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Friday, April 04, 2014

新福者ニューマンと信徒の地位・養成問題 — 糸永真一司教のカトリック時評

http://mr826.net/psi/blog/101125

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新福者ニューマンと信徒の地位・養成問題

作成者 P.Itonaga投稿日 2010年11月25日 00時00分 最終変更日時 2010年11月15日 16時13分
列福式を司式した教皇

さる9月19日、教皇ベネディクト16世は英国公式訪問の最終日、バーミンガムのコフトン・パークでのミサで、ジョン・ヘンリー・ニューマン枢機卿(1801-1890)を福者の列に加えた。なぜ今ニューマン枢機卿の列福なのか、その意味を考えてみよう。

正直言って、わたしはニューマン枢機卿について詳しいことは知らなかった。そこで、岡村祥子・川中なほ子編『J.H.ニューマンの現代性を探る』(南窓社2005年)を購入して読んだ。この本は、川中さんを会長とする日本ニューマン協会の20年にわたる研究の成果を10編の論文にまとめた好著である。
この本によると、枢機卿は英国国教会(聖公会)の家庭に生まれ、合理主義的な世界観と啓蒙思潮の影響を受けて育った。しかし、15歳にして福音主義の感化を受けて回心し、生涯独身の決意を固めた。そして、聖公会とカトリック教会との狭間で、教会の歴史研究から教会のカトリック性や使徒継承など、聖なる伝承に基づくエキュメニカルな刷新を求め、大学の理念や信徒の地位向上論など、現状認識からカトリック教会の近代化を訴えた。
1962年、第2バチカン公会議を招集した教皇ヨハネ23世は、「この公会議はニューマンの公会議である」と語ったという。これは、この本の執筆者の一人である西原廉太立教大学助教授の言であるが、もしこれが本当なら、教会刷新の父として、あるいは教会現代化の先駆者としてのニューマン枢機卿の役割がようやく結実の時を迎えたということであろう。今この小論で新福者の業績全体に触れるわけにはいかないので、その中から、教会における信徒の地位と役割に関する彼の主張を取り上げる。
44歳にしてローマ・カトリック教会に帰正したニューマンは、「教会は聖職者と信徒との共同体である」との信念から、あらゆる機会をとらえて信徒に対する尊敬と理解を表明し、生き生きとした教育のある信徒の重要性を説いてやまなかった。その一つの理由は、英国教会において信徒の位置と役割が重視されていたのに対し、カトリック教会においては、信徒の地位の低さと教育のなさに愕然としたからだという。
しかし、ニューマン枢機卿の訴えは、当時、歓迎されないばかりか、非難や抵抗に遭う。ようやく20世紀になって信徒神学が起こり、カトリック・アクションなどの信徒活動が推奨されるようになり、遂に第2バチカン公会議において信徒の地位と使命が解明された。まず、教会共同体において信徒は聖職者と平等の地位と尊厳を有することが宣言される。
「教会の中で、すべての人が聖性に招かれ、神の義のもとで同じ信仰を受けている。ある人々はキリストのみ旨によって他の人のための教師・秘義の管理者・牧者に立てられるのであるが、キリストのからだの建設に関するすべての信者に共通の尊厳と働きの点ではすべての人は平等である」(教会憲章32)。
信徒独自の使命については次のように述べる。「信徒によらなければ教会が地の塩となり得ない場所と環境において、教会を存在させ活動的なものとすることが、特に信徒に与えられた使命である」(教会憲章33)。
考えてみれば、18世紀以来、人類は近代合理主義や啓蒙思想の影響を受けて、人間理性の神からの独立志向や政教分離による国民国家の世俗主義(神離れ)が進む一方、信仰は公の場から締め出されて私的な世界に閉じ込められ、世間からいわば隔離された聖職者の影響は世の中、特に科学技術や政治や実業の世界には届かなくなった。だから、世俗社会の中にいる信徒たちの内側からの働きかけがなければ社会の福音化は進まない。ところがニューマン当時、そのための信徒の養成は行われず、聖職者の指導だけで十分だと考えられていた。この聖職者主義(clericalism )は、その後克服されたのだろうか。
ニューマンから一世紀、ヨハネ23世は、世俗の学問の発展に比べて信徒教育の出遅れを指摘せざるを得なかった。「あまりにもしばしば、多くのところで、宗教教育と一般の学問教育との間に均衡がなく、学問教育は高度に推し進められているのに、宗教教育は初歩の段階にとどまっている」(回勅『地上の平和』149以下参照)。これが平和回勅の言葉であること考えれば、専門知識と信仰の知識を併せ持つ高度に養成された信徒リーダーの不在ゆえに、二次にわたる世界大戦を食いとめることができず、世界平和構築に強いリーダーシップを取れなかったことへの痛切な反省の弁である。それからすでに半世紀。事態が抜本的に改善された証しはない。
ベネディクト16世は列福式の説教で新福者の信徒教育論を指摘したが(カトリック新聞の列福記事参照)、信徒養成について高邁な理想を掲げたニューマンを顕彰することが、今回の列福の一つの狙いであったことは間違いない。

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Thursday, November 08, 2012

Temi interessanti dal sinodo: universita', religiosi, Nicolas


http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350357

Il rettore della Pontificia Università Lateranense, il vescovo salesiano Enrico dal Covolo, non ha usato mezze misure per denunciare come "il cavallo di Troia, attraverso il quale gli Stati si appropriano delle intelligenze degli studenti, è la formazione dei docenti". Ed ha aggiunto: "In molti paesi i docenti sono formati unicamente nelle università statali, e comunque chi vuole insegnare deve possedere l'abilitazione statale conseguita secondo il percorso formativo stabilito dagli Stati e con esami di Stato. La progressiva scristianizzazione dell'Occidente è avvenuta così, attraverso la scristianizzazione delle scuole e delle università. Ora, una nuova evangelizzazione non può che avvenire nel riconoscimento delle persone, della loro coscienza, dei loro diritti. Se gli Stati, come spesso hanno fatto e continuano a fare, si appropriano del progetto personale di apprendimento, tolgono alle persone la libertà di realizzarsi, privandole di un diritto originario e costitutivo. Di conseguenza, una comunità ecclesiale che si impegna per una nuova evangelizzazione dovrà curare con urgenza e priorità il buon funzionamento delle scuole e delle università in genere, ma in modo tutto particolare di quelle cattoliche".

Il cardinale indiano Telesphore Placidus Toppo, arcivescovo di Ranchi, ha lanciato un allarme sulla situazione degli ordini religiosi. "Vorrei rivolgere – ha detto – un umile appello agli ordini religiosi, affinché diventino di nuovo missionari. Nella storia dell’evangelizzazione, tutti gli ordini religiosi, guidati dallo Spirito Santo, hanno fatto cose straordinarie e meravigliose. Possiamo dire lo stesso, oggi, delle congregazioni religiose? È possibile che abbiano iniziato a operare come multinazionali, svolgendo tanto lavoro buono e necessario per rispondere ai bisogni materiali dell’umanità, dimenticando tuttavia che il fine principale della loro fondazione era quello di portare il kerygma, il Vangelo, a un mondo perduto? Dobbiamo apprezzare i numerosi gruppi giovanili e i nuovi movimenti ecclesiali che stanno raccogliendo la sfida. Tuttavia, ritengo che questo sinodo debba invitare i religiosi e le religiose a svolgere in modo esplicito e diretto il lavoro di evangelizzazione e di trasmissione della fede, in collaborazione con i vescovi locali. Vorrei anche chiedere alla congregazione per la vita consacrata di essere più attiva nella promozione del 'sensus ecclesiae' tra tutti i religiosi".

Anche il prefetto della congregazione per i vescovi, il cardinale canadese Marc Ouellet, ha espresso critiche a proposito dei religiosi, quando ha notato che "nelle relazioni tra gerarchia e vita consacrata sono sorti non pochi disagi: talora per una certa ignoranza dei carismi e del loro ruolo nella missione e nella comunione ecclesiale, talaltra per l’inclinazione di alcuni consacrati alla contestazione del magistero".

Ma diametralmente opposto è apparso il giudizio formulato dal superiore del più numeroso degli ordini religiosi, il preposito generale della Compagnia di Gesù, Adolfo Nicolas, uno spagnolo vissuto a lungo in Asia. Leggendo il suo resoconto del sinodo sul mensile gesuita "Popoli" è facile notare la differenza di accenti rispetto all’indiano Toppo, soprattutto laddove padre Nicolas insiste sulla “santità” e la “salvezza” già presenti fuori della Chiesa visibile più che sul primario impegno di propagare la fede cristiana, auspicato dal cardinale.

Thursday, September 30, 2010

Cristianesimo e civilta' giuridica europea

Verita' e storicita' non necessariamente si escludono l'una con l'altra, ma, al contrario, continuamente si richiamano, perche' una Verita' astorica non toccherebbe gli uomini, che sono al contrario storici, mentre gli uomini a loro volta, cercano di non rimanere nel caos e nella violenza, ma di interpretare i fatti per trovare in essi una ragione, un bene e un male, un giusto e un ingiusto come l'intera storia della filosofia del diritto dimostra. L'Autore (N. IRTI, La tenaglia. In difesa dell'ideologia politica, Roma-Bari, Laterza, 2008) non ci conduce alla ( necessita' di una) Rivelazione, ma osserva molto pertinentemente che le tecniche non possono giustificare i fini che si pongono, e che dunque la giustificazione razionale di essi deve essere trovata altrove.
(...)
Il principio di lettura, se vogliamo la chiave ordinatrice, la password di questo criptato file che e' l'esistenza, non puo' appartenere soltanto all'esistenza stessa, proprio per la necessita' che cosi' avrebbe di essere spiegato di nuovo: e questo non e' un gioco di parole, ma un'esigenza logica.
(...)
La nostra ragione e' come una ragnatela: essa tesse i percorsi sinuosi delle logiche umane, disegnando cosi' reti nelle quali "intrappolare" le cose della vita, per comprendere il loro posto, il loro significato nell'insieme. Ma, proprio come una ragnatela si appoggia su punti ad essa esterni per reggersi, cosi' i nostri ragionamenti richiedono di poggiarsi su punti-forza esterni ad essi: essi si chiamano principi, e sono appunto gli inizi del nostro ragionare, proprio come gli assiomi della geometria, che non sono dimostrati, ma rendono possibile ogni dimostrazione. E "assioma" [gr: AXIOMA] significa letteralmente "degno di fede", di affidamento, di fiducia: esso e' un salto nel buio, una proposizione a cui aderiamo senza dimostrarla. (...) Sara' poi la congruita' o meno dei ragionamenti a partire da essi, e cioe' la loro rispondenza alla realta', a verificare. o a falsificare, i ragionamenti stessi. Infatti la nostra ragione non e' misura delle cose, ma al contrario le cose misurano la verita' o falsita' dei nostri ragionamenti (Cfr. Summa Theol., I-II, q.91, a. 3: Non ratio est mensura rerum, sed potius e converso.)


Quaderno N°3740 del 15/04/2006 - (Civ. Catt. II 105-208 )
Articolo
IL CRISTIANESIMO E LA CIVILTÀ GIURIDICA EUROPEA
Ottavio De Bertolis S.I.
Molti aspetti della cultura giuridica occidentale derivano dalle concezioni presenti nel diritto canonico: il rifiuto della sacralità del potere umano, e quindi la distinzione tra sfera religiosa e sfera politica; il concetto di persona come soggetto di relazione, che ha la sua radice nella Trinità; l’uguale dignità, e quindi la libertà di tutti a livello di individui e di popoli, per la presenza in ciascuno dello stesso Spirito di Cristo. In ogni caso il dato di fede non impone norme al legislatore civile, ma propone valori. L’Autore è professore nella Facoltà di diritto canonico della Pont. Università Gregoriana (Roma).

© Civiltà Cattolica pag.145-156

Proprio il problema della competenza delle competenze, ossia l'inevitabile storico dissidio tra potere secolare e spirituale, e' cio' che dimostra che "il nostro specifico ordinamento occidentale liberal-democratico e cresciuto in simbiosi e dialettica con uno specifico ordinamento morale" (P. PRODI, Una storia della giustizia, Bologna, Il Mulino, 1998, 463).
Qui stanno le radici della de-magnificazione del potere e dello sviluppo successivo delle liberta' costituzionali, Il che significa che per la sopravvivenza della nostra civilta' occidentale liberale e costituzionale e' necessario che la querelle sulla competenza delle competenze rimanga come tale: se infatto ci limitiamo "alla giustizia come ordinamento positivo e' la stessa civilta' liberale a soccombere" (p. 482).

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Truth 'and historicity' are not necessarily mutually exclusive with each other, but on the contrary, continually refer to each other, because a non-historical truth would not touch human beings, who are otherwise historical beings, while men in turn, try not to get into chaos and violence, but to interpret the facts to find reason in them, both good and evil, justice and injustice as the whole history of philosophy of law shows. The author (IRTI N., La tenaglia. In difesa dell'ideologia politica, Roma-Bari, Laterza, 2008 ) does not lead us to (the necessity of a) Revelation, but notes very pertinently that the techniques can not justify the ends posed, and therefore the rationale for them must be found elsewhere.
(...)
The principle of reading, if you want the ordering key, the password of this encrypted file and that is existence, can not' belong only to the same existence, because then that would have to be explained again, and this is not 'a play on words, but a requirement of logic.
(...)
Our reason is like a spider web: it weaves the winding paths of human logic, drawing so many networks in which "trap" the things in life, to understand their place, their meaning across. But, just like a spider web is supported by external stand point to it, so our reasonings require to be based on points-force external to them: they are called principles, and are just the beginning of our thinking, just as the axioms of geometry, which are not proven, but make possible every demonstration. And "axiom" [gr: Axiom] literally means "worthy of faith, reliance, trust: it is a leap in the dark, a proposition to which we adhere without proof. (...) Then fairness or otherwise of the reasonings from them, and that means 'their correspondence to reality', what will verify or lalsify the argument itself. In fact, our reason is not 'measure of things, but otherwise things measure the truth or falsity of our reason (cf. Summa Theol., I-II, q.91, a. 3: Non ratio est mensura rerum , sed potius e converso.)


Quaderno No. 3740 of 15/04/2006 - (Civ. Catt. II 105-208)
Article
CHRISTIANITY AND CIVILIZATION OF EUROPEAN LAW
Ottavio De Bertolis S.I.
Many aspects of Western legal culture derived from the concepts in the canon law: the rejection of the sacredness of human power, and thus the distinction between the religious sphere and political sphere, the concept of a person as a subject of the relation, which has its roots in the Trinity; the equal dignity, and therefore the freedom of everyone at the level of individuals and peoples, because of the presence in each of the same Spirit of Christ. In any case, the content of faith does not impose rules on civil law, but suggests values. The author is a professor in the Faculty of Canon Law of the Pont. Gregorian University (Rome).

© Catholic Civilization pag.145-156

It is exactly the question of competence of competences, that is the inevitable historic split between secular and spiritual power, that shows that "our particular Western liberal-democratic order and raised in symbiosis and dialectic with a specific moral order" (P . PRODI, A story of justice, Bologna, Il Mulino, 1998, 463).
Here are the roots of the de-magnification of power and the subsequent development of constitutional freedom which means that for the survival of our Western liberal constitutional civilization it is required that the controversy concerning the powers of powers remain as such because, when the we simply limit ourselves to "positive law and justice" 'liberal civilization itself' will succumb" (p. 482).

Friday, April 30, 2010

Laicita' e liberta' di religione

Forme e limiti della presenza pubblica della religione
Tra la libertà all'americana
e la laicità alla francese

È in libreria il volume Una alternativa alla laicità (Soveria Mannelli, Rubbettino, 2010, pagine 261, euro 14). L'autore ne ha sintetizzato i temi per il nostro giornale.

di Luca Diotallevi

In un momento come questo, nel quale per molte ragioni ci si interroga su forme e limiti della presenza pubblica della religione, rischi seri si nascondono dietro l'abitudine a ritenere "ovvio" che le risposte vadano cercate nello spazio della laicità. Magari a volte si tenta di ridefinire la laicità con qualche aggettivo, ma di essa quasi mai si mette in discussione il rango di modello, se non per dar spazio a nostalgie indifendibili.
Tuttavia il confronto in atto esige anzitutto una radicale relativizzazione della laicità.
Per corrispondere alla istanza di separare poteri politici e poteri religiosi, quello della laicità non è affatto l'unico paradigma a disposizione, né l'unico che la modernità ci offra, e neppure l'unico che la modernità europea abbia elaborato e sperimentato. Possiamo infatti non dirci laici senza con ciò necessariamente fuoriuscire dallo spazio culturale e civile della modernità, anche nella sua versione europea.
La relativizzazione della laicità, la sua riduzione a una tra le possibilità a disposizione, comincia con il riconoscimento della reciproca eterogeneità tra il suo paradigma e quello della libertà religiosa. Laïcité e religious freedom rimandano a modi di separare poteri politici e poteri religiosi reciprocamente irriducibili. L'una non è un grado dell'altra, sono semplicemente due cose del tutto diverse. Rispettivamente, nella legge del 1905 - ma già nelle politiche ecclesiastiche della Rivoluzione Francese a partire dalla Constitution civile du clergé - e nel Primo Emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti d'America (definitivamente approvato nel 1791) è possibile osservare con chiarezza che tra laïcité e religious freedom si manifestano differenze radicali. Una tale differenza, di specie e non di grado, permarrà nelle tradizioni culturali e nelle esperienze storiche che procederanno da quegli eventi e non sarà attenuata dal semplice ricorso a qualche aggettivo.
Innanzitutto la laïcité persegue la privatizzazione della religione mentre la religious freedom riconosce dignità pubblica alle istituzioni religiose. Nella laïcité il "muro di separazione" tra politica e religione corre lungo la linea tra spazio pubblico e spazio privato, confinando la religione entro quest'ultimo. Nel modello della religious freedom lo stesso "muro" corre attraverso lo spazio pubblico.
Anche in questo modo la laïcité si rivela organica a una idea "monarchica" di ordine sociale, realizzata dallo "Stato" come dominio della sola politica sull'intero spazio pubblico. Al contrario, la religious freedom si rivela organica a un'idea "poliarchica" di ordine sociale. Nello spazio pubblico operano diverse istituzioni (politiche, economiche, familiari, scientifiche, religiose, e così via) che reciprocamente si limitano e anche in questo modo servono la libertà e la responsabilità personale. Il Primo emendamento fa della separazione tra poteri politici e poteri religiosi e del riconoscimento della espressione pubblica delle fedi in parole, riti e opere la pietra angolare di questa idea di ordine sociale. Nella laïcité la libertà religiosa finisce con l'essere un caso particolare di altre libertà e innanzitutto della libertà di coscienza, mentre nella religious freedom, la libertà religiosa fonda e garantisce le altre libertà.
Ancora, la laïcité nasce e vive in un regime di civil law, in un contesto nel quale lo "Stato" (superiorem non recognoscens) esercita la propria sovranità anche sul diritto, riducendone il fondamento alla propria legge; al contrario la religious freedom nasce e viene costantemente amministrata in un regime che ha ancora tratti peculiari della common law e della non pura e semplice riduzione del diritto alla legge positiva.
Infine, ma si potrebbe continuare, la religion civile francese è una vera alternativa a ogni religione di chiesa, e in particolare al cristianesimo, mentre la civil religion americana no, restando semplice e non autonomo tessuto di valori condivisi espressione della sinergia di istituzioni di vario genere. La religion civile di Rousseau esprime un tratto arcaico - in fondo contraddittorio - che dal giacobinismo transiterà a tutti i totalitarismi del xx secolo. Lo "Stato" produce la religione di cui abbisogna per tenere unita e soggetta la società che controlla. La religion civile è religione della politica in senso soggettivo e oggettivo. Lo "Stato" nella laïcité esprime dei confronti della religione quello stesso atteggiamento di negazione della libertà e della multiformità del sociale (Compendio della dottrina sociale, 151) che nei confronti dell'economia esprime negando il mercato.
Negare la eterogeneità che sussiste tra i paradigmi della laicità e della libertà religiosa espone a gravi rischi.
Espone al rischio della ideologia in quanto semplificazione della realtà in funzione del mantenimento di un certo assetto sociale. Si tratta dello stesso rischio che torna ogni volta che dell'illuminismo si parla al singolare. Alla radice non vi è tanto la negazione del contributo del cristianesimo alla modernità, quanto l'occultamento del fatto che dal permanere di una dialettica tra cristianesimo e modernità dipende il primato nella modernità e nell'illuminismo dello spirito critico e autocritico sulle istanze razionalistiche.
Negare la eterogeneità di laicità e libertà religiosa espone al rischio di una pericolosa deformazione della coscienza europea. Questa non si può infatti accontentare neppure del riconoscimento della differenza tra modello americano e modello francese, ma esige che si riconosca la fonte più importante del Primo emendamento nella "gloriosa rivoluzione" inglese di fine Seicento. Il modello della libertà religiosa è "europeo" né più né meno di quello della laicità, la quale dunque non può pretendere esclusiva sulla identità e sulla modernità europea, né primogenitura di sorta.
Come le lezioni di giuristi quali Augusto Barbera e, ancor più, Giuseppe Dalla Torre ci insegnano, se si resta sensibili a tali differenze si può sfuggire al rischio di una forzata interpretazione "francese" della Costituzione italiana, cui probabilmente non è scampata del tutto neppure la famosa sentenza della Corte Costituzionale del 1989, la quale indicava nella laicità un principio costituzionale anche se nel testo del 1948 di quel modello erano assenti molti tratti essenziali oltre che il termine stesso.
Una adeguata relativizzazione della laïcité sarebbe di non poco aiuto anche per la coscienza ecclesiale e la ricerca teologica, al fine di evitare che, magari inavvertitamente, sia quel paradigma a orientare la riflessione sui "laici" e sulla Chiesa come Popolo di Dio. D'altro canto, relativizzare la laicità aiuta a comprendere anche il valore e lo spessore dell'orientamento di fondo in materia di rapporti tra politica e religione assunto dal Vaticano ii - in particolare nella Dignitatis humanae - e seguito dai Pontefici successivi, un orientamento per il paradigma della libertà religiosa.
Relativizzare la laicità può risultare utile ancor più in generale mentre affrontiamo le sfide nuove da cui dipende il futuro di tutti. Il modello della libertà religiosa ci aiuta a guardare oltre la stagione dello "Stato" e della sua sovranità e a ricercare assetti di governance "poliarchici" (Caritas in veritate, 57); con la cultura della laicità sopravvivono invece nostalgie per una stagione ormai chiusa e uno spirito di mera opposizione alle "nuove cose nuove".


(©L'Osservatore Romano - 30 aprile 2010)