Wednesday, August 28, 2013

What if the Universe is a Computer Simulation? - Computerphile

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Saturday, August 24, 2013

La psicanalista e il monaco

Nel libro di Marie Balmary
La psicanalista e il monaco

di LU C E T TA SCARAFFIA

A dire la verità i libri che si propongono di riconciliare psicanalisi e cattolicesimo non mi hanno mai convinto. Mi sembra infatti che questi tentativi partano da un progetto armonizzatore al quale tutto viene subordinato, senza mai affrontare i veri problemi di fondo che dividono — o qualche volta improvvisamente uniscono — due sistemi di interpretazione dell’essere umano e dell’esistenza molto diversi tra loro. Non è questo il caso di un libro della psicanalista francese Marie Balmary, uscito nel 2005 (Paris, Éditions Albin Michel) e nel 2008 pubblicato in Italia dalle Paoline: Il monaco e la psicanalista.
L’autrice narra un dialogo fra una psicanalista ebrea — che è stata gravemente malata, e quindi si trova a ripensare il suo rapporto con la vita e soprattutto con la morte — e un monaco che
l’aveva conosciuta quando entrambi erano studenti di medicina.
Il dialogo non è però una trattazione astratta, che parla in generale del metodo psicanalitico e
della fede cristiana, ma una sorta di corpo a corpo fra due persone che cercano, che conoscono la sofferenza e che vogliono arrivare alla verità. Le parole della Bibbia, in quanto testo che unisce ebraismo e cristianesimo, anche se fino a quel momento poco praticato dalla psicanalista,
servono da terreno di riflessione e di scoperta.
All’inizio la contrapposizione sembra netta — «a lui la parola viene dall’esterno, a me dall’interno» — e il dialogo inizia con una polemica. Ruth, la psicanalista, accusa la Chiesa di avere tradito l’insegnamento evangelico, e Simon, il monaco, risponde che «il rinnegamento di Pietro mi sembra una base più sicura rispetto a una purezza e a una perfezione all’origine del cristianesimo», perché si riferisce a una «eredità accettata insieme al debito che comporta».
Ma poi l’analisi dei termini che escono spontaneamente dalle loro labbra — guarire, salvare,
grazia — e addirittura l’evo cazione e l’ascolto di brani musicali, insieme alle parole di filosofi e
di poeti amati da entrambi, aiutano l’approfondimento del discorso. Si arriva così al commento dell’episodio biblico del vitello d’oro, che per Simon rappresenta la scelta necessaria fra due
posizioni ben distinte: e cioè «la scelta fra un dio che ci ha fatti e un dio che ci facciamo noi».
Ruth teme che ogni religione porti l’essere umano alla posizione psicologica del servo davanti
a un dio, e arriva a definire la questione dell’ateismo in termini particolarmente originali. La psicanalista teme la contraffazione del Dio non creato compiuta da coloro che invece lo creano, e pensa che gli atei rifiutino non tanto il Dio creatore quanto il dio creato dagli esseri umani. «E
questo lavoro dell’anima è indispensabile per la fede altrui».

Simon le ricorda che «la nostra prima tendenza, quando vediamo la verità che si avvicina, è
di dirle: non ti vedo». Per questo si deve ascoltarla più volte, come recita il salmo 62: «Una
parola ha detto Dio, due ne ho udite». La bellissima lettera della sorella di Arthur Rimbaud, che
narra la conversione dello scrittore, offre poi a Ruth l’o ccasione di comprendere come la fede
debba essere condivisa, specialmente quando il verbo “c re d e re ” viene usato senza complemento oggetto, ma nel suo senso assoluto: «La prova del credere non è la certezza che ci sia qualcosa in cui credere, ma è il “credere con l’a l t ro ”».
Il punto più emozionante del dialogo — a cui si aggiunge Dan, un amico giornalista ebreo e ateo
— giunge con il disvelamento del sacrificio di Abramo. Al Dio (Elohim, nel testo ebraico) che
sembra esibire un’arbitrarietà pura, perché si presenta ad Abramo chiedendogli il sacrificio del figlio, si contrappone un altro Dio (Yhwh, nel testo ebraico) che gli trattiene la mano, segnando la fine dei sacrifici cruenti. Tutto l’episodio viene di conseguenza interpretato come una sorta di
vaccinazione spirituale, così descritta da Simon: «La Genesi racconta che si può arrivare al
vero Dio credendo in quello falso, e che un po’ alla volta si può passare dal sacrificio assurdo
all’alleanza di vita».
A questo punto i tre protagonisti del dialogo si trovano ad ammettere che i testi sacri ebraici
e cristiani non sono soltanto rivelati, ma sono addirittura rivelanti. E in questa vicenda la psicanalisi si dimostra solo uno dei tanti metodi che l’essere umano ha inventato per arrivare alla verità. Può quindi aiutare a comprendere il grande libro, e in definitiva essere meglio compresa
nella sua natura di cura guaritrice.

L'Osservatore romano, giovedi 24 agosto 2013

Sunday, August 11, 2013

Se il cinema western diventa d'autore

Se il cinema western diventa d'autore

Dieci film di genere per dipingere un'epopea che parlando della conquista racconta la natura umana

di Emilio Ranzato

Stilare classifiche dei film è sempre stato soltanto un gioco, al massimo il pretesto per un dibattito. Non di meno, è un gioco al quale è difficile sottrarsi. Soprattutto quando si sente il bisogno di ricordare opere e autori che rischiano di venire dimenticati dal grande pubblico.E ciò vale soprattutto per il western, un genere finito già da mezzo secolo, e che da allora viene fatto rivivere attraverso pallide rivisitazioni che ne mantengono in realtà soltanto la superficie iconografica. È il caso ovviamente anche degli spaghetti-western, cinici film d'azione ambientati nel West, spesso geniali dal punto di vista strettamente registico, ma privi dei grandi temi del genere: il rapporto fra uomo e natura, fra individuo e comunità, fra l'uomo e la Storia con la "s" maiuscola. E di conseguenza dello stile dalla grammatica classica che può supportare un così ampio respiro.
Questa dunque la nostra personale top ten western.
Al decimo posto Sfida nell'Alta Sierra (Ride the high country, Sam Peckinpah, 1962). Al nono posto Quel treno per Yuma (3:10 to Yuma, Delmer Daves, 1957). All'ottavo posto La valle dei mohicani (Comanche station, Budd Boetticher, 1960). Al settimo posto Sentieri selvaggi (The searchers, John Ford, 1956). Al sesto posto Il massacro di Fort Apache (Fort Apache, John Ford, 1948). Al quinto posto L'uomo di Laramie (The man from Laramie, Anthony Mann, 1955). Al quarto posto Il fiume rosso (Red river, Howard Hawks, 1948). Al terzo posto La carovana dei mormoni (Wagon master, John Ford, 1950). Al secondo posto Donne verso l'ignoto (Westward the women, William Wellman, 1951). Al primo posto Sfida infernale (My darling Clementine, John Ford, 1946). La vetta non poteva non essere di Ford e di uno dei film più belli di tutta la storia del grande schermo, forse il maggiore esempio di come si possa fare cinema d'autore partendo da quello di genere. Una delle storie più raccontate dal western, quella dello sceriffo di Tombstone Wyatt Earp e della sfida all'Ok corral, nelle mani di Ford diventa poesia in movimento. Non contano tanto le pur mirabili dinamiche drammaturgiche - lo scontro fra l'uomo del West vecchio stile, rozzo ma onesto, Henry Fonda, e l'uomo nuovo, raffinato ma corrotto Victor Mature; l'impietosa selezione naturale del West che fa soccombere i più deboli - quanto i momenti di calma con cui Ford ci fa respirare l'atmosfera di un mondo leggendario. Su tutti, quello in cui Fonda si dondola su una sedia sotto un portico, osservando la cittadina che ha deciso di pacificare. Pochi minuti che valgono come un manifesto di cinema antinarrativo e di autorialità in anticipo di parecchi anni su chi teorizzerà il concetto di cinema d'autore, e messo in pratica in piena epoca di dispotico studio-system.

(©L'Osservatore Romano 11 agosto 2013)

Thursday, August 01, 2013

Gli ho chiesto la forza この詩は「病者の祈り」のタイトルでよく知られている》

Gli ho chiesto la forza
e Dio mi ha dato difficoltà per rendermi forte.
Gli ho chiesto la saggezza
e Dio mi ha dato problemi da risolvere.
Gli ho chiesto la prosperità
Gli ho chiesto il coraggio
e Dio mi ha dato pericoli da superare.
Gli ho chiesto l'Amore
e Dio mi ha affidato persone bisognose da aiutare.
Gli ho chiesto favori
e Dio mi ha dato opportunità.
Non ho ricevuto nulla di ciò che volevo
ma tutto quello di cui avevo bisogno.
La mia preghiera è stata ascoltata.
Antica poesia indiana

I ASKED GOD
or
THE ANSWER TO ALL MY PRAYERS

叶えられた祈り

I asked God for strength, that I might achieve, I was made weak, that I might learn humbly to obey.
自ら成し遂げるために 強さを与えてほしいと、神に求めたのに
私は弱さを与えられた 神に従う謙虚を学ぶようにと

I asked for health, that I might do greater things, I was given infirmity, that I might do better things.
もっと偉大なことができるように 健康を求めたのに
私は病気を与えられた もっと善いことができるようにと

I asked for riches, that I might be happy, I was given poverty, that I might be wise.
幸せになれるように 富を求めたのに
私は貧困を与えられた 賢明になれるようにと

I asked for power, that I might have the praise of men, I was given weakness, that I might feel the need of God.
人々の賞賛を得ようとして 権力を求めたのに
私は弱さを与えられた 神の手助けを望むようにと

I asked for all things, that I might enjoy life, I was given life, that I might enjoy all things.
人生を楽しめるように あらゆるものを求めたのに
私は命を与えられた あらゆることを喜べるようにと

I got nothing I asked for. but everything I had hoped for.
求めたものはひとつとして与えられなかったが
私の願いはすべて聞き届けられた

Almost despite myself, my unspoken prayers were answered.
わがままばかりを望んだにもかかわらず
言葉にできなかった祈りはすべて叶えられた

I am among men most richly blessed.
私はあらゆる人の中で
もっとも豊かに恵みを受けたのだ

I ASKED GOD

I asked God for strength that I might achieve
I was made weak that I might learn humbly to obey

I asked for health that I might do greater things
I was given infirmity that I might do greater things

I asked God for riches that I might be happy
I was given poverty that I might be wise

I asked for power that I might have the praise of men
I was given weakness that I might feel the need of God

I asked for all things that I might enjoy life.
I was given life that I might enjoy all things

I got nothing I asked for but everything I hoped for;
In spite of myself my prayers were answered
I am among all men most richly blest.

(ニューヨーク大学リハビリセンター「Rusk Institute」の 建物に刻まれている作者不詳の詩)

大事を成そうとして力を与えてほしいと神に求めたのに、
慎み深く従順であるようにと弱さを授かった。
より偉大なことができるようにと健康を求めたのに、
より良き事ができるようにと病弱を与えられた。
幸せになろうとして富を求めたのに、
賢明であるようにと貧困を授かった。
世の人々の賞賛を得ようとして権力を求めたのに、
神の前にひざまずくようにと弱さを授かった。
人生を享楽しようとあらゆるものを求めたのに、
あらゆることを喜べるようにと生命を授かった。
求めたものは一つとして与えられなかったが、
願いはすべて聞き届けられた。
神の意にそわぬものであるにもかかわらず、
心の中を言い表せない祈りはすべてかなえられた。

私はあらゆる人の中でもっとも豊かに祝福されたのだ。

この詩は「病者の祈り」のタイトルでよく知られている》




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John Searle -Consciousness and Causality

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