Tuesday, April 28, 2009

I criteri su cui ci misuriamo: superficialita'

Siamo veramente pervasi dalla parola di Dio? È vero che essa è il nutrimento di cui viviamo, più di quanto non lo siano il pane e le cose di questo mondo? La conosciamo davvero? La amiamo? Ci occupiamo interiormente di questa parola al punto che essa realmente dà un’impronta alla nostra vita e forma il nostro pensiero? O non è piuttosto che il nostro pensiero sempre di nuovo si modella con tutto ciò che si dice e che si fa? Non sono forse assai spesso le opinioni predominanti i criteri secondo cui ci misuriamo? Non rimaniamo forse, in fin dei conti, nella superficialità di tutto ciò che, di solito, s’impone all’uomo di oggi? Ci lasciamo veramente purificare nel nostro intimo dalla parola di Dio? Nietzsche ha dileggiato l’umiltà e l’obbedienza come virtù servili, mediante le quali gli uomini sarebbero stati repressi. Ha messo al loro posto la fierezza e la libertà assoluta dell’uomo. Orbene, esistono caricature di un’umiltà sbagliata e di una sottomissione sbagliata, che non vogliamo imitare. Ma esiste anche la superbia distruttiva e la presunzione, che disgrègano ogni comunità e finiscono nella violenza. Sappiamo noi imparare da Cristo la retta umiltà, che corrisponde alla verità del nostro essere, e quell’obbedienza, che si sottomette alla verità, alla volontà di Dio? “Consacrali nella verità; la tua parola è verità”: questa parola dell’inserimento nel sacerdozio illumina la nostra vita e ci chiama a diventare sempre di nuovo discepoli di quella verità, che si dischiude nella parola di Dio.
SANTA MESSA DEL CRISMA
OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Basilica VaticanaGiovedì Santo, 9 aprile 2009

Monday, April 27, 2009

Lupi dentro la chiesa

“Quante pecore ci sono fuori dell’ovile, esclama Agostino, e quanti lupi dentro!”: “Quam multae oves foris, quam multi lupi intus! ”[5].

[5] S. Agostino, In Ioh. Evang. 45,12.

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Croce Redenzione (Cantalamessa)

Lo scopo dell’anno paolino non è tanto quello di conoscere meglio il pensiero dell’Apostolo (questo gli studiosi lo fanno da sempre, senza contare che la ricerca scientifica richiede tempi più lunghi di un anno); è piuttosto, come ha ricordato in più occasioni il Santo Padre, quello di imparare da Paolo come rispondere alle sfide attuali della fede.
Una di queste sfide, forse la più aperta mai conosciuta fino ad oggi, si è tradotta in uno slogan pubblicitario scritto sui mezzi di trasporto pubblico di Londra e di altre città europee: “Dio probabilmente non esiste. Dunque smetti di tormentarti e goditi la vita”: There’s probably no God. Now stop worrying and enjoy your life.
L’elemento di maggior presa di questo slogan non è la premessa “Dio non esiste”, ma la conclusione: “Goditi la vita!” Il messaggio sottinteso è che la fede in Dio impedisce di godere la vita, è nemica della gioia. Senza di essa ci sarebbe più felicità nel mondo! Paolo ci aiuta a dare una risposta a questa sfida, spiegando l’origine e il senso di ogni sofferenza, a partire da quella di Cristo.
Perché “era necessario che il Cristo patisse per entrare nella sua gloria”? (Lc 24, 26). A questa domanda si dà talvolta una risposta “debole” e, in un certo senso, rassicurante. Cristo, rivelando la verità di Dio, provoca necessariamente l’opposizione delle forze del male e delle tenebre e queste, come era avvenuto nei profeti, porteranno al suo rifiuto e alla sua eliminazione. “Era necessario che il Cristo patisse” andrebbe dunque inteso nel senso di “era inevitabile che il Cristo patisse”.
Paolo da una risposta “forte” a quella domanda. La necessità non è di ordine naturale, ma soprannaturale. Nei paesi di antica fede cristiana si associa quasi sempre l’idea di sofferenza e di croce a quella di sacrificio e di espiazione: la sofferenza, si pensa, è necessaria per espiare il peccato e placare la giustizia di Dio. È questo che ha provocato, in epoca moderna, il rigetto di ogni idea di sacrificio offerto a Dio e, per finire, l’idea stessa di Dio.
Non si può negare che talvolta noi cristiani abbiamo prestato il fianco a questa accusa. Ma si tratta di un equivoco che una migliore conoscenza del pensiero di san Paolo ha ormai definitivamente chiarito. Egli scrive che Dio ha prestabilito Cristo “a servire come strumento di espiazione” (Rom 3,25), ma tale espiazione non opera su Dio per placarlo, ma sul peccato per eliminarlo. “Si può dire che sia Dio stesso, non l’uomo, che espia il peccato... L’immagine è più quella della rimozione di una macchia corrosiva o la neutralizzazione di un virus letale che quella di un’ira placata dalla punizione”[2].
Cristo ha dato un contenuto radicalmente nuovo all’idea di sacrificio. In esso “non è più l’uomo ad esercitare un’influenza su Dio perché questi si plachi. Piuttosto è Dio ad agire affinché l’uomo desista dalla propria inimicizia contro di lui e verso il prossimo. La salvezza non inizia con la richiesta di riconciliazione da parte dell’uomo, bensì con la richiesta di Dio: ‘Lasciatevi riconciliare con Lui” (1 Cor 2,6 ss)”[3].
Il fatto è che Paolo prende sul serio il peccato, non lo banalizza. Il peccato è, per lui, la causa principale dell’infelicità degli uomini, cioè il rifiuto di Dio, non Dio! Esso rinchiude la creatura umana nella “menzogna” e nella “ingiustizia” (Rom 1, 18 ss.; 3, 23), condanna lo stesso cosmo materiale alla “vanità” e alla “corruzione” (Rom 8, 19 ss.) ed è la causa ultima anche dei mali sociali che affliggono l’umanità.
Si fanno analisi a non finire della crisi economica in atto nel mondo e delle sue cause, ma chi osa mettere la scure alla radice e parlare di peccato? L’elite finanziaria ed economica mondiale era diventata una locomotiva impazzita che avanzava a corsa sfrenata, senza darsi pensiero del resto del treno rimasto fermo a distanza sui binari. Stavamo andando tutti “contromano”.
L’Apostolo definisce l’avarizia insaziabile una “idolatria” (Col 3,5) e addita nella sfrenata cupidigia di denaro “la radice di tutti i mali” (1 Tim 6,10). Possiamo dargli torto? Perché tante famiglie ridotte al lastrico, masse di operai che rimangono senza lavoro, se non per la sete insaziabile di profitto da parte di alcuni? E perché, nel terremoto degli Abruzzi di questi giorni, sono crollati tanti palazzi costruiti di recente? Cosa aveva indotto a mettere sabbia di mare al posto del cemento?
Con la sua morte, Cristo però non ha soltanto denunciato e vinto il peccato; ha anche dato un senso nuovo alla sofferenza, anche a quella che non dipende dal peccato di nessuno, come, appunto, il dolore di tante vittime del terremoto che ha sconvolto la vicina regione dell’Abruzzo. Ne ha fatto una via alla risurrezione e alla vita. Il senso nuovo dato da Cristo alla sofferenza non si manifesta tanto nella sua morte, quanto nel superamento della morte, cioè nella risurrezione. “È morto per i nostri peccati, è risorto per la nostra giustificazione” (Rom 4, 25): i due eventi sono inseparabili nel pensiero di Paolo e della Chiesa.
E’ un’esperienza umana universale: in questa vita piacere e dolore si susseguono con la stessa regolarità con cui, al sollevarsi di un’onda nel mare, segue un avvallamento e un vuoto che risucchia indietro il naufrago. “Un so che di amaro - ha scritto il poeta pagano Lucrezio - sorge dall’intimo stesso di ogni piacere e ci angoscia in mezzo alle delizie”[4]. L’uso della droga, l’abuso del sesso, la violenza omicida, sul momento danno l’ebbrezza del piacere, ma conducono alla dissoluzione morale, e spesso anche fisica, della persona.
Cristo, con la sua passione e morte, ha ribaltato il rapporto tra piacere e dolore. Egli “in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottomise alla croce” (Eb 12,2). Non più un piacere che termina in sofferenza, ma una sofferenza che porta alla vita e alla gioia. Non si tratta solo di un diverso susseguirsi delle due cose; è la gioia, in questo modo, ad avere l’ultima parola, non la sofferenza, e una gioia che durerà in eterno. “Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui” (Rom 6,9). E non lo avrà neppure su di noi.Questo nuovo rapporto tra sofferenza e piacere si riflette nel modo di scandire il tempo della Bibbia. Nel calcolo umano, il giorno inizia con la mattina e termina con la notte; per la Bibbia comincia con la notte e termina con il giorno: “E fu sera e fu mattina: primo giorno”, recita il racconto della creazione (Gen 1,5). Non è senza significato che Gesù morì di sera e risorse di mattino. Senza Dio, la vita è un giorno che termina nella notte; con Dio è una notte che termina nel giorno, e un giorno senza tramonto.
Cristo non è venuto dunque ad aumentare la sofferenza umana o a predicare la rassegnazione ad essa; è venuto a darle un senso e ad annunciarne la fine e il superamento. Quello slogan sui bus di Londra e di altre città viene letto anche da genitori che hanno un figlio malato, da persone sole, o rimaste senza lavoro, da esuli fuggiti dagli orrori della guerra, da persone che hanno subito gravi ingiustizie nella vita… Io cerco di immaginare la loro reazione nel leggere le parole: “Probabilmente Dio non c’è: goditi dunque la vita!” E con che?
La sofferenza resta certo un mistero per tutti, specialmente la sofferenza degli innocenti, ma senza la fede in Dio essa diventa immensamente più assurda. Le si toglie anche l’ultima speranza di riscatto. L’ateismo è un lusso che si possono concedere solo i privilegiati della vita, quelli che hanno avuto tutto, compresa la possibilità di darsi agli studi e alla ricerca.

Non è la sola incongruenza di quella trovata pubblicitaria. “Dio probabilmente non esiste”: dunque, potrebbe anche esistere, non si può escludere del tutto che esista. Ma, caro fratello non credente, se Dio non esiste, io non ho perso niente; se invece esiste, tu hai perso tutto! Dovremmo quasi ringraziare chi ha promosso quella campagna pubblicitaria; essa ha servito alla causa di Dio più che tanti nostri argomenti apologetici. Ha mostrato la povertà delle sue ragioni ed ha contribuito a scuotere tante coscienze addormentate.

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Karl Rahner: un'analisi critica

Karl Rahner: un'analisi critica

Pubblicato un volume frutto di un convegno di studi tenutosi a Firenze

ROMA, venerdì, 24 aprile 2009 (ZENIT.org).- Un fattore determinante che si è imposto nel post-concilio è stato un devoto ossequio ad un pluralismo incontrollato ed inarrestabile, davanti al quale ci si è più volte inchinati senza però chiedersi della sua conformità alla verità.
Sembra che l'unica lettura possibile del Vaticano II sia quella di una supina accoglienza delle novità per il fatto che sono nuove a prescindere se sono vere e buone.


Un autore che in questo nuovo impasse si è segnalato notevolmente ed ha avuto larga risonanza è Karl Rahner, il quale, in modo sintomatico, pensava che «possono esistere molte teologie della mistica tra loro diverse e addirittura contraddittorie, senza che una tale diversità escluda in partenza che tutte queste teologie intendano parlare della stessa esperienza originaria» (Dio e Rivelazione, Paoline 1981, p. 259).
E così un sacro velo di rispettoso silenzio è stato più volte calato su queste teologie addirittura contraddittorie, perché in fondo – in una sintesi rahneriana –, rappresentavano la vera critica a quel tentativo di oggettivare l'inoggettivabile, di rendere formula dogmatica un'esperienza trascendentale inafferrabile e sempre al di là del limite, anche dell'errore, anche del magistero.
Finalmente si è avuta una rottura di questo ghiaccio raggelante con lo storico discorso di Benedetto XVI alla Curia Romana (dicembre 2005) in cui si ponevano le basi critiche per impostare rettamente quella diade di tradizione e innovazione, senza tradimenti o archeologismi.
Questo discorso fu anche la spinta ad organizzare, nel novembre del 2007, a Firenze, un convegno di studi critici sulla figura, l'opera e la recezione teologica di Karl Rahner. Scevri di ogni soggettiva antipatia e lungi dallo scenare un processo alle intenzioni, si è tentato unicamente – a livello scientifico, con dati alla mano – di capire donde promani quello “spirito del concilio” che si invoca come norma normante ogni scibile teologico e ogni articolo di fede.
Una delle sorgenti è stata ravvisata proprio nella filosofia e nella teologia di Karl Rahner. Il suo sistema di pensiero principia con il Geist in welt e approda in qualche modo al Grundkurs des Glaubens. Einführung in den Begriff des Christentums: dallo spirito come libertà alla riduzione del cristianesimo a concetto in un dipanarsi gnoseologico di tipo idealista-esistenzialista.
Dal privilegiare la trascendentalità come esperienza atematica e primordiale del soggetto che percepisce l'orrizonte infinito dell'essere, Dio, si arriva alla descrizione della fede come mero sviluppo del concetto del soggetto conoscente. Dio diventa un mezzo per l'uomo? Se Dio è subordinato all'uomo, la verità è subordinata al soggetto, ai tempi, alle mode.
Gli atti del convegno sono riuniti nel libro ora edito da Cantagalli dal titolo Karl Rahner un'analisi critica (Cantagalli, Siena 2009, pp. 319, euro 18,00), a cura di padre Serafino M. Lanzetta, che raccoglie gli interventi di teologi italiani e tedeschi.
Il libro è strutturato secondo una progressività filosofico-teologica con un contributo storico finale. L'introduzione di padre Lanzetta cerca di mettere in luce le problematiche emergenti da l pensiero rahneriano, riconducibili essenzialmente a due: 1) la contiguità tra natura e grazia letta in modo trascendentale che apre 2) al cristianesimo anonimo, ovvero alla presa in seria considerazione dell'ateismo e all'opzione morale fondamentale, tali da giustificare ogni alternativa, ogni nuova lettura religiosa e teologica e ogni applicazione morale, perché in fondo l'uomo coglie sempre Dio o piuttosto è colto da Dio nel suo porsi conoscitivo.
I primi due lavori riguardano il pensiero filosofico di Rahner: mons. Antonio Livi con la filosofia del “senso comune” mostra l'inadeguato approccio epistemologico di Rahner al dato di fede e don Ignazio Andereggen mette in luce i prodromi filosofici del pensiero teologico di Rahner, Hegel ed Heiddeger, passando attraverso la gnoseologia di Kant.
Poi seguono gli interventi propriamente teologici. Mons. Brunero Gherardini si attesta sull'equivoco primordiale di Rahner, il nesso “natura e grazia”, facendo vedere come quel naturalismo già prospettato dalla Nuovelle Théologie, in Rahner diventa più pericoloso in quanto facilmente diluisce la grazia nella natura e ogni dono diventa un'esigenza.
Padre Giovanni Cavalcoli, invece, mette in rilievo la radice teoretica del cristianesimo anonimo di Rahner. Chi è ateo in senso categoriale sarà sempre teista in senso trascendentale. In questo modo ogni uomo è già in grazia che lo sappia o no.
Padre Peter Damian M. Fehlner passa in rassegna gli enunciati di Rahner sulla Trinità, il cui trattato, con Rahner, riceve un assetto senz'altro nuovo: la Trinità immanente è la Trinità economica, quanto a dire: il Dio in sé é dato nel Dio per noi. Dio è sempre per noi fino al punto però di non riuscire a capire cosa possa significare tre ipostasi in una sola n atura.
Di qui si passa al mistero di Cristo, illuminato da padre Joaquín Ferrer Arellano e messo in relazione alla prospettiva escatologica di Rahner. Anche Cristo è “l'uomo per noi” che nel suo mistero salvifico ha già rivelato all'uomo il futuro. L'unica proposizione escatologica valida è che Dio ha già salvato l'uomo in Cristo. Ora, ci sarà più posto per gli stati escatologici?
Padre Alessando M. Apollonio rileva alcune divergenze di Rahner con la dottrina cattolica sul mistero di Maria, come ad esempio la sua diatriba sulla virginitas in partu.
Due teologi tedeschi poi si concentrano piuttosto su una critica strutturale alla teologia di Rahner, presentando di riflesso tre modelli teologici alternativi: il prof. Hans Christian Schmidbaur mette a confronto Hans Urs von Balthasar e Joseph Ratzinger con il metodo dal basso di Rahner e don Manfred Hauke presenta la critica a Rahner del Card. Leo Scheffczyk.
Infine, il libro si chiude con un saggio storico-ermeneutico di padre Paolo M. Siano che mette a confronto il pensiero di Rahner con quello massonico, non per dire che Rahner era massone ma per mostrare la contiguità dei due pensieri. Quel tanto invocato dialogo tra Chiesa e Loggia potrebbe attestarsi piuttosto su un pensiero estraneo al magistero perenne della Chiesa.
L'ideale che muove questo libro non è la critica finalizzata a se stessa ma solo un desiderio: edificare la Chiesa, corpo di Cristo, nella verità e nella carità, auspicando un ritorno ai grandi maestri, echi viventi di quel sapienziale quod ubique, quod semper, quod ab omnibus creditum est. Che è ciò che rimane.

Latin: Case Uses Lingua Latina 1-35

Nominative
subject Marcus Iuliam pulsat
Marcus strikes Julia.
predicate nominative Creta est insula magna.
Crete is a large island.
Genitive
possession Iulius est dominus servorum.
Julius is the master of the slaves.
partitive Provincia est pars imperii Romani.
The Province is a part of the Roman empire.
description Quintus is puer septem annorum.
Quintus is a boy of seven years.
objective timor mortis amor patriae
fear of death, love of country
purpose with causa (delectandi causa)
for the sake of delighting
value magni aestimat
he thinks it of great value
charge eum furti accusare
to charge him with theft
with verbs pudet, oblivisci, meminisse

Dative
indirect object Iulius Marco, filio suo, malum dat.
Julius gives an apple to Marcus, his son.
interest Spirare necesse est homini.
It is necessary for man to breathe.
possession Marco una soror est.
To Marcus there is one sister.
agent with gerundive (servo vaciendum est)
it must be done by the slave
with impersonal verbs Licet mihi ire. Libet mihi.
I am permitted to go. It pleases me.
with special verbs imperare, parere, credere, nocere, oboedire, persuadere,
invidere, parcere, appropinquare, placere, confidere,
< /span>ignoscere, resistere, minari, studere, prodesse, praeesse,
deesse, adesse, favere, nubered, plaudere

Accusative
direct object Marcus Iuliam pulsat
Marcus strikes Julia.
place to which Syra in cubiculum intrat.
Syra enters into the room.
indirect statement Medicus puerum dormire dicit.
A0 (acc + infinitive) The doctor says that the boy is sleeping.
with iubere, velle Te hic manere iubeo (volo).
I order (want) you to remain here.
extent Gladius duos pedes longus est.
The sword is two feet long.
duration Centum annos vivere ...
To live for one hundred years ...
exclamation O, discipulos20improbos!
Oh, wicked students!
with prepositions ad ante apud circum in
inter per post prope sub supra
Ablative
place where Iulia in cubiculo suo est.
Julia is in her room.
place from which Ab oppido ad villam it Iulius.
From town to his villa Julius goes.
separation Medus Tusculo Romam it.
Medus goes from Tusculum to Rome.
agent Lectica a servis portatur.
The sedan chair is carried by the slaves.
means, cause Lydia verbis Medi delectatur.
Lydia is delighted by the words of Medus.
instrument Iulius lectica vehitur.

Julius is carried by a litter.
price Hic anulus centum nummis constat.
This ring stands at one hundred coins.
manner Magna voce clamat.
He shouts in a loud voice
time when Illo tempore mense Decembri ...
At that time in the month December ...
absolute sole oriente
with the sun rising
degree of difference paulo levior
a little lighter (lighter by a little)
with carere cibo carere
to lack food
with uti, frui manu sua utitur, otio fruor
he uses his hand, I enjoy leisure
with opus est Quid opus est armis?
What need is there of arms?
comparison Marcus pigrior est Quinto.
Marcus is lazier than Quintus.
respect insula parva nomine Naxus
a small island, Naxus by name
description, quality tanta audacia sunt
they are of such great boldness
with prepositions a/ab cum e/ex in sine sub

Vocative
direct address Salve, domine!
Greetings, master!

Locative
place where Medus neque Romae neque Tusculi est.
(towns, cities, etc) Medus is neither in Rome nor in Tusculum.

Latin: Cum eo eo eo

Cum eo eo eo

I go there with him."

"eo" may be one of three things:
1. The masculine or neuter ablative singular of the demonstrative "is,ea, id."
2. An adverb meaning "thither" or "to that place."
3. The first person singular, present , indicative of the verb "eo, ire,ii, itum," meaning "I go."

Indeed they are, and were, easily confused! Is there any wonder that the Romance languages used 'vadere' and 'ille' rather than maintain use of 'ire' and 'is' ... ?

(classical Latin) is it -> ille vadit (vulgar Latin)

Italian: egli va
Spanish: el va
Portuguese: ele vai
French: il va

Thursday, April 16, 2009

人権思想

「人間の顔を有するものは誰でもそれだけですでに人間たる「使命」と「真価」をもっているのだという「偏見」が出来上がり得た歴史的世界はもともと、ルネッサンスの「普遍的な」、しかしまた「恐るべき人間」にその源をもった単なる人間性の世界、今日おとろえつつあるその世界ではなくて、人間が自己および隣人に対する位置を神人キリストによって測ったキリスト教の世界である。およそヨーロッパ世界のホモー(Homo)をはじめて人間にする形象は、キリスト教徒が神の似すがたとしての自分自身についていだく表象によって根本的に規定されている。したがって、「我々すべて」が人間であるという命題は、キリスト教がストア学派と協同して作り出した人間性に局限される。単純な人間的存在に関するかような歴史的事情は、キリスト教が消滅するに至ってはじめて人間性も問題をふくんだものとなるということから、間接に見てとられる。」(K・レーヴィット、柴田治三郎訳、『ヘーゲルからニーチェへII』、岩波現代叢書、1967年、125頁)

Friday, April 10, 2009

I 10 comandamenti paradossali

The Paradoxical Commandments
Finding Personal Meaning In a Crazy World

by Dr. Kent M. Keith

1. People are illogical, unreasonable, and self-centered.Love them anyway.

2. If you do good, people will accuse you of selfish ulterior motives.Do good anyway.

3. If you are successful, you will win false friends and true enemies.Succeed anyway.

4. The good you do today will be forgotten tomorrow.Do good anyway.

5. Honesty and frankness make you vulnerable.Be honest and frank anyway.

6. The biggest men and women with the biggest ideas can be shot down by the smallest men and women with the smallest minds.Think big anyway.

7. People favor underdogs but follow only top dogs.Fight for a few underdogs anyway.

8. What you spend years building may be destroyed overnight.Build anyway.

9. People really need help but may attack you if you do help them.Help people anyway.

10 Give the world the best you have and you'll get kicked in the teeth.Give the world the best you have anyway.

逆説の十か条

1. 人は不合理で、わからず屋で、わがままな存在だ。   
それでもなお、人を愛しなさい。

2. なにか良いことをすれば、隠された利己的な動機があるはずだと人に責められるだろう。   
それでもなお、良いことをしなさい。

3. 成功すれば、うその友達と本物の敵を得ることになる。   
それでもなお、成功しなさい。

4. 今日の善行は明日になれば忘れられてしまうだろう。   
それでもなお、良いことをしなさい。

5. 正直で率直なあり方は、あなたを無防備ににするだろう。   
それでもなお、正直で率直なあなたでいなさい。

6. 最大の考えをもった最も大きな男女は、最小の心をもった最も小さな男女によって撃ち落されるかも しれない。  
      それでもなお、大きな考えを持ちなさい。

7. 人は弱者をひいきにはするが、勝者の後ろにしかついていかない。   
      それでもなお、弱者のために戦いなさい。

8. 何年もかけて築いたものが、一夜にして崩れさるかもしれない。     
       それでもなお、築きあげなさい。

9. 人が本当に助けを必要としていても、実際に助けの手を差し伸べると 攻撃されるかもしれない。                それでもなお、人を助けなさい。

10. 世界のために最善を尽くしても、その見返りにひどい仕打ちを受けるかもしれない。   
         それでもなお、世界のために最善を尽くしなさい。


マザーテレサのコルカト(カルカッタ)にある「孤児の家」の壁に書いてあった言葉である。いかにもマザーテレサ好みの「究極の福音」であるような気のするメッセージである。
この言葉の作者はケント・M・キースという1949年生まれのアメリカ人。
「それでもなお人を愛しなさい -人生の意味を見つけるための逆説の10か条」(ケント・M・キース著 大内博訳 早川書房刊)その帯にはこう紹介されている。「変革を夢見た若者が60年代に記したメッセージは、口づてに広まり、世界中で愛される格言となった」 「マザーテレサも感動した世界最高の処世訓」

Monday, April 06, 2009

南御堂 難波別院 4月

南御堂 難波別院

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人間は自分の心に自分が縛られている   

                 -仲野良俊-      

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桜の咲くこの季節は新入社員をよく見かける。  彼らの姿から、希望や不安で一杯であった頃の自分を思い出す。当時は、何をするにも周囲に相談し、助言にも熱心に耳を傾けていたように思う。  それがいつの間にか、自分の考え方や判断に疑問を持たなくなり、ついには、それに固執し守ろうと必死になっているようだ。その結果、我が意にそぐわないものは切り捨て、やがては自分が孤立していくことにもなる。拠り所としていた私の心が逆に私をがんじがらめにしていく。  そんな私に、それでいいのかと呼びかける声がある。この身の事実に気づかせていただく声に、しっかりと耳を傾けていきたいものだ。

Friday, April 03, 2009

Auguri di Pasqua 2009

Surrexit Christus spes mea:
Praecedet vos in Galilaeam. (Victimae Paschali laudes)

Cristo, mia speranza, è risorto 
vi precede in Galilea”.

“La speranza vede nel seme che getti oggi nel solco la spiga che crescerà domani”. (don Mazzolari)

La Galilea per i discepoli era il luogo della vita quotidiana con tutti i suoi alti e bassi. E poi, come si deduce dal detto “Galilea della Genti” (Mt. 4:15) era il luogo dell’incontro-scontro tra culture diverse. Il luogo dove comincia la Missione.

Cristo è risorto: Buona Pasqua!
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Surrexit Christus spes mea:
Praecedet vos in Galilaeam. (Victimae Paschali laudes)

"Yea, Christ my hope is arisen;
to Galilee he will go before you."

“Hope sees in the seed that you throw today into the earth, the harvest that will grow tomorrow” (P. Mazzolari)

Galilee for the disciples was the place of everyday life with all its highs and lows. And, as can be evinced from the saying "Galilee of the "Peoples" (Gentiles) (Mat. 4:15) , was also the place where many different cultures met and struggled. The starting point of universal Mission.

Christ is Risen: Happy Easter!
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Surrexit Christus spes mea:
Praecedet vos in Galilaeam. (Victimae Paschali laudes)

「わが希望なるキリストはよみがえりたもうた。
ガリレアで汝らを待ちたもう。」

ヴィクティマエ・パスカリ・ラウデス “Victimae paschali laudes”(過越しのいけにえに賛美を)はカトリック教会の聖歌の一つ。中世に多く書かれたセクエンツィアの一つで、復活祭のミサのためのもの。ブルゴーニュ出身で神聖ローマ皇帝コンラート2世のシャプラン(宮廷付き聖歌隊長)であったヴィポ Wipo(活動 1020頃-1040頃)の作とされる。


「希望は、今日土に蒔かれる種の中に、明日芽生える穂をみる」(P. Mazzolari)


ガリラヤは弟子たちにとって、故郷であり、生活の場でした。わたしたちにとっても、復活したイエスとの出会いの場は、自分たちの生活の場の中でのことだと言えるのではないでしょうか? わたしたちは聖書を読み、聖書の中で復活したイエスに出会うのではありません。福音書は昔イエスという方がいたというだけでなく、今もわたしたちの現実の中でともにいてくださる、ということを伝えています。本当にそのイエスを感じること、そこにわたしたちの救いといのちと喜びの源があるのではないでしょうか。さらに、「異邦人のガリラヤ」(マタイ4・15)という言い方から分かるように、ガリラヤは異文化の出会い(ないし衝突)の場でもあった。福音宣教はそこから始まる。

ご復活おめでとうございます!