Wednesday, June 25, 2008

Perche' Tommaso

St. Thomas stands midway between ourselves and the masters of philosophical thought of ancient Greece and early Christianity. He gathered together their insights and summarised their wisdom for the benefit of future generations. At no time did he pretend to answer, nor could he, all the questions that perplex and puzzle the human mind. What he did do, however, was to provide the principles and methods for their true resolution.


The Church has recognised this and has adopted him as the surest guide for us in our search to understand not only the things of the natural world, but also the truths of our Faith, as far as human reason can take us. There have been numerous expressions of this confidence by all the popes of recent times, such as this recent statement of the present Holy Father to Catholic young people:


"The philosophy of St. Thomas deserves to be attentively studied and accepted with conviction by the youth of our day by reason of its spirit of openness and universalism: characteristics which are hard to find in many trends of contemporary thought." ... "As a Catholic, you are heir to mankind's supreme intellectual tradition."


Such praise of St. Thomas' philosophy, however, is not confined to Catholic circles. Many recognise the greatness of his thought and work. He is by common consent acknowledged to be one of the greatest minds in the history of mankind.


It is to be noted that Thomism, the name given to the system of thought developed by St. Thomas and his followers, is by no means a closed system. It is able to accommodate all of what is true in the "systems" of other great philosophers. With the help of such an intellectual tradition we are able to resolve many apparent contradictions and better direct our thinking about the nature of reality and the object of human life.

http://www.cts.org.au/thomism.htm

Bandiera arcobaleno secondo Fides.org

L'Arcobaleno: sincretismo o pace ?

come mai uomini di Chiesa, laici o chierici che siano, hanno per tutti questi anni ostentato la bandiera arcobaleno e non la croce, come simbolo di pace? Sarebbe interessante interrogare uno per uno coloro che, forse anche inconsapevolmente, hanno affisso sugli altari, ingressi e campanili delle chiese lo stendardo arcobaleno. Tuttavia qualche risposta, per loro conto, potremmo ipotizzarla, richiamando alla memoria la lunga litania degli eventi in cui la chiesa avrebbe brandito la croce come simbolo di sopraffazione, e chiesto successivamente in modo inequivocabile perdono per le manchevolezze dei suoi figli: crociate, caccia alle streghe, roghi di eretici, la lista si potrebbe allungare all’inverosimile. Qui però, taluni dimenticano che la storiografia più aggiornata ha ridimensionato quanto la propaganda anticlericale, soprattutto ottocentesca aveva orchestrato ad arte. Tuttavia per non sottrarsi ad eventuali obiezioni, resta il fatto incontrovertibile che non è il simbolo della croce in sé stesso ad aver bisogno di essere emendato quanto piuttosto gli atteggiamenti degli uomini che, guardando a tale segno possono ritrovare motivo di conversione.
A questo punto diventa necessaria un'altra domanda: questi uomini e donne di chiesa sanno qual è l’origine della bandiera della pace? Molti probabilmente no. Altri, pur sapendo non se ne preoccupano più di tanto. Altri ancora hanno trovato in questo simbolo la rievocazione dell’episodio biblico del diluvio universale.
In realtà, le origini della bandiera della pace vanno ricercate, nelle teorie teosofiche nate alla fine dell’800. La teosofia (letteralmente “Conoscenza di Dio”) è quel sistema di pensiero che tende alla conoscenza intuitiva del divino. Essa è sempre stata presente nella cultura indiana, mentre nell'Occidente è rintracciabile negli scritti di Platone (427-347 a.C.), dei neo-platonici, come Plotino (204-270). La moderna versione ha preso forma dalla Società Teosofica, un movimento mistico, esoterico, spirituale e gnostico fondato nel 1875 da Helena Petrovna Blavatsky, più nota come Madame Blavatsky.

Ultimate concern Caffarra

Educazione e famiglia

ROMA, sabato, 21 giugno 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo della conferenza sul tema “Educazione e famiglia”, tenuta dal Cardinale Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna, il 6 giugno scorso presso il ricreatorio “Don Isidoro Ghedini” della parrocchia di Sant’Agostino Ferrarese

* * *

A conclusione credo opportuno da parte mia condurvi a considerare la missione educativa alla sua sorgente. Vorrei cioè fare una riflessione generale [non generica!] sull’educazione. Potrei spiegarmi colla seguente immagine: avete preso in esame i rami; questa sera vorrei invitarvi a guardare il tronco su cui i rami vivono.

Cercherò dunque di rispondere alle seguenti domande: che cosa significa «educare una persona»? A quali condizioni è possibile? Perché la famiglia è il luogo originario dell’educazione della persona?

1. Educare la persona

Vorrei chiedervi un piccolo sforzo di immaginazione. Immaginiamo di essere su un aereo in volo, immaginiamo che per un guasto si renda necessario un atterraggio di fortuna, e che ciò avvenga in un’isola sconosciuta a tutti i passeggeri. Quali domande ci faremmo? Almeno le seguenti tre: dove siamo arrivati? Questo territorio è abitato da altri ed è ospitale o invivibile? Per quanto tempo prevediamo di doverci rimanere?

Questo evento immaginario è una delle metafore più potenti di che cosa è l’arrivo nel mondo di una nuova persona umana, di un bambino.

Egli, nel modo e nella misura confacenti al suo sviluppo, non può non farsi quelle tre domande: dove sono arrivato? Il mondo in cui sono arrivato mi è amico od ostile? Questa è l’unica vita che mi è data di vivere? Colla prima domanda, la nuova persona chiede di essere guidata a capire la realtà che lo circonda: è la domanda di verità. Colla seconda domanda, chiede di essere guidato ad amare/odiare ciò che lo circonda: è la domanda di bene. Colla terza domanda, chiede di essere guidato a capire il senso di questa vita: è la domanda di speranza. Un grande filosofo ha scritto che le domande che ciascuno si porta dentro ed alle quali deve in un qualche modo rispondere, sono tre: che cosa posso sapere? Che cosa devo fare? In che cosa ho il diritto di sperare?

Se uno straniero arriva in un paese non ha che un modo di sapere dove è arrivato: chiederlo a chi vi abita. La nuova persona lo chiede a chi già vi abita. Anzi in primo luogo, a chi ve lo ha condotto: a chi lo ha fatto nascere, ai suoi genitori.

Ho già sostanzialmente risposto alla prima domanda: che cosa significa «educare una persona». E la risposta è: introdurla nella realtà. Cioè: guidarla a capire, ad amare, a sperare. Vorrei ora specificare meglio il contenuto di questa risposta con due precisazioni.

La prima. L’uomo nella pericolosa traversata della vita ha due mezzi a disposizione per far navigare la nave: remare colla forza delle sue braccia oppure avere a disposizione un motore che sospinga la nave.

Nell’introdurre la neo-arrivata persona nella realtà, chi lo guida ha a disposizione due mezzi: la sua ragione e la divina Rivelazione. E quindi esiste una educazione umana [condotta alla luce della sola ragione]; ed esiste un’educazione cristiana [condotta alla luce e della ragione e della fede].

La seconda precisazione è di un’importanza fondamentale. Vi prego di prestare molta attenzione. Le persone che introducono nella realtà – diciamo: gli adulti; gli educatori – vivono già dentro alla realtà. Si trovano già dentro ad un modo di pensare, di valutare. In una parola: dentro ad una cultura. Non sono stati loro a crearla. L’hanno a loro volta ricevuta. Si trovano all’interno di una tradizione che si trasmette di generazione in generazione. Nessuno parte da zero. Il pensarlo è la più grave stoltezza educativa. Voi capite bene che la tradizione è una vita: è la vita di un popolo. È custodita dalla sua memoria; è resa viva dalla consapevolezza di ogni generazione; è arricchita dalle risposte alle nuove sfide che le vengono rivolte.

Educare significa dunque inserirsi dentro una tradizione vivente. E la nostra tradizione ha una sua propria identità; ha sue proprie radici.

2. Condizione dell’educazione

Vi sarete resi conto che l’attività educativa è qualcosa di grandioso: forse è l’atto più grande che una persona possa compiere. Ma perché possa verificarsi devono darsi alcune condizioni. Non le elenco tutte. Mi limito a quelle che nella situazione attuale mi sembrano le più importanti.

La prima: l’autorevolezza dell’educatore. Non è possibile nessuna educazione senza l’esercizio dell’autorità dell’educatore. Il rapporto educativo non è fra pari. Mi spiego.

Riprendete mentalmente tutto quanto ho detto nel primo punto. E proviamo ad immaginare una situazione del genere. La persona arrivata chiede: «che cosa è, che cosa significa, questo è bene o male…?»: e l’educatore risponde: «non lo so; non te lo dico, perché così quando sarai grande deciderai come ti sembra; non ti rispondo perché non c’è nessuna risposta alla tua domanda: ciascuno faccia come gli pare e piace». Domandiamoci: questo è un rapporto educativo? Non è abbandonare la persona al suo destino, alla tirannia dei suoi istinti, al deserto senza vie di uscite della sua solitudine?

Monday, June 23, 2008

Realismo

Sed ratio humana non est mensura rerum, sed potius e converso, ut in X Metaphys. dicitur.

But human reason is not a measure of things, but vice versa, as stated in Metaph. x, text. 5.

S.T. I, II, q. 91, a. 3

Thursday, June 05, 2008

Latino

[…] Oggi studiare l’antico e il classico ha assunto una carica che non esito a definire rivoluzionaria, in quanto tendenzialmente si oppone e fa esplodere tutto ciò che di piatto, banale, volgare, livellato, precotto circola nella cultura neopopulista o di massa (chiamatela come volete), sempre sincronica di impostazione e decostruzionista per necessità di mercato. La questione si fisserà sulla tenuta di una cultura classica, ora diventata di per sé alternativa e oppositiva, che può rendere adulti come ha reso adulti i nostri antenati per secoli.

Giorgio Bertone, 2004

http://www.treellle.org/materiale/QA1.pdf


Insegnamento
opzionale o obbligatorio
% degli studenti
che studiano le lingue classiche

LATINO GRECO ANTICO LATINO GRECO ANTICO
USA opzionale 1,3 %
FRANCIA opzionale 3 % 1 %
GERMANIA opzionale 5-8 %
GRAN BRETAGNA opzionale 1-2 %
GRECIA opzionale obbligatorio 25 % 100 %
ITALIA obbligatorio 41 %* 10 %

FONTE: Database Eurydice e stime con indagine diretta a cura di TreeLLLe