni della vita, tensione e rabbia accorciano la vita" (Siracide 30, 22-24)

"L'invidia e' una ammissione di inferiorita'" (Victor Hugo)


"Il primo sintomo del nostro fallimento e' l'invidia per il successo degli altri".

Sunday, August 28, 2005

Scambi tra culture

«Le culture non fanno mai scambi alla pari. Certamente noi assorbiamo molto dagli immigrati che sono arrivati in Europa, ma è ancora di più quello che loro assorbono da noi. La sintesi che ne deriverà sarà più vicino al nostro modello che al loro. Avremo un Occidente arricchito, non imbarbarito. Parlare di meticciato, invece, instilla un'idea falsa della storia perché rimanda a un'idea di "purezza" che può sempre scivolare nel razzismo, anche se non biologico. Antropologicamente, le culture "pure" - o che tali vorrebbero essere e mantenersi - sono anche culture deboli; al contrario quelle vincenti sono le culture miste, come quelle della Roma imperiale o degli Stati Uniti di oggi».


Franco Cardini, Avvenire 27 agosto

Bomba atomica e resa del Giappone

Until Murray Sayle's seminal article in the New Yorker (July 31, 1995), it was generally agreed that the atomic bombs were decisive in forcing Japan's surrender. Sayle challenged this consensus, arguing that the Soviet blitzkrieg into Manchuria on Aug. 9 was the key factor compelling the Japanese government to surrender. Tsuyoshi Hasegawa confirms Sayle's thesis, arguing that "the Soviet entry into the war played a greater role than the atomic bombs in inducing Japan to surrender."

Japan Times 26 agosto

Friday, August 26, 2005

Bonta' delle leggi o bonta' degli uomini

«Sono molti coloro che parlano di Dio; nel nome di Dio si predica anche l’odio e la violenza. Perciò è importante scoprire il suo vero volto». Nella foga di sbarrare la strada al pensiero serio della religione, accade persino che una certa cultura - sedicente avanzata - si vanti ancora di sciocche alternative come questa: «nei Paesi di tradizione liberale non si conta sulla bontà degli uomini, ma delle regole». E questo viene impudicamente detto proprio quando la riflessione sociologica più avvertita indica, quale risorsa civile decisiva, le potenzialità del "capitale sociale": ossia quell’umano disponibile che sta fra le maglie della legge, e pur sempre dalla parte della legalità, in termini di fiducia, rispetto, cooperazione, amicizia, scambio donativo, condivisione antiutilitaristica e legame di prossimità. Diritto fraterno, insomma, che è eredità evangelica.
La buona legge è necessaria, anzi indispensabile. Ma il positivismo dei diritti subisce la prevaricazione del più forte. E il formalismo della legge è un colabrodo. Persino la religione si corrompe per questa via, figurarsi il resto. La legge, da sola, non salva niente e nessuno.

P. Sequeri, Avvenire,

Monday, August 22, 2005


Xi'an (2) Posted by Picasa

Xi'an (1) Posted by Picasa

In fondo, è consolante il fatto che esista la zizzania nella Chiesa.

Si può criticare la Chiesa perché in essa c’è grano e zizzania, ma


"In fondo, è consolante il fatto che esista la zizzania nella Chiesa. Così, con tutti i nostri difetti possiamo tuttavia sperare di trovarci ancora nella sequela di Gesù, che ha chiamato proprio i peccatori."

Benedetto XVI, omelia alla veglia della GMG



「考えてみれば、教会において毒麦があるということは、結局慰めになります。なぜなら、欠点だらけの私たちも、それでもキリストに従って生きていける希望を持てるからです。罪びとこそキリストの呼びかけを受けたのです。」
(ベネディクト16世、ケルン(ドイツ)に行われた青年世界大会における説教から)

Thursday, August 04, 2005

Commissione 委員会

Georges Clemenceau, il Primo ministro francese della Grande guerra, disse che quando un governo non vuole o non puo risolvere un problema nomina una commissione.

第一次世界大戦のときにフランス首相だったG・クレマンソーは、「政府はある問題を解決したくない、ないし解決できない場合は、委員会を設置する」と言った。

Monday, July 18, 2005


Pablo Picasso. Young Tormented Girl. 1939. Oil on canvas.  Posted by Picasa

アリストテレスとピカソ

アリストテレス的な形而上学の基本概念や用語は、初心者には不自然な感じを与える。また、白々しいもの、現実にとって付けたようなものという印象を与える。それはちょうど、素人には抽象美術、たとえばピカソの絵は与えるのと似たような印象かもしれない。あるいは、自然界にそのまま存在しない7音音階に似ている。また、歌(詩)の世界では、5・7・5というリズム、サッカーというゲームにおけるルール(例えば、ボールに手で触れてはいけない)、あるいは「マナー」、「エチケット」全般(例えば、ナイフとフォークの使い方)などに似ている。いずれも、慣れてからその使い方や意義がわかってくるものである。

Thursday, July 07, 2005

Strategia

E c'è infine un motivo religioso nel resistere alle provocazioni per una forte discesa in campo. Se ci guardiamo intorno vediamo facilmente che la attuale è una società "vuota", vuota di significati e di senso della vita; e vediamo che la domanda religiosa che va montando in ogni società moderna è proprio domanda pressante di significato. Ciò può anche aprire spazi per l'intensità di molti movimenti religiosi, e per il peso della componente religiosa della politica (si pensi agli USA); ma è evidente che il carattere enfaticamente pubblico dell'appartenenza religiosa, per quanto nobile possa essere, non potrà mai sopravanzare la centralità del rapporto intimo con Dio, con il Signore dei significati. E quel rapporto è fatto di sorriso e di silenzio, in quella felice sorpresa creaturale espressa da Turoldo. Giochiamoci le carte migliori, anche se nel mondo del protagonismo esse sembrano carte minimaliste.

Giuseppe De Rita , Avvenire, Mercoledi 06 luglio 2005

Tuesday, July 05, 2005

Animosita'

non eis remansit nisi sola infirmitas animositatis, quae tanto est languidior, quanto se maiores vires habere existimat

Ad essi è rimasta solo la debolezza dell'animosità, la quale tanto più è inferma quanto più crede di abbondare in forze.

Dal «Commento sui salmi» di sant'Agostino, vescovo(Sal 32, 29; CCL 38, 272-273)

Monday, June 20, 2005

dichterisch wohnet der Mensch

"Voll Verdienst,doch dichterisch, wohnet Der Mensch auf dieser Erde." (Hölderlin).

M.Heidegger: "...dichterisch wohnet der Mensch..." In: Vorträge und Aufsätze II. a.a.O., 61-78.

Totalmente impegnato, ma poeticamente vive l'uomo su questa terra

「いさおし多く、けれども詩人的に、人間はこの大地の上に 住んでいる。」

「詩人のごとく人間は住まう……」【講演】(全集第7巻)

Hölderlin/IN LIEBLICHER BLÄUE . . .
ヘルダーリン:明るい青空のなかに……

Monday, June 13, 2005

Kumarajuu 鳩摩羅什 

In sanscrito: Kumarajiva (350-409). Nobile indiano che, preso prigioniero dai cinesi durante una guerra, dopo oltre 18 anni di prigionia durante i quali impara il cinese, per circa dieci anni traduce i principali testi (tra cui le sutre) del Buddismo del Grande Veicolo. Dal suo lavoro nasce e viene influenzato tutto il buddhismo estremo-orientale.

Viene chiamato anche 破戒僧 "Hakaisoo", perche' pur essendo monaco, per varie vicende, si trova costretto a prendere moglie.

諸宗教との対話

「諸宗教、仏教との対話においても、単に共通点や類似点のみを挙げて、融和的な話し合いをするのでは十分とは言えない。真の相互的な理解のためには、相違点をも意識し、自分の信仰の理解をはっきりと表明することが必要である」。

里野 泰昭

Modelli di comportamento

Oggi la cultura e i modelli di comportamento sono inoltre sempre più condizionati e caratterizzati dalle rappresentazioni che ne propongono i media:



BENEDETTO XVI
Messaggio ai Vescovi italiani in occasione della 54.a Assemblea Generale della CEI - 30 maggio 2005

Thursday, June 09, 2005

Ricerca della verita'

«Vi sono due errori che ostacolano la ricerca della verità: la sfiducia nella possibilità di trovarla e la presunzione di averla già trovata» ( s. Agostino, Contra Academicos, II, 3, 8)

http://www.disf.org/default.asp

Restant duo vitia, et impedimenta inveniendae veritatis, a quibus tibi non multum timeo; timeo tamen ne te contemnas, atque inventurum esse desperes, aut certe ne invenisse te credas.


「真理を発見するには、二つの誤りまたは障害がある。一つは、真理を見つける可能性に対する絶望と、もう一つは、真理をすでに我が物になっているといううぬぼれ。」

Tuesday, May 31, 2005

Aiuto a Essere

Aquinas' Timely Pedagogic Proposals
Interview With Enrique Martínez BARCELONA, Spain, MAY 30, 2005 (Zenit.org).- Enrique Martínez proposes St. Thomas Aquinas as educator for the present age. Martínez, who has a doctorate in philosophy and education from the University of Barcelona, with the thesis "Person and Education in St. Thomas Aquinas," is a member of the Pontifical Academy of St. Thomas. Since 1997 he has been secretary-general of the Thomas Aquinas International Society, director of the St. Thomas Institute of the Balmesiana Foundation, and professor at Barcelona's Abat Oliba University. In his book "Ser y Educar: Fundamentos de Pedagogía Tomista" (To Be and to Educate: Principles of Thomist Pedagogy), he discusses the method of teaching according to the Dominican philosopher and theologian. It is published by the University of St. Thomas of Bogota.
Q: "To help to be" -- is this synonymous with educating according to the Thomist perspective? Martínez: John Paul II defined the philosophy of St. Thomas Aquinas as "not merely a philosophy of 'what seems to be' but a philosophy of 'what is.'" His philosophy of education also reaches the very being of reality, as he shows that to educate is an action born at the core of personal life. Every man wants to be happy, "to be exactly as God made us," as Thomas affirms, but this requires the help of others: parents, teachers, God. "To help to be" is thus a very evocative expression that well summarizes Aquinas' pedagogy. However, he himself gives us a more formal definition of education, which was taken up by Pope Pius XI in the encyclical "Casti Connubii": to educate is "to develop offspring to the perfect state of man as man, which is the state of virtue."
Q: Why is a "perennial pedagogy" necessary?
Martínez: Because in our days the world of education suffers in a particular way from the maelstrom of changes, of fleeting opinions. Legislation itself on education changes with excessive speed, forgetting the wise advice of Aristotle, who recommended that laws not be changed frequently so as to maintain the force of custom. Education has been divided in innumerable disciplines of study, without unity, without explicative and normative depth, without authority. This is why a "perennial pedagogy" must be recovered, that is, a pedagogy rooted in being and in man's immutable nature, a pedagogy as found in St. Thomas Aquinas. An authentic philosophy of education must be recovered, capable of ordering other more concrete, empirical and descriptive fields of learning. Recognizing the end of education -- why do we educate? -- one can cover short trajectories, the daily educational endeavor with greater speed and precision.
Q: What is the angels' educational action, which you mention in your book?
Martínez: Although it might sound strange to some in our days to hear talk about the educational action of angels, it is good to recall that they are effective allies in our daily combat to grow in virtue. Parents and teachers should habitually invoke the help of the guardian angels of the children and pupils, and not just as a recourse for children, such as to avoid fear of the dark. However, above all, one must turn to Christ, the only Teacher, who is capable of stimulating growth in the truest education, the one that leads "to the measure of the stature of the fullness of Christ." Children must be led to Christ through prayer and the sacraments, so that Christ is the one who educates them interiorly.
ZE05053003

Sunday, May 29, 2005

Mitologie dello Zen

禅という名の日本丸
山田 奨治=著
4-6判上製 356頁本体価格:2500円(税 125円)
2005年 4月刊ISBN4-335-55101-0 C1036

日本文化を、日本人自身がどうイメージしてきたか? 「弓道」「石庭」「禅」という日本文化の代表的な題材をもとに、意表をつく視点から日本人のセルフ・イメージを探る。 日本文化論の古典として、いまなお読み継がれる大ロングセラー、ヘリゲル著『弓と禅』。誤解ともいうべき「日本文化」のイメージを世界中に流布させた「名著」は、どのように作られていったのか? ヘリゲルのナチス時代の資料をも発掘しながら、真相にせまる知的発見の書。 日本文化の情報がどのように外国に伝わり、それが日本にどのように環流して、日本文化そのものを組み替えたかという本書のテーマを、著者は、龍安寺の石庭についても論じ、日本を代表する知識人たちが、訪れる人もまばらな寂れた庭を、世界的に「有名」にしていったプロセスとして描き出す。鈴木タイセツ
 鏡に映った「日本人」を追究する、知的エンターテインメント。読み出したらとまらない。

主要目次
第一章 ホンモノとイカモノのあいだ
第二章 弓と禅の謎
第三章 神話の解体
第四章 消された経歴
第五章 石庭はきれい?
第六章 鏡像の受容

Friday, May 20, 2005

Pubblicita'

Elzeviri e studi di un missionario in Giappone

Tipologia prodotto LIBRO
Autore Bonazzi Andrea
Editore Tipolitografia Lumini
Isbn **********
Data pub. 2004
Genere religione
Pagine 200
Prezzo € 25,00


Per ordinazioni:

http://www.unilibro.it/find_buy/

Saturday, May 07, 2005

Compleanno

Carissimi,
grazie della cartolina di auguri con aereo rombante degli anni '20.

Ai tempi in cui sono nato a Bellaguarda non passavano molti aerei. Eppure gia allora si sentiva un'aria di speranza nel futuro, di fiducia nelle possibilita della tecnologia. Dopo i disastri della guerra e la fatica della ricostruzione, si sentiva nell'aria una nuova vita.
A pensarci, da allora e' gia passato mezzo secolo e sembra ieri quando da bambino guardavo gli aerei con la meraviglia che i bambini in modo particolare sanno avere. Che poi e' la meraviglia o stupore che i filosofi in greco chiamano "thaumazein", una parola che puo essere tradotta anche "ammirazione" (dal latino "admiratio" e dal verbo "miror" da cui proviene anche "mirabilis", meraviglioso).
San Tommaso scrive: "Constat autem quod dubitatio et admiratio ex ignorantia provenit"(In Metaphysicam Aristotelis commentaria, lectio III). Cioe' l'ammirazione e il dubbio sono figli dell'ignoranza (nel senso di non sapere).

Dato che non sappiamo da dove veniamo, ne dove siamo diretti, i due atteggiamenti fondamentali di fronte all'esistenza sono proprio questi due: dubbio e ammirazione o stupore. Entrambi questi atteggiamenti possono convivere uno accanto all'altro. Se prevale l'ammirazione, questa porta alla "lode" e al ringraziamento per le meraviglie del creato e per le conquiste del genere umano. Se invece prevale il dubbio, questo puo' portare al nichilismo,cioe alla di-sperazione o mancanza di fiducia nel futuro, che e' purtroppo, per quanto mi sembra di capire, il sentimento prevalente oggi in Europa.
Grazie di nuovo e ciao.
Andrea

Thursday, May 05, 2005

現実の「背景」にある形相

われわれはときに、「いま・ここ」にある現実の生を究極的な価値としてつかみ取りたいと思うことがある。だが逆にわれわれは、「いま・ここ」にある現実の生がすべてではないという感覚から、現実の背後に回ってみようとか、別の現実を構成してみようとか、あるいは現実に得られるはずの満足を抑圧しようとか思うことがある。こうした欲求はいずれも、なるほど人生の然るべき時期において生じる自然な衝動であるだろう。しかしいったい、「われわれは『現実』をいかに認識すべきか」という認識的かつ規範的な問題を立てるならば、それはきわめて人生論的なテーマであると同時に、社会科学的認識の根本問題を提起するように思われる。
 近代社会とともに生じた社会科学は、「社会」なるものの規範的特徴を明らかにすると同時に、「いま・ここ」の現実がもつ偶然性と偏狭性を超えることを目指してきた。近代社会におけるわれわれの生は、「いま・ここ」に限定されてはならない。言いかえれば、「いま・ここ」にある現実や生というものを、無媒介に肯定して認識してはならない。むしろそこから抜け出て、普遍的な認識の観点を獲得することこそ、「社会-科学」が陶冶する生の理念である。われわれの生は潜在的にはもっと可能な世界に広がりうるのであり、究極的には「啓蒙された主体」としての善き生を求めて、自らの生と社会全体を超越的な観点から展望しなければならない。社会科学はこのように、近代という時代の要求と並行して、一方では「いま・ここ」なる現実をたえず超越しつつ、他方では普遍的で展望的な認識への意志(欲求)を掲げることによって、社会の現実に対する認識をたえず変容させてきたのであった。

Ratzinger on Theology of Beauty

Cardinal Ratzinger on the Contemplation of Beauty
2002 Message to the Communion and Liberation ROME, MAY 2, 2005 (Zenit.org).-

ZENIT is reprinting this message that Cardinal Joseph Ratzinger (now Benedict XVI) sent to a meeting of the ecclesial movement Communion and Liberation in August 2002. The group was meeting in Rimini, Italy.

* * * "The Feeling of Things, the Contemplation of Beauty"
By Cardinal Joseph Ratzinger

Every year, in the Liturgy of the Hours for the Season of Lent, I am struck anew by a paradox in Vespers for Monday of the Second Week of the Psalter. Here, side by side, are two antiphons, one for the Season of Lent, the other for Holy Week. Both introduce Psalm 44 [45], but they present strikingly contradictory interpretations. The Psalm describes the wedding of the King, his beauty, his virtues, his mission, and then becomes an exaltation of his bride. In the Season of Lent, Psalm 44 is framed by the same antiphon used for the rest of the year. The third verse of the Psalm says: "You are the fairest of the children of men and grace is poured upon your lips." Naturally, the Church reads this psalm as a poetic-prophetic representation of Christ's spousal relationship with his Church. She recognizes Christ as the fairest of men, the grace poured upon his lips points to the inner beauty of his words, the glory of his proclamation. So it is not merely the external beauty of the Redeemer's appearance that is glorified: rather, the beauty of Truth appears in him, the beauty of God himself who draws us to himself and, at the same time captures us with the wound of Love, the holy passion ("eros"), that enables us to go forth together, with and in the Church his Bride, to meet the Love who calls us. On Monday of Holy Week, however, the Church changes the antiphon and invites us to interpret the Psalm in the light of Isaiah 53:2: "He had neither beauty, no majesty, nothing to attract our eyes, no grace to make us delight in him." How can we reconcile this? The appearance of the "fairest of the children of men" is so wretched that no one desires to look at him. Pilate presented him to the crowd saying: "Behold the man!" to rouse sympathy for the crushed and battered Man, in whom no external beauty remained. Augustine, who in his youth wrote a book on the Beautiful and the Harmonious ["De pulchro et apto"] and who appreciated beauty in words, in music, in the figurative arts, had a keen appreciation of this paradox and realized that in this regard, the great Greek philosophy of the beautiful was not simply rejected but rather, dramatically called into question and what the beautiful might be, what beauty might mean, would have to be debated anew and suffered. Referring to the paradox contained in these texts, he spoke of the contrasting blasts of "two trumpets," produced by the same breath, the same Spirit. He knew that a paradox is contrast and not contradiction. Both quotes come from the same Spirit who inspires all Scripture, but sounds different notes in it. It is in this way that he sets us before the totality of true Beauty, of Truth itself. In the first place, the text of Isaiah supplies the question that interested the Fathers of the Church, whether or not Christ was beautiful. Implicit here is the more radical question of whether beauty is true or whether it is not ugliness that leads us to the deepest truth of reality. Whoever believes in God, in the God who manifested himself, precisely in the altered appearance of Christ crucified as love "to the end" (John 13:1), knows that beauty is truth and truth beauty; but in the suffering Christ he also learns that the beauty of truth also embraces offence, pain, and even the dark mystery of death, and that this can only be found in accepting suffering, not in ignoring it. Certainly, the consciousness that beauty has something to do with pain was also present in the Greek world. For example, let us take Plato's "Phaedrus." Plato contemplates the encounter with beauty as the salutary emotional shock that makes man leave his shell and sparks his "enthusiasm" by attracting him to what is other than himself. Man, says Plato, has lost the original perfection that was conceived for him. He is now perennially searching for the healing primitive form. Nostalgia and longing impel him to pursue the quest; beauty prevents him from being content with just daily life. It causes him to suffer. In a Platonic sense, we could say that the arrow of nostalgia pierces man, wounds him and in this way gives him wings, lifts him upwards toward the transcendent. In his discourse in the Symposium, Aristophanes says that lovers do not know what they really want from each other. From the search for what is more than their pleasure, it is obvious that the souls of both are thirsting for something other than amorous pleasure. But the heart cannot express this "other" thing, "it has only a vague perception of what it truly wants and wonders about it as an enigma." In the 14th century, in the book "The Life in Christ" by the Byzantine theologian, Nicholas Cabasilas, we rediscover Plato's experience in which the ultimate object of nostalgia, transformed by the new Christian experience, continues to be nameless. Cabasilas says: "When men have a longing so great that it surpasses human nature and eagerly desire and are able to accomplish things beyond human thought, it is the Bridegroom who has smitten them with this longing. It is he who has sent a ray of his beauty into their eyes. The greatness of the wound already shows the arrow which has struck home, the longing indicates who has inflicted the wound" (cf. "The Life in Christ," the Second Book, 15). The beautiful wounds, but this is exactly how it summons man to his final destiny. What Plato said, and, more than 1,500 years later, Cabasilas, has nothing to do with superficial aestheticism and irrationalism or with the flight from clarity and the importance of reason. The beautiful is knowledge certainly, but, in a superior form, since it arouses man to the real greatness of the truth. Here Cabasilas has remained entirely Greek, since he puts knowledge first when he says, "In fact it is knowing that causes love and gives birth to it. ... Since this knowledge is sometimes very ample and complete and at other times imperfect, it follows that the love potion has the same effect" (cf. ibid.). He is not content to leave this assertion in general terms. In his characteristically rigorous thought, he distinguishes between two kinds of knowledge: knowledge through instruction which remains, so to speak, "second hand" and does not imply any direct contact with reality itself. The second type of knowledge, on the other hand, is knowledge through personal experience, through a direct relationship with the reality. "Therefore we do not love it to the extent that it is a worthy object of love, and since we have not perceived the very form itself we do not experience its proper effect." True knowledge is being struck by the arrow of Beauty that wounds man, moved by reality, "how it is Christ himself who is present and in an ineffable way disposes and forms the souls of men" (cf. ibid.). Being struck and overcome by the beauty of Christ is a more real, more profound knowledge than mere rational deduction. Of course we must not underrate the importance of theological reflection, of exact and precise theological thought; it remains absolutely necessary. But to move from here to disdain or to reject the impact produced by the response of the heart in the encounter with beauty as a true form of knowledge would impoverish us and dry up our faith and our theology. We must rediscover this form of knowledge; it is a pressing need of our time. Starting with this concept, Hans Urs von Balthasar built his "Opus magnum of Theological Aesthetics." Many of its details have passed into theological work, while his fundamental approach, in truth the essential element of the whole work, has not been so readily accepted. Of course, this is not just, or principally, a theological problem, but a problem of pastoral life that has to foster the human person's encounter with the beauty of faith. All too often arguments fall on deaf ears because in our world too many contradictory arguments compete with one another, so much so that we are spontaneously reminded of the medieval theologians' description of reason, that it "has a wax nose": In other words, it can be pointed in any direction, if one is clever enough. Everything makes sense, is so convincing, whom should we trust? The encounter with the beautiful can become the wound of the arrow that strikes the heart and in this way opens our eyes, so that later, from this experience, we take the criteria for judgment and can correctly evaluate the arguments. For me an unforgettable experience was the Bach concert that Leonard Bernstein conducted in Munich after the sudden death of Karl Richter. I was sitting next to the Lutheran Bishop Hanselmann. When the last note of one of the great Thomas-Kantor-Cantatas triumphantly faded away, we looked at each other spontaneously and right then we said: "Anyone who has heard this, knows that the faith is true." The music had such an extraordinary force of reality that we realized, no longer by deduction, but by the impact on our hearts, that it could not have originated from nothingness, but could only have come to be through the power of the Truth that became real in the composer's inspiration. Isn't the same thing evident when we allow ourselves to be moved by the icon of the Trinity of Rublëv? In the art of the icons, as in the great Western paintings of the Romanesque and Gothic period, the experience described by Cabasilas, starting with interiority, is visibly portrayed and can be shared. In a rich way Pavel Evdokimov has brought to light the interior pathway that an icon establishes. An icon does not simply reproduce what can be perceived by the senses, but rather it presupposes, as he says, "a fasting of sight." Inner perception must free itself from the impression of the merely sensible, and in prayer and ascetical effort acquire a new and deeper capacity to see, to perform the passage from what is merely external to the profundity of reality, in such a way that the artist can see what the senses as such do not see, and what actually appears in what can be perceived: the splendor of the glory of God, the "glory of God shining on the face of Christ " (2 Corinthians 4:6). To admire the icons and the great masterpieces of Christian art in general, leads us on an inner way, a way of overcoming ourselves; thus in this purification of vision that is a purification of the heart, it reveals the beautiful to us, or at least a ray of it. In this way we are brought into contact with the power of the truth. I have often affirmed my conviction that the true apology of Christian faith, the most convincing demonstration of its truth against every denial, are the saints, and the beauty that the faith has generated. Today, for faith to grow, we must lead ourselves and the persons we meet to encounter the saints and to enter into contact with the Beautiful. Now however, we still have to respond to an objection. We have already rejected the assumption which claims that what has just been said is a flight into the irrational, into mere aestheticism. Rather, it is the opposite that is true: This is the very way in which reason is freed from dullness and made ready to act. Today another objection has even greater weight: the message of beauty is thrown into complete doubt by the power of falsehood, seduction, violence and evil. Can the beautiful be genuine, or, in the end, is it only an illusion? Isn't reality perhaps basically evil? The fear that in the end it is not the arrow of the beautiful that leads us to the truth, but that falsehood, all that is ugly and vulgar, may constitute the true "reality" has at all times caused people anguish. At present this has been expressed in the assertion that after Auschwitz it was no longer possible to write poetry; after Auschwitz it is no longer possible to speak of a God who is good. People wondered: Where was God when the gas chambers were operating? This objection, which seemed reasonable enough before Auschwitz when one realized all the atrocities of history, shows that in any case a purely harmonious concept of beauty is not enough. It cannot stand up to the confrontation with the gravity of the questioning about God, truth and beauty. Apollo, who for Plato's Socrates was "the God" and the guarantor of unruffled beauty as "the truly divine" is absolutely no longer sufficient. In this way, we return to the "two trumpets" of the Bible with which we started, to the paradox of being able to say of Christ: "You are the fairest of the children of men," and: "He had no beauty, no majesty to draw our eyes, no grace to make us delight in him." In the passion of Christ the Greek aesthetic that deserves admiration for its perceived contact with the Divine but which remained inexpressible for it, in Christ's passion is not removed but overcome. The experience of the beautiful has received new depth and new realism. The One who is the Beauty itself let himself be slapped in the face, spat upon, crowned with thorns; the Shroud of Turin can help us imagine this in a realistic way. However, in his Face that is so disfigured, there appears the genuine, extreme beauty: the beauty of love that goes "to the very end"; for this reason it is revealed as greater than falsehood and violence. Whoever has perceived this beauty knows that truth, and not falsehood, is the real aspiration of the world. It is not the false that is "true," but indeed, the Truth. It is, as it were, a new trick of what is false to present itself as "truth" and to say to us: over and above me there is basically nothing, stop seeking or even loving the truth; in doing so you are on the wrong track. The icon of the crucified Christ sets us free from this deception that is so widespread today. However it imposes a condition: that we let ourselves be wounded by him, and that we believe in the Love who can risk setting aside his external beauty to proclaim, in this way, the truth of the beautiful. Falsehood however has another strategem. A beauty that is deceptive and false, a dazzling beauty that does not bring human beings out of themselves to open them to the ecstasy of rising to the heights, but indeed locks them entirely into themselves. Such beauty does not reawaken a longing for the Ineffable, readiness for sacrifice, the abandonment of self, but instead stirs up the desire, the will for power, possession and pleasure. It is that type of experience of beauty of which Genesis speaks in the account of the Original Sin. Eve saw that the fruit of the tree was "beautiful" to eat and was "delightful to the eyes." The beautiful, as she experienced it, aroused in her a desire for possession, making her, as it were, turn in upon herself. Who would not recognize, for example, in advertising, the images made with supreme skill that are created to tempt the human being irresistibly, to make him want to grab everything and seek the passing satisfaction rather than be open to others. So it is that Christian art today is caught between two fires (as perhaps it always has been): It must oppose the cult of the ugly, which says that everything beautiful is a deception and only the representation of what is crude, low and vulgar is the truth, the true illumination of knowledge. Or it has to counter the deceptive beauty that makes the human being seem diminished instead of making him great, and for this reason is false. Is there anyone who does not know Dostoyevsky's often-quoted sentence: "The Beautiful will save us"? However, people usually forget that Dostoyevsky is referring here to the redeeming Beauty of Christ. We must learn to see him. If we know him, not only in words, but if we are struck by the arrow of his paradoxical beauty, then we will truly know him, and know him not only because we have heard others speak about him. Then we will have found the beauty of Truth, of the Truth that redeems. Nothing can bring us into close contact with the beauty of Christ himself other than the world of beauty created by faith and light that shines out from the faces of the saints, through whom his own light becomes visible.
ZE05050220

Sunday, May 01, 2005

Sutra del Cuore della Suprema Saggezza

Una delle sutre piu' conosciute e recitate in Giappone dalle principali sette.
Esprime l'essenza (cuore) ed il sunto in circa (ci sono diverse opinioni) 262 caratteri cinesi di un corpo di testi di circa 4000 pagine.

摩訶般若波羅蜜多心経

観自在菩薩。行深般若波羅蜜多時。照見五蘊皆空。 
度一切苦厄。舎利子。色不異空。空不異色。色即是空。 
空即是色。受想行識亦復如是。舎利子。是諸法空相。 
不生不滅。不垢不浄。不増不減。是故空中。 
無色 無受想行識。無眼耳鼻舌身意。無色声香味触法。 
無眼界 乃至無意識界。無無明亦 無無明尽。 
乃至無老死 亦無老死尽。無苦集滅道。無智亦無得。 
以無所得故。菩提薩 。依般若波羅蜜多故。 
心無 礙 無 礙故。無有恐怖。遠離一切顛倒夢想。 
究竟涅槃。三世諸仏。依般若波羅蜜多故。
得阿耨多羅三藐三菩提。故知般若 波羅蜜多。 
是大神呪。是大明呪。是無上呪。是無等等呪。 
能除一切苦。真実不虚。故説般若波羅蜜多呪。
即説呪日。羯諦 羯諦。波羅羯諦。波羅僧羯諦。 
菩提薩婆訶。般若心経。

Maka Hannya Haramitta Shingyo
Kan-ji Zai Bo-satsu. Gyo jin Han-nya Ha-ra-mit-ta ji. Sho ken go on kai ku
Do is-sai ku yaku. Sha ri shi. Shiki fu i ku. Ku fu i shiki. Shiki soku ze ku .
Ku soku ze shiki. Ju so gyo shiki. yaku bu nyo ze. Sha ri shi ze sho Ho ku so.
Fu sho fu metsu. Fu ko Fu jo. Fu zo Fu gen. Ze ko ku chu.
Mu shiki mu ju so gyo shiki. Mu gen ni bi zes-shin ni. Mu shiki sho ko mi soku Ho.
Mu-gen kai nai-shi mu-i shiki kai Mu mu myo yaku mu mu myo jin.
Nai-shi mu ro shi . Yaku mu ro-shi jin. Mu ku shu metsu do. Mu chi yaku mu toku.
I mu-sho- tok-ko. Bo-dai-sat-ta. E-Han-nya Ha-ra-mit-ta ko.
Shin mu kei-ge. Mu-kei-ge ko. Mu u ku fu. On-ri is-sai ten-do mu-so.
Ku-gyo ne- han. San-ze-sho-butsu. E Han-nya Ha-ra-mit-ta ko.
Toku a-noku ta-ra-san-myaku-san-bo-dai. Ko chi Han-nya Ha-ra-mit-ta.
Ze dai-jin-shu. Ze dai-myo-shu. Ze mu to-do-sho.
No-jo is-sai-ku. Shin-jutsu fu-ko. Ko setsu Han-nya Ha-ra-mit-ta shu.
Soku setsu shu watsu. Gya-te gya-te. Ha-ra gya-tei. Hara so gya-te.
Bo-ji sowa-ka. Han-nya shin-gyo.


MAKA HANNYA HARAMITA SHINGYO
Il sutra del Cuore della Suprema Saggezza.

Kannon, il Bodhisattva Avalokitesvara (Il Bodhisattva della Compassione), attraverso la pratica profonda della Prajina Paramita, la suprema saggezza, realizzò che i cinque elementi sono vuoto sanando cosi tutte le sofferenze.

O Sariputta (O discepolo del Buddha),
i fenomeni non sono diversi dalla Vacuità (le forme sono Vacuita'),
la Vacuità non è diversa dai fenomeni (dalle forme);
i fenomeni (le forme) diventano Vacuità,
la Vacuità diventa i fenomeni (le forme);
e per gli altri quattro elementi: sensazione (percezione), percezione (pensiero), discriminazione (volonta') e coscienzavale la stessa cosa.

O Sariputta,
ogni esistenza (ogni Dharma) ha il carattere della Vacuità (non ha Sostanza):
non c'è né nascita né morte (non ha nè inizio nè fine),
non c'è impurità né purezza,non c'è crescita né declino.
Perciò nella Vacuità non vi sono né fenomeni (nè forme), né percezione, né pensiero, né volontà, né coscienza,né occhi, né orecchi, né naso, né lingua, né corpo, né mente (intelletto), né colori, né suoni, né odori, né gusti, né sensazioni tattili, né concetti,né conoscibile,né conoscenza,né ignoranza,né fine dell'ignoranza,né degenerazione e morte (le quattro verità),né fine della degenerazione e della morte,né Sofferenza, né Causa, né Cessazione, né Via,né saggezza, né profitto,né non-profitto (ottuplice sentiero) .

Per il Bodhisattva, grazie alla Perfezione della Saggezza che conduce al di là, non esistono né ostacoli né paura (supera tutti gli ostacoli ed è libero);
illusione ed attaccamento vengono allontanati,e può così raggiungere il Nirvana.

Tutti i Buddha dei tre Tempi (passato, presente e futuro),
grazie alla Perfezione della Saggezza,ottengono la completa Illuminazione.

Si può comprendere la Perfezione della Saggezza attraverso
il Mantra sublime,
il Mantra illuminante,
il Mantra ineguagliabile,
il Mantra incomparabile,
che libera da ogni sofferenza,autentico, senza errori,
il Mantra della Perfezione della Saggezza.
(Perciò il Mantra della Prajina Paramita è
il Grande Mantra,
il Mantra della Grande Chiarezza,
il Mantra Supremo,
il Mantra Incomparabile,
è capace di togliere tutte le sofferenze, è verità e non falsità)
Il Mantra dice:
"Andare, andare,
andare insieme al di là,
andare al di là dell'al di là,
fino al Satori (Illuminazione, Risveglio).
Bodhi Swaha!"

Sutra del Cuore della Saggezza.

Sunday, April 17, 2005

"Hoc ipso quod despectus fuit, hoc ipso fuit gloriosus"

"Hoc ipso quod despectus fuit, hoc ipso fuit gloriosus"

Cio' stesso per cui fu disprezzato, per cio' stesso fu glorioso

Bonaventura, S 1 Epiph (IX 148a).

Citato in: H.U. von BALTHASAR, Herrlichkeit. Facher der Stile. Klerikaler Stile, S. 359.

Tuesday, April 12, 2005

la teologia di Giovanni Paolo II

Q: What is John Paul II's significance for contemporary theology?

Bishop-designate Berzosa: He has signified a new perspective in the "theological method." He does not start from European theology -- the topic of faith; or liberation theology -- the topic of praxis; or classic apologetics -- the order of the world; but rather from man as "image of God" with a natural capacity to know truth and beauty and to do good.

In a certain way, vis-à«vis classic theodicy, and the contemporary theologies of hermeneutics and orthopraxis, it is an "anthropology from faith": Man has meaning only in the light of the man-Jesus Christ.

Interview With Bishop-designate C.R. Berzosa Martínez ZE05041120

Sunday, April 10, 2005

Traduzioni

In a recent article for the Society of Writers, Editors and Translators, D. Patrick Dimick has defined the great trade deficit in literary translation between Japanese and other languages: "In 2002 the ratio of foreign books translated into Japanese to Japanese books translated into a foreign language stood at 20:1." Optimistically, he appends this happy thought: "Though some point to this as an improvement over the 1982 ratio of 36:1."

Thursday, April 07, 2005

Socrate conosceva gia' il trucco dei giornalisti e dei politici ソクラテスは政治家やマスコミの秘密を知っていた

Swkravth" pantavpasi gavr, o} kai; kata ajrca;" ei[pomen tou'de tou' lovgou, o{ti oujde;n ajlhqeiva" metevcein devoi dikaivwn h] ajgaqw'n pevri pragmavtwn, h] kai; ajnqrwvpwn getoiouvtwn fuvsei o[ntwn h] trofh'/, to;n mevllonta iJkanw'" rJhtoriko;n e[sesqai. to; paravpan ga;r oujde;n ejn toi'" dikasthrivoi" touvtwn ajlhqeiva" mevlein oujdeniv, ajlla;tou' piqanou': tou'to dev ei\nai to; eijkov", w/ dei'n prosevcein to;n mevllonta tevcnh/ ejrei'n. oujde; ga;r aujta; pracqevnta dei'n levgein ejnivote, eja;n mh; eijkovtw" h\/ pepragmevna, ajlla; ta; eijkovta, e[n te kathgoriva/ kai; ajpologiva/, kai; pavntw" levgonta to; dh; eijko;" diwktevon ei\nai, polla; eijpovnta caivrein tw'/ ajlhqei': tou'to ga;r dia; panto;" tou' lovgou gignovmenon th;n a{pasan tevcnhn porivzein.
Fai'dro"  
aujtav ge, w\ Swvkrate", dielhvluqa" a} levgousin oiJ peri; tou;" lovgou" tecnikoi;  prospoiouvmenoi ei\nai:

Socrates: The fact is, as we said in the beginning of this discussion, that he who is to be a competent rhetorician need have nothing at all to do, they say, with truth in considering things which are just or good, or men who are so, whether by nature or by education. For in the courts, they say, nobody cares for truth about these matters, but for that which is convincing; and that is probability, so that he who is to be an artist in speech must fix his attention upon probability. For sometimes one must not even tell what was actually done, if it was not likely to be done, but what was probable, whether in accusation or defence; and in brief, a speaker must always aim at probability, paying no attention to truth; for this method, if pursued throughout the whole speech, provides us with the entire art.
Phaedrus: You have stated just what those say who pretend to possess the art of speech, Socrates.

Socrates: The fact is, as we said at the beginning of this discussion, he who is to be a competent rhetorician needs no knowledge of the truth about what is right or good... In courts of justice no attention is paid whatever to the truth about such topics; all that matters is plausibility... There are even some occasions when both prosecution and defence should positively suppress the facts in favor of probability, if the facts are improbable. Never mind the truth -- pursue probability through thick and thin in every kind of speech; the whole secret of the art of speaking lies in consistent adherence to this principle.
Phaedrus: That is what those who claim to be professional teachers of rhetoric actually say, Socrates.
--Plato, Phaedrus 272d

「ソクラテス なぜならば、―これは僕たちの議論がこの問題に移ったはじめの頃にも話に出たことだが― まったくのところ、弁論の力を十分に身につけようとする者は、何が正しい事柄であり善い事柄であるかということに関して、あるいは、どういう人間が ―生まれつきにせよ教育の結果ににせよ― 正しくまた善い人間であるかということに関して、その真実にあずかる必要は、少しもないのだから。事実、裁判の法廷において、こういった事柄の真実を気にかける人なんか、ひとりだっておりはしない。そこでは、人を信じさせる力をもったものこそが、問題なのだ。人を信じさせる力をもったもの、それは、真実らしくみえるもののことであって、それにこそ、技術によって語ろうとするものは専心しなければならぬ。すなわち、よしんば実際に行われたことであっても、もしそれが真実とは思えないような仕方で行われたとしたならば、それをありのままに述べてはいけない場合さえ、しばしばあるのであって、真実らしくみえるような事柄におきかえなければならないのだ。これは、告発するときでも、弁明するときでもそうである。そして、真実にかかずらうのをきっぱりとやめ、言論を用いるにあたってはあらゆる仕方で、この真実らしくみえるものをこそ、追究すべきである。話すときいつでも、このことを心がけていれば、それで技術のすべてを獲得できるのであるから。――
パイドロス あなたの言われたことは、そのこまかい点まで、言論の技術の専門家たることを自称する人たちの言葉そのままです。」
(プラトン、『パイドロス』、272d)

Tuesday, April 05, 2005

De Marco a proposito delle critiche di Hans Kung al Papa

Come nella società civile, anche nella Chiesa le stagioni rivoluzionarie che usano le parole come proiettili (celebre formula di John Pocock) si pagano, col tempo, in termini di ottundimento non meno dei sensi spirituali che dell’intelletto. Questa è la chiave dei nostri attuali limiti; non la straordinaria presenza di un vertice carismatico che anzi, immeritato dono, li compensa soprannaturalmente e ci permette (ci ha permesso) di riprendere coscienza di noi stessi. La sofferenza creatrice di papa Wojtyla non ha davvero bisogno della “compassione” di Hans Küng.
http://www.chiesa.espressonline.it/dettaglio.jsp?id=26162

Wednesday, March 30, 2005


RAIMON 1 Posted by Hello

雷文

読んで字の如し。かみなりの稲妻をあらわしています。古代中国の土器や青銅器にも見られるもので、右巻きと左巻きが対になり、陰陽の形態をとっています。 かみなりは天の意志であり、陰陽の和するところに雷が鳴り雨が降る。というわけで、けっこう呪術的なパワーを感じさせるシンボルといえるでしょう。でもなんでそんなオドロオドロしいどんぶりでラーメン食ってるんでしょうかね??

Stilizzazione del lampo. Simbolo magico per la forza della natura. La simmetria contraria simboleggia la relazione YIN e YANG.
Mi ricorda la decorazione che spesso si trova anche nell'antica Roma.
RAIMON 2
Posted by Hello読んで字の如し。かみなりの稲妻をあらわしています。古代中国の土器や青銅器にも見られるもので、右巻きと左巻きが対になり、陰陽の形態をとっています。 かみなりは天の意志であり、陰陽の和するところに雷が鳴り雨が降る。というわけで、けっこう呪術的なパワーを感じさせるシンボルといえるでしょう。でもなんでそんなオドロオドロしいどんぶりでラーメン食ってるんでしょうかね??


Ornamento che si trova sulle scodelle cinesi e che simboleggia il lampo. Il lampo e' la "voce del Cielo", porta la pioggia e quindi l'abbondanza, nella filosofia cinese.

こうしてみると、普段なにげなく食べているラーメンも中国や韓国では麺状のモノが「長い」という連想から「長寿」の象徴になっていたりして・・あっ!日本でも大晦日には年越しそばを食べますね。どんぶりは紀元前からの由緒あるデザインだったりするわけでなんかとってもメデタイ食べ物であることがわかります。そんな歴史的なな食文化にちょっと思いを寄せている今日この頃です・・・。

SOUKI MOYOU Posted by Hello

双喜模様

「よろこび」がふたつ並んでいるんだから「強力におめでたい」ということになるんでしょうか?ラーメン屋さんの入り口にもよく見られますね。

"La doppia gioia", altro simbolo che si trova spesso sulle posate o nei ristoranti. Il carattere per gioia e' ripetuto due volte.

Ancora a proposito degli stolti

1Pietro 2:15 Perché questa è la volontà di Dio: che, operando il bene, voi chiudiate la bocca all'ignoranza degli stolti.

[新共同訳] 善を行って、愚かな者たちの無知な発言を封じることが、神の御心だからです。

[NKJV] For this is the will of God, that by doing good you may put to silence the ignorance of foolish men-


ΟΤΙ ΟΥΤΩΣ ΕΣΤΙΝ ΤΟ ΘΕΛΗΜΑ ΤΟΥ ΘΕΟΥ ΑΓΑΘΟΠΟΙΟΥΝΤΑΣ ΦΙΜΟΥΝ ΤΗΝ ΤΩΝ ΑΦΡΟΝΩΝ ΑΝΘΡΩΠΩΝ ΑΓΝΩΣΙΑΝ

Sunday, March 27, 2005

復活祭の説教 (園田教会にて)

イエス・キリストの復活を信じることは人間の力ではできない。すなわち、人間がどのように頑張っても、イエス・キリストの復活を信じることは出来ません。それは、死んだ人間が生き返るなんて今まで一度も無かったからです。人間は死ねば、それで終わりでした。一巻の終わりです。その後はないのです。もう二度と会えないのです。いくら立派な仕事をしても、いくら立派な人格者であっても、いくら善行を積んだとしても、死んでしまったら、二度と生き返ることはないのです。これは変えることの出来ない事実でした。ですから人間であるイエス・キリストが生き返る話は信じることが出来ないのです。
それでは、なぜキリストの復活がしんじられないのかを考えてみましょう。それは、人間の罪に原因があります。「罪の支払う報酬は死」とローマの信徒への手紙(6:23)に書いてあるように、罪の結果は死であって、けして命ではありません。永遠の死は私たちの内にありますが、永遠の命は私たちの内にありません。したがって、私たちには死を考えることが出来ても、永遠の命を考えることが出来ないのです。私たちのうちに永遠の命に至る正しさがないからです。
復活が信じられない第二の理由は、どちらかといえば、心理的な反発からです。信じられないというよりも、信じたくないといった方がよいかもしれません。つまり、死によってこの世の苦しみから解放されたいと願う人たちにとっては、無意味な延命はごめんこうむりたいと願うことでしょう。復活してまで苦しい人生を続けたくはないという気持ち、この気持ちも人間として理解できないわけではありません。
弟子たちは素直に復活を信じたのかといえば、決してそうではありませんでした。イエスの墓が空っぽであったことを最初に発見した婦人たちの報告を聞いたとき弟子たちは「この話がたわ言のように思われたので、婦人たちを信じなかった」(ルカ24:11)とはっきり聖書は記しています。
それでは、最初に空の墓を発見した婦人たちはどうだったのでしょう。マルコによる福音書の記事はとても印象的な終わり方をしています。
「婦人たちは墓を出て逃げ去った。震え上がり、正気を失っていた。そして、だれにも何も言わなかった。恐ろしかったからである」(マルコ16:8)
 恐ろしさのあまり、正気を失うほどの衝撃的な体験だったというのは、喜ばしい復活の出来事を書き表すにはあまりにも薄気味悪い表現です。報告を聞いた弟子たちが、婦人たちの言ってることが「たわ言のようの思われた」というのももっともだと感じられます。
 しかし、誰もが信じられないと思っていたところに、かえって「何かが起こったに違いない」という印象を強くされます。 さて、キリストの復活は事実であったのかという疑問もさることながら、もっと興味のあることは、聖書がそこでどんな意義を説き明かそうとしているのかということです。もし、その意義付けがなければ、キリストの復活を信じる意味が失われてしまいます。
復活は事実だと信じても、それが、もし、私たちにとって意味のないことであれば、いくら事実であっても、私たちの人生に何のインパクトもあたえません。
ところが、キリストが復活されたということは、死が終わりでないことを、私たちに教えてくれます。キリストの復活を信じる者たちも、やがて、復活にあずかることができるのです。もし、私たちの人生がこの世のものだけなら、生きているうちに好きなことをして、楽しめるだけ楽しんでおけば良いということになります。パウロの時代も、そうした生活をしている人が多くいたようで、パウロは、この手紙の32節で、その人たちのモットーを引用しています。「あすは死ぬのだ。さあ、飲み食いしようではないか。」しかし、私たちは、死のかなたにも輝かしい将来があることを知っているので、正しい生活に励むことができるのです。キリストの復活によって、私たちは生活の方向を定めることが出来るのです。

パウロも、きょうのコロサイの手紙のなかで、天を見つめるように呼びかけます。「上にあるものを求めなさい、そこにはキリストが神のの右の座についておられます。地上のもではなく、上のものに心を向けなさい。

(祈り)

 父なる神さま、キリストの復活が無ければ、私たちの人生はどんなにか、無意味なものになっていたでしょうか。しかし、事実、キリストはよみがえられました。キリストは生きておられます。このキリストの復活の事実が、私たちの生活の中に働くように、私たちの信仰を、もういちど新しくしてください。人々が「キリストは生きておられる」ことを私たちの中に見いだすことができるまでに、私たちを導いてください。主イエスの御名で祈ります。

Friday, March 25, 2005

Contra Constantium

"At nunc pugnamus contra persecutorem fallentem, contra hostem blandientem, contra Constantium antichristum, qui non dorsa caedit sed uentrem palpat, non proscribit ad uitam sed ditat in mortem, non trudit carcere ad libertatem sed intra palatium onerat ad seruitutem; non latera uexat sed cor occupat, non caput gladio desecat sed animam auro occidit, non ignes publice minatur sed gehennam priuatim accendit. Non contendit ne uincatur, sed adulatur ut dominetur; Christum confitetur ut neget, unitatem procurat ne pax sit, hereses comprimit ne christiani sint, sacerdotes honorat ne episcopi sint, ecclesiae tecta struit ut fidem destruat. "
(ILARIO di POITIERS, Contra Constantium imperatorem, n. 5, PL, X, 578 sqq)
Flavius Julius Constantius, figlio di Costantino il Grande.

Ilario di Poitiers nel IV secolo: “Dobbiamo combattere contro un persecutore ancora più insidioso, un nemico che lusinga; non ci flagella la schiena, ma ci accarezza la pancia; non ci confisca i beni dandoci così la vita ma ci arricchisce per darci la morte; non ci spinge verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci nel palazzo; non ci colpisce il corpo, ma prende possesso del nostro cuore; non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l’anima con il denaro e il potere” (Liber contra Constantium 5).

St. Hilary of Poitiers writes, "We are fighting today against a wily persecutor, an insinuating enemy, against Constantius the antichrist, who does not scourge the back, but tickles the belly, who does not condemn to life but enriches to death, who instead of thrusting men into the liberty of prison, honours them in the slavery of the palace . . . who does not cut off the head with the sword, but slays the soul with gold ..."

" 私達は今日ずるい迫害者、きげん取りの敵、すなわち反キリストのConstantius(コンスタンティヌス大帝の息子)に対して戦わなければならない。彼は背中を鞭打って苦しめないが,腹を くすぐる。財産をとりあげるなら私たちにいのちを与えるが、それをしないで逆に富を与えることによって死へ仕向ける。刑務所に入れるなら自由に人を押し出すかわりに, 宮殿に誘い、そこで接待するので隷属に閉じ込める。頭を剣で切り落とさないが、金で権力で魂を殺す。 " (ポワティエのヒラリウス、『コンスタンティウスを駁す』、4世紀半ば)私訳

Thursday, March 24, 2005

Auguri di Buona Pasqua 2005

«Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui». (Marco 16,6)

Questo è il kérigma, è l’annuncio del giorno di Pasqua; il vangelo è tutto qui dentro. Per capire il senso di queste parole, però, bisogna tenere uniti i due termini che qui sono provocatoriamente messi insieme: «Gesù Nazareno, il crocifisso, è risorto». A risorgere è stato il crocifisso, cioè colui che fu rifiutato dai ben pensanti, rifiutato da coloro che si credevano furbi, che pensavano che fare lo sgambetto a una persona scomoda potesse risolvere il problema. Proprio Lui è risorto!

L’annuncio, la lieta notizia non è che un uomo è risorto; non è semplicemente che la morte è vinta. Spesso si riduce la risurrezione di Cristo alla vittoria sulla morte che è, ovviamente, una grande notizia: la morte non è l’ultima parola sulla condizione umana perché c’è la risurrezione. Questa in se è gia' una grande cosa.

Però la lieta notizia del vangelo è qualcosa di più preciso. La lieta notizia del vangelo rivela che risorge il crocifisso, cioè colui che ha creduto e che ha manifestato il volto di un Dio che viene nella debolezza. In altre parole, a vincere la morte e a risorgere è una vita donata, è una vita che qui sembra perdente. Tutti, attorno alla croce, urlano a Gesù che è perdente, ed invece Egli è vittorioso. Quindi la vittoria sulla morte non è semplicemente la vita che continua, ma è un tipo di vita che sembra perdente, mentre in realtà è vittoriosa: questo è il grande annuncio.

"Ora, che attendo, Signore? *
In te la mia speranza.
Liberami da tutte le mie colpe, *
non rendermi scherno dello stolto."
SALMO 38, 8-9 (cf. Uff. Letture mercoledi della settimana santa)

Signore, "non rendermi scherno dello stolto". Sembra che Gesu' abbia pregato cosi' prima di morire.

Secondo un esperto, "Una persona stupida è una persona che causa un danno a un’altra persona o gruppo di persone senza realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo un danno"(www.gandalf.it)

Si sa che al mondo i pesci grossi mangiano quelli piccoli, e molti si credono "furbi" perche' sanno saltare sul carro del vincitore di turno. Sembrerebbe non esserci scampo,allora, per i pesci piccoli. Ma il gioco forse non e' cosi' semplice. Un fattore imprevisto entra in gioco. Potrebbe essere che questi "furbi" hanno fatto male i calcoli come le "vergini stolte". Allora anche per i pesci piccoli c'e' speranza e i sedicenti "furbi" farebbero meglio a stare in guardia.

"Tendiamo spesso ad attribuire decisioni sbagliate (o catastrofiche) a intenzionale perversità, astuta cattiveria, megalomania, eccetera. Questi comportamenti ci sono – e in esagerata abbondanza. Ma un attento studio della storia (come degli avvenimenti in corso) porta all’inevitabile conclusione che la principale causa di terribili errori è una: la stupidità.
Questo è un fenomeno abbastanza noto. Uno dei modi in cui è riassunto è il cosiddetto Rasoio di Hanlon: «Non attribuire a consapevole malvagità ciò che può essere adeguatamente spiegato come stupidità»."(www.gandalf.it)

Dopo aver sperimentato per la mia parte come funziona questo mondo, ringrazio Dio che mi da la grazia di poter continuare a credere nella Risurrezione. E anch'io voglio pregare col salmista: "Signore, non rendermi scherno dello stolto".

BUONA PASQUA

Andrea

Friday, March 18, 2005

キリスト教と大学

「日本の大学では欧米文化が急速に吸収されていったが、その反面、キリスト教に対しては常に警告を怠ることがなかった。」

土屋 博、「神学からキリスト教学へ」、『宗教研究』(日本宗教学会)第343号、2005年3月所収。

「日本の宗教研究の百年」、公開シンポジウム

Thursday, March 17, 2005

どんなクリスチャンになりたいですか?

先生、先週の土曜日は、L先生のご都合が悪かったらしく(私がお邪魔したときは、先客があり、「今日はお休みして」とのことでした。それならそうと、連絡くれよ・・・)、いつ洗礼を授けていただくか、お話を伺うことは出来なかったのですが、カトリックになりたいとこれだけ言っておいて、肝心のことを知らないと気が付きました。カトリックになりたい、と言うと、話を聞いてくださる方は決まって「出来る限りミサに参加して、聖書の勉強をしなさい」との助言をくださるのですが、しかし、どれぐらいの期間、ということまでは言ってくれません。何度か、門真や園田の教会のシスターに伺ってみたのですが、答えがそれぞれ違うので困ってしまい、それっきりほったらかしです(すいません・・・)。私が覚えている限り、「だいたい一年」とか「洗礼を受ける意志が固いのなら、半年ぐらいで大丈夫。洗礼を受けてからも勉強すればいい」というようなことを言っておられました。この前、先生が私に言ってくださったように、今の段階での洗礼はまだ早いのではないか・・・という気はしています。前にも言いましたが、早く洗礼を受けたい気持ちはやまやまです。でも、まだ準備が整っていない。そんな気もしています。先生はいかがお思いでしょうか。プロテスタントは別として、カトリックになるためにはどれぐらいの期間勉強するものなのでしょうか。また、どれぐらいの期間を適当だと、先生はお考えですか。カトリックになることは、もう何ヶ月も前から決心しています。自分から望んで、なりたい、と。そう決心して、聖書を教えてくださる先生も見つけて、着々と・・・と言えるかどうかはわかりませんが、私なりに準備を進めています。でも、正直「いつなれるかなぁ・・・?」と疑問でもあります。途中で挫折するとは思っていませんし、そのつもりもないのですが、終着点がわからないまま・・・というのも不安なものです。仮に洗礼を受けても、勉強は続けなければならないと思いますが・・・。はっきり「何ヶ月(あるいは、何年)勉強しなさい」と、はっきり数字を言って欲しいとは言いませんが、最低これぐらいは・・・というのを教えてくださいませんか。理想を言ってくれ、なんて言ったら、「一生勉強しなさい」なんて言われそうですから・・・(・・・笑えない。本当に言われそう・・・)。先生のお話を伺っていて、本当に一生勉強し続けるんだなぁ、そういうものなんだなぁ、とは思いましたが、今の目標は洗礼です。自分から言っておいて、答えづらい質問ではないかと思いますが、答えられる範囲でかまいません。人によっても違うことだとは解っていますが、参考程度でかまわないので、教えてくださいませんか。最近、一週間過ぎるのが早いと感じます。先生がご帰国なさるのは、もう来週ですね。お元気でお過ごしください。


親愛なるKさん、

人間はみなそれぞれの考えに沿って生きているでしょう。生き方もいろいろあって、優秀性を求めて生きる人もいれば、世間並みにいきたい人もいます。クリスチャンの中にもさまざまな生き方があります。熱心に生きる人もいれば、最低条件を満たして生きる人もいます。
自分はどのように生きたいのか、その決め手は一人ひとりの心の中にあると思います。私個人としては、学問においても信仰生活においても、どちらかというと、本物を求めて生きたいものです。世間はどうであろうと、自分なりの目標をもって生きたいのです。これは私の考えなのですが、あなたに押し付けるつもりではありません。私なら、洗礼を受けてクリスチャンになりたいのであれば、「けち」な受け方ではなくて、なるべく「知恵をつくして、愛をつくして、心をつくして」、神様の望まれる生き方を求めて行くと思います。
幼稚園児も幼稚園生活を始めるにあたって、先がわからないので不安を感じるでしょう。けれども、幼稚園が終わってみれば心配する必要はなかったと大体の人は思うでしょう。あなたも、今クリスチャンになろうとして、具体的にどうなるのかわからないことは多いので、ちょっと不安でしょう。まぁ、それは避けられないでしょう。それよりも、自分はどんなクリスチャンになりたいのか、神様を心から愛したいのか、ミサに参加して自分を「供え物」として捧げたいのか、などと考える時期だと思います。ほかの事は神様に任せれば大丈夫なのではと思います。信仰するということは、日常生活に伴う心配事に左右されず、その心配事を乗り越えて神様の方へ思いをあげることでもあります。それに成功すれば、世間の人は味わえない自由と喜びは待っていると思います。
二日前から日本に来ていますが、今移動中なので電子メールを書けないときもあると予想されます。もし、返事が遅れたら許してくださいね。それでは、がんばってください。

Cio' che e' reale e' razionale e cio' e' razionale e' reale

What is real is rational and What is rational is real.

"Was vernünftig ist, das ist wirklich; und was wirklich ist, das is vernünftig."

(Vorrede zu Grundlinien der Philosophie des Rechts, S. 17>).

「合理的なものは現実的なものであり、現実にあるものはすべて合理的なものである」

La realtà, qui intesa come Tutto e non come l'insieme dei singoli aspetti della percezione, è profondamente intrisa di razionalità. Ogni fatto che si manifesta del mondo risponde a una legge razionale, l'Assoluto si manifesta razionalmente in tutti gli aspetti della realtà, inconsapevolmente nella natura, più consapevolmente negli uomini. Questo è ciò che risponde all'affermazione "ciò che è razionale è reale". Ma Hegel afferma anche che "ciò che è reale e razionale", per cui si afferma che ogni cosa non ha un senso arbitrario, ma risponde necessariamente alla struttura profondamente logica del mondo.
Tutto ha quindi una sua logica, ogni cosa buona e ogni cosa cattiva, il giusto e l'ingiusto, ciò che sembra assurdo e, ovviamente, ciò che non lo è. La razionalità permea ogni cosa necessariamente, ogni cosa, anche quando sembra secondaria, ha in realtà la sua ragione nel "gioco" del Tutto (dell'Assoluto). Ogni cosa è quindi giustificata e trova giustificazione, vi è sempre una giustificazione per ogni evento, nulla è casuale.
Hegel nota poi che le analisi dell'uomo attorno al mondo possono fare solo da testimoni alla realtà, per cui la realtà si crea da sé, e quando l'uomo arriva a riconoscerla, non può che descriverla senza modificarla, in quanto la realtà si è già formata. La realtà quindi si edifica da sé, rispondendo alle proprie leggi razionali, l'uomo ne è solo testimone.
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«Das Wahre ist das Ganze. Das Ganze aber ist nur das durch seine Entwicklung sich vollendende Wesen»

(G.W.F. Hegel, Phänomenologie des Geistes, in W. Bonspiepen –R. Heede, ed., Gesammelte Werke, IX, Felix Meiner Verlag, Hamburg 1980, 19)

The Whole is the Truth. But only through evolution the whole can come to a complete essence.

「真理は全体である。だが全体とは自らの展開を通して、自らを完成する本質のことにほかならない」

"Ist nur das Ganze wahr, dann kann es das Falsche nicht außer sich haben; also müssen wir Wahrheit als wahre Einheit von Wahrheit und Falschheit denken - aber können wir so etwas überhaupt verstehen?" (Schnädelbach)I do not know if we really get into trouble when we think the truth and the untruth at the same time. To know something as wrong, to know the untruth, one has to know the truth. We can only know the untruth in relation to the truth; otherwise we do not know it. Untrue and true are related to each other and so we have to think both. And I think Hegel means this when he tells us that through the wrong, through the untruth we come in a dialectical way through reconciliation, to the whole truth. Socrates once said it is not a shame not to know everything, but it is a shame not to have the desire for knowledge. Philosophy starts with the desire to understand the things around us and when we try to understand the things, and then we are on the path to the truth.

http://www.hegel.net/en/vp32bauer-e.htm

Confronta col "De ente et essentia" di Tommaso

Tuesday, March 15, 2005

Chere S-------,

Chere S------,
Je ne pense pas que tu donne l'impression de faire la morale. Il est plus dans le genre du temoignage ou de raconter sa propre experience. Peut etre tu pourrais utiliser le concept de "creaturalite" quand tu parle a propos de "pauvrete". Sentir d'etre "creature", c'est a dire un etre dependant de son createur, est peut etre ce que tu veut communiquer.
La creation ne doit pas etre concue comme un action du passe, "finished once and for all", mais c'est un evenement de chaque moment: nous existons parce que Dieu veut que nous existons Il nous cree chaque jour.
Alors, vivre comme "creature" est une facon de vivre en sentant de dependre de Quelqu'un, de n'etre pas le maitre absolut de soi meme, ni le commandant des autres et de la nature.
Ciao