Tuesday, March 23, 2010

Desiderio

Porsi degli obiettivi da soddisfare costituisce uno degli elementi fondamentali della vita spirituale

Un motore chiamato desiderio

Pubblichiamo stralci di un articolo appena uscito sull'ultimo numero della rivista dei gesuiti "La Civiltà Cattolica".

di Giovanni Cucci

Parlare di "desiderio" a proposito della vita spirituale potrebbe suscitare disagio, ritenendo che lasciare libero corso a esso condurrebbe a una vita senza freni e schiava degli impulsi, disattendendo i valori scelti. Il desiderio potrebbe anche rievocare le sofferenze più forti ricevute nella vita: un affetto non corrisposto, un'amicizia tradita, un bel gesto incompreso, una serie di situazioni in cui l'apertura di sé e l'espressione di ciò che si aveva di più caro ha comportato ferite profonde. Da qui la tentazione di concludere che una vita senza desideri sarebbe più tranquilla, ordinata e stabile.
Il desiderio non può essere cancellato così facilmente. Desideri e affetti, nel loro binomio inseparabile, costituiscono l'elemento basilare della vita psichica, intellettuale e spirituale, sono la sorgente di ogni attività; pur apparendo talvolta un insieme caotico e complicato, essi rimandano a realtà fondamentali e necessarie, che danno sapore alla vita, perché la rendono interessante, "gustosa". San Tommaso associa con acume il desiderio allo stesso atto della vista, un'operazione essenzialmente selettiva, che si sofferma su ciò che cattura il cuore.
Il desiderio occupa inoltre un posto fondamentale nella stessa rivelazione biblica, a differenza di altre tradizioni religiose, al punto da costituire un elemento specifico della relazione con Dio: "La perfezione suprema per il buddismo è "uccidere il desiderio". Gli uomini della Bibbia, anche i più vicini a Dio, quanto appaiono lontani da questo sogno! Al contrario, la Bibbia è piena del tumulto e del conflitto di tutte le forme del desiderio. Certo, è ben lontana dall'approvarle tutte (...), ma in tal modo prendono tutta la loro forza e danno tutto il suo valore all'esistenza dell'uomo".
D'altra parte, tutte queste precauzioni e timori mostrano per contrasto la potenza e il ruolo del desiderio nella vita. Esso è veramente in grado di accendere tutto l'essere, dando gusto, forza, coraggio e speranza di fronte a decisioni e difficoltà. Come osserva R. May: "Il desiderio porta calore, contenuto, immaginazione, gioco infantile, freschezza e ricchezza alla volontà. La volontà dà l'auto-direzione, la maturità del desiderio. La volontà tutela il desiderio permettendogli di continuare senza correre rischi eccessivi. Ma senza desiderio, la volontà perde la sua linfa vitale, la sua vitalità e tende a estinguersi nell'autocontraddizione". Spesso è proprio la mancanza del desiderio a costituire lo spartiacque tra un progetto riuscito, coerente e duraturo, e le mille velleità e buoni propositi. Il desiderio infatti, parafrasando lo psicologo Kubie, consente di attuare l'unico tipo di trasformazione duraturo, cioè "cambiare nella capacità di cambiare": ciò consente di riportare ordine nel disordine. Quando il desiderio è vero, autentico, conduce a operare una radicale ristrutturazione, a "mettere ordine nella propria vita", come direbbe sant'Ignazio, giungendo ad essere un uomo capace di gustare e godere di essa, in altre parole di essere contento.
Ma che cosa si intende con il termine "desiderio"? E come è possibile riconoscerne la possibile autenticità e profondità? In ambito psicologico si distingue anzitutto "desiderio" da "bisogno". Il desiderio, a differenza del bisogno, ha una radice più sottile e complessa, legata alla storia, alla memoria, agli affetti dell'individuo: esso ha anche a che fare con la fantasia e non è facilmente concretizzabile in un oggetto immediato, come avviene invece nel bisogno. Sarebbe dunque riduttivo identificare il desiderio col piacere o con l'appagamento sessuale; esso è piuttosto un elemento che attraversa tutti gli aspetti della vita, intellettuale, spirituale, relazionale, ludico. C'è un elemento di continuità nel desiderio che indica una direzione, un percorso, un senso al vivere, a differenza del bisogno che è puntuale, limitato, circoscritto e di breve durata.
Ma è possibile elaborare una "graduatoria" dei desideri per riconoscerne la validità e la verità? La gravità di questi interrogativi, irrinunciabili, mostra, oltre all'importanza di conoscere i propri desideri, anche l'aiuto efficace che può giungere da un percorso di vita spirituale. È infatti nella lettura e interpretazione del desiderio che il discorso psicologico incontra alcuni elementi fondamentali della vita spirituale, come l'ascesi e la rinuncia: esse non sono da intendersi come nemiche del desiderio, ma come un percorso di verifica e maturazione di ciò che veramente vale, tralasciando quanto, pur attraente, toglie gusto alla vita, lasciando la persona in balìa del capriccio. Presupposto indispensabile a questo lavoro è la fiducia che i desideri profondi troveranno un loro compimento e una loro realizzazione adeguata. Ciò implica una concezione della vita e del mondo all'insegna dell'ordine e del senso, per cui valga quindi la pena impegnarsi e faticare. Non a caso il desiderio è anche un simbolo potente per riconoscere la presenza di Dio nella propria vita; lo stesso Vangelo può essere presentato come una fondamentale educazione ai desideri. Si pensi, per esempio, alla domanda iniziale di Gesù nel Vangelo di Giovanni: "Che cercate?" (1, 38), una domanda che invita a fare chiarezza nel cuore prima della sequela. Anche nel contesto proprio del miracolo, Gesù rimanda al desiderio; quando si trova di fronte al paralitico della piscina di Betzatà gli chiede anzitutto: "Vuoi guarire?" (Giovanni, 5, 6). Non è una domanda scontata, e infatti il malato non vi risponde, ma continua a parlare dei problemi che gli sono familiari, i problemi della giornata tipica del paralitico. "Guarire" significa fare i conti con la paura di perdere una situazione magari disagevole ma nota, per iniziare una vita nuova. Perché ci sia un cambiamento non basta dunque "stare male", essere esasperati: occorre soprattutto il desiderio convinto di introdurre una novità nella propria vita, essendo disposti ad affrontarne il costo. Ponendo questo interrogativo, Gesù invita a riconoscere che cosa è importante desiderare nella vita, come guida per ogni passo ulteriore, di guarigione e di salvezza. Come conoscere dunque la possibile verità e profondità del proprio desiderio?
Un primo criterio di valutazione è la sua durata nel tempo. Il desiderio profondo non si spegne con il passare del tempo, ma anzi come il granello di senapa della parabola (cfr Marco, 4, 31 s) cresce sempre più. Le difficoltà e gli insuccessi solitamente non spengono il desiderio profondo, ma semmai lo rafforzano; è come quando si ha sete, se non si trova da bere, non per questo si rinuncia, anzi a un certo punto ciò finisce per occupare tutto il corso dei pensieri e dei progetti.
Questa caratteristica era stata ben riconosciuta dai Padri della Chiesa. San Gregorio Magno riscontra nei tentativi di Maria Maddalena di trovare il Signore al sepolcro la dinamica del desiderio spirituale, che cresce e si rafforza nonostante le difficoltà: "Cercò dunque una prima volta, ma non trovò; perseverò nel cercare, e le fu dato di trovare. Avvenne così che i desideri col protrarsi crescessero, e crescendo raggiungessero l'oggetto delle ricerche. I santi desideri crescono col protrarsi. Se invece nell'attesa si affievoliscono è segno che non erano veri desideri".
Sant'Ignazio di Loyola compie la prima fondamentale esperienza di Dio ascoltando il proprio cuore e notando questa strana alternanza: i desideri mondani vengono assimilati facilmente, ma non hanno durata e alla fine lasciano vuoti, con l'amaro in bocca. Il desiderio di Dio ("andare a Gerusalemme a piedi nudi, non cibarsi che di erbe, praticare tutte le austerità che aveva conosciute abituali ai santi") invece presenta inizialmente una certa resistenza, ma una volta accolto reca pace e serenità profonde, che durano nel tempo. Quando racconta quest'esperienza, erano trascorsi più di 30 anni, eppure il desiderio di Gerusalemme continuava a riempire e a infiammare il cuore di Ignazio.
In secondo luogo è importante notare se da un desiderio ne nascono altri, che diventano di aiuto e stimolo per attuare altre cose, altrettanto buone. È la "circolarità" propria dello spirito: si nota, ad esempio, che intraprendere un'attività caritativa aiuta a vivere meglio altri momenti della giornata, come la preghiera, lo studio, le relazioni. È un'altra maniera di notare come il desiderio cresce con il tempo, pacificando e rasserenando. Per poter compiere ciò è tuttavia indispensabile fermarsi e mettere una certa distanza rispetto al vissuto interiore. È come quando si vuole osservare nel suo insieme una città, una regione: occorre guardarla da lontano. Per sant'Ignazio questo momento di stacco nei confronti del vissuto era dato dall'esame di coscienza, un invito a rivedere la propria giornata da un punto di vista particolare, notando, ad esempio, i desideri che l'hanno accompagnata. La rilettura della propria vita è uno dei gesti più sacri e importanti che si possano compiere, un gesto purtroppo spesso disatteso, o attuato troppo tardi, prima di morire. Poterlo compiere con calma e, come suggerisce Ignazio, in spirito di ringraziamento, aiuta non solo a riconoscere i desideri profondi, ma anche a purificarli, vivendo diversamente i propri fallimenti.
È importante comunque che questo confronto comprenda anche una persona esperta e istruita a proposito delle realtà spirituali. Tale persona dovrebbe essere soprattutto capace di ascolto: spesso non è necessario dire molte cose, perché chi racconta, nel momento stesso in cui parla, vede dispiegarsi davanti a sé il vissuto, raggiungendo quello che Ricoeur chiama "la propria identità narrativa". Ci si conosce soltanto raccontandosi a un altro, in un contesto di gratuità accogliente, senza l'assillo del dovere o l'angoscia del giudizio. L'accompagnamento spirituale non è finalizzato a ottenere una risposta a buon mercato su di un problema immediato, ma è un lavoro lento, profondo e faticoso, di indubbio aiuto per la conoscenza di sé anche dal punto di vista umano.
Un frutto prezioso di questa lettura è anche di saper imparare dagli errori commessi, una caratteristica, questa, propria dei santi. Come la scienza e la civiltà, anche la vita spirituale di ciascuno procede per tentativi ed errori; lo stesso peccato racchiude un insegnamento, e finché esso non viene colto, si rischia di restarne prigionieri. Quando invece si giunge a decifrare il valore simbolico di un desiderio che si presentava come "cattivo", esso stranamente perde il suo potere "magico", compulsivo verso il male, rivelando quel bene di cui si era da sempre alla ricerca, come avevano notato i maestri spirituali: "Una volta che si è messo a nudo il desiderio fondamentale - che è sempre desiderio di un assoluto d'amore - (...) i mille piccoli desideri apparentemente cattivi che gli servivano da esca perdono il loro potere di fascinazione e non sono più provati come una "vertigine" quasi irresistibile o come "pericolosi", contrariamente a quanto sembravano essere prima".
Lungi dunque dall'essere preda del materialismo più sfrenato, il mondo dei desideri rimanda essenzialmente alla dimensione spirituale, trascendente, perché invita a uscire da se stessi, a elaborare un progetto, a scommettere su di esso, anche con sacrificio, portando a compimento quanto sta realmente a cuore, perché capace di dare senso, cioè significato e direzione, alla propria vita.


(©L'Osservatore Romano - 22-23 marzo 2010)

Saturday, March 13, 2010

Perdono

Carlo M. Martini, Prove e consolazione del prete, Ancora, 2010, 89-93


Matteo, 18,21 Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». 22 E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.

E' un brano che mi colpisce, mi intriga. che cosa vuol dire che devo perdonare fino a settanta volte sette? Certo significa che dev'essere un esercizio molto frequente; se pensiamo che il parallelo di Luca aggiunge "al giorno" (17,4), è necessario perdonare ogni tre minuti, settanta volte sette per un giorno sono ogni tre minuti, giorno e notte.
Dunque Gesu'spiega ampiamente la sua risposta nella parabola successiva (18,23-35), la parabola del servo spietato. Si tratta di una lunga parafrasi che sta a sottolineare l'importanza assoluta del perdono: come mai tu, perdonato per diecimila talenti, osi non perdonare il tuo consrvo che ti deve solo cento denari? E che parli di quotidianita' lo leggiamo in Matteo 6, dove insegna la preghiera del Padre nostro; dopo aver detto: "Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori"(11-12). Siamo perdonati continuamente e quotidianamente e percio' dobbiamo esercitarci nel perdono. E' significativo che l'unica spiegazione data da Gesu' dopo il Padre nostro riguarda proprio il perdono: "Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe"(14-15).
(...)
Per che cosa perdonare? Per tutto cio' che non ci va nella vita, per tutto cio' che ci scontenta e che e' molto nel nostro cammino quotidiano. E a chi?
Siamo sempre un po' scontenti di noi stessi perche' ci accorgiamo di non essere mai all'altezza delle situazioni, delle speranze, dei desideri, delle illusioni, e facciamo fatica a perdonarci; per lo piu' passiamo sopra, cerchiamo di non pensarci, ma non perdoniamo.
Siamo scontenti degli altri quando non rispondono ai nostri inviti, quando non ci capiscono, non ci danno retta, quando non vivono con noi un rapporto sereno, collaborante. Talora ci arrabbiamo apertamente, ma di solito, volendo conservare un contegno corretto, ci teniamo dentri piccoli malumori, piccole amarezze che via via si accumulano e raramente diventano oggetto di perdono.
Addirittura siamo scontenti di Dunque il carico delle cose in cui possiamo vivere l'esperienza del perdono e' molto grande: a noi, agli altri, a Dio. E possiamo viverlo in un processo non necessariamente formale (quasi prendendo le cose una per una), bensi' nel risanamaento dai rancori dell'inconscio attraverso quella pazienza e accettazione quotidiana che e' appunto l'abbandono. L'abbandono e' intessuto di perdono in quanto ci permette di vedere il lato giusto, sereno, pacificante, confortante anche la dove ci sono pesi, fatiche, frustrazioni. L'abbandono e' capacita' di prendere bene tutto cio' che ci accade, tutto cio' che incontriamo e con cui, di primo acchito, ci scontriamo.

"A ogni offesa dell'amore, a ogni ferita, c'e' un perdono da dare o da ricevere, per non procedere ricurvi, diffidenti, tristi, per non scegliere un comportamento che si maschera e si chiude in tuoli, modelli e meccanismi di difesa, che spesso hanno le loro radici nei risentimenti e nel perdono non dato. Se esaminiamo tanti atteggiamenti nostri e altrui, ci accorgiamo di fatto che le chiusure di dialogo e i meccanismi di difesa hanno spesso la radice in risentimenti non sanati. Quante volte ci domandiamo: Perche' mi chiudo e non so comunicare? Perche questo disagio e malessere? E' possibile che la risposta stia proprio nella mancanza di perdono, che ci incatena a situazioni passate, di cui abbiamo dimenticato l'origine, o forse e' il presente che ci rimanda a situazioni spiacevoli del passato. Ed ecco allora come il Signore ci perdona; il Signore puo' cancellare i nostri turbamenti e cosi' il disagio e l'angoscia che ci attanagliano. Nella preghiera puo' farci affiorare dettagli precisi che perderanno l'acre dei cattivi sentimenti proprio perche' avremo con noi la Sua presenza. Ogni cosa della nostra vita dev'essere da noi accettata nella pace di un cuore che anela a essere guarito da Dio" (S. Cherubini, Il fiume della nostra vita, Edizioni ADP, Roma 1998, pp. 42-43).

Sunday, March 07, 2010

Distinzione tra Pelagio e pelagianesimo, Nestorio e nestorianesimo

Si può discutere – e oggi si discute tra gli studiosi – se il santo abbia interpretato correttamente il pensiero del monaco Pelagio. Ma questo non dovrebbe sorprenderci. I Padri che si sono trovati a combattere delle eresie hanno spesso esplicitato quelle che (dal loro punto di vista!) erano le implicazioni logiche di una certa dottrina, senza tener conto sempre del punto di vista e del linguaggio diverso dell’avversario. Erano più preoccupati della dottrina che delle persone, della verità dogmatica che di quella storica. Agostino, anzi, si mostra assai più rispettoso e cortese nei riguardi di Pelagio di quanto non lo fosse, per esempio, Cirillo d’Alessandria nei confronti di Nestorio.

La rivalutazione moderna di autori come Pelagio o Nestorio non significa dunque minimamente rivalutazione del pelagianesimo o del nestorianesimo. Questa distinzione ha contribuito, in tempi recenti, al ristabilimento della comunione con le chiese cosiddette nestoriane o monofisite d’oriente.


Prima predica di padre Cantalamessa per la Quaresima 2010
venerdì, 5 marzo 2010 (ZENIT.org).

Friday, March 05, 2010

Civilta' cristiana

E’ vero che il cristianesimo ha generato civiltà?

di padre Piero Gheddo*

ROMA, giovedì, 4 marzo 2010 (ZENIT.org).- La globalizzazione dell’umanità ha portato alla ribalta un interrogativo importante, a cui ancora non si dà una risposta accettata dalla cultura corrente: come mai il “mondo moderno” è nato in Occidente e si sta diffondendo in tutto il mondo? E perché è accettato da tutti i popoli e preferito ai loro modi tradizionali di vita?

Oppure, in altre parole: perché dalla caduta dell’Impero romano l’Occidente ha conosciuto un’evoluzione che l’ha portato per primo a quelle caratteristiche del “mondo moderno”, nelle quali tutti i popoli vorrebbero vivere?

Caratteristiche sintetizzabili in pochi concetti: libertà, democrazia, progresso scientifico-tecnico ed economico-sociale, diritti dell’uomo e della donna, stabilità e sicurezza nei singoli paesi, istruzione e assistenza sanitaria per tutti, giustizia basata sulle leggi e non sull’arbitrio dei più forti, giustizia sociale fra ricchi e poveri, pace fra i popoli e le nazioni.

Ecco il volume che dà una risposta articolata e documentata: Rodney Stark, “La vittoria della ragione. Come il cristianesimo ha prodotto libertà, progresso e ricchezza” (Lindau Torino 2008, pagg. 377, Euro 24,00).

Il sociologo americano delle religioni Rodney Stark ha esaminato le molte risposte che si danno all’interrogativo: la posizione geografica e il clima dell’Europa, la scoperta di altre terre e continenti, la colonizzazione, l’evoluzione storica e culturale favorevole al progresso, il pensiero greco-romano e tante altre.

E giudica che tuttavia queste risposte non spiegano perché l’Occidente è progredito e le altre parti del mondo sono rimaste per millenni bloccate nello sviluppo. Basti pensare alle grandi civiltà di Cina, India, Giappone, Vietnam, Corea, Paesi arabi e islamici, Americhe pre-colombiane, dove non c’è stato nemmeno l’inizio di quei processi storici che hanno portato l’Occidente alla supremazia.

Rodney afferma con chiarezza: “E’ stato il cristianesimo a creare la civiltà occidentale. Il mondo moderno è arrivato solamente nelle società cristiane. Non nel mondo islamico, non in Asia. Non in un società 'laica', perchè non ne sono esistite. Tutti i processi di modernizzazione finora introdotti al di fuori del cristianesimo sono stati importanti dall’Occidente, spesso attraverso colonizzatori e missionari” (pag. 343).

Questo fatto storico che non si può smentire, viene documentato in un modo non religioso, ma laico. Sono stati il Vangelo, il pensiero dei Padri della Chiesa e la teologia cristiana la vera origine del progresso dell’Occidente e del mondo intero.

Mentre le grandi religioni hanno posto l’accento sul mistero, sulla meditazione, sull’astrologia e la fuga dalla realtà, il cristianesimo è nato dalla Rivelazione di Dio e attraverso la Bibbia e Cristo ha affermato il valore assoluto della singola persona umana “creata ad immagine di Dio”, abbracciando la logica e il pensiero deduttivo e aprendo la strada alle scienze e al progresso moderno.

Un secondo volume recente sembra quasi la continuazione del precedente: Thomas E Woods, “Come la Chiesa cattolica ha costruito la civiltà occidentale” (Cantagalli, Siena 2007, pagg. 270, Euro 18, 50).

Thomas E. Woods, anch’egli docente universitario americano, risponde allo stesso interrogativo che si pone l’autore precedente: come mai il “mondo moderno” è nato in Occidente e si sta diffondendo in tutto il mondo? Perché viene accettato da tutti i popoli e preferito ai loro modi tradizionali di vita?

Dimostra, in modo molto concreto, diciamo storico, come le varie “novità” che hanno fatto grande l’Occidente, sono dovute non solo alla Parola di Dio e a Gesù Cristo, ma alla Chiesa cattolica che nel corso dei secoli ha sostenuto quei principi e modelli evangelici, a volte pur nelle infedeltà di Papi, vescovi, sacerdoti e credenti in Cristo.

La Chiesa è un’istituzione ispirata da Dio, ma fatta da uomini. Il volume percorre in vari capitoli la storia dell’Occidente, dalla caduta dell’Impero romano alle invasioni dei popoli “barbari” fino ai nostri tempi.

Dopo l’Impero romano, in secoli di sbandamento dei popoli occidentali, i monaci salvarono la civiltà (capitolo I), poi la Chiesa fonda le Università, la vita accademica e la filosofia scolastica (capitolo II), poi ancora le scienze moderne e l’arte moderna, il diritto internazionale, l’economia e il capitalismo; le opere di assistenza per i poveri e “come la carità cattolica ha cambiato il mondo”.

Gli ultimi capitoli “La Chiesa e il diritto occidentale”, “La Chiesa e la moralità occidentale”, dimostrano, ripeto, con fatti storici concreti, come la Chiesa cattolica è all’origine, ad esempio, della separazione tra Chiesa e Stato (non così le Chiese ortodosse e protestanti), dell’abolizione della schiavitù, della condanna dei “duelli d’onore”, della promozione dei “diritti dell’uomo” e via dicendo.

Infine, Thomas E. Woods esamina come vive “un mondo senza Dio” com’è oggi l’Occidente che si è staccato dal Vangelo e dal modello di Cristo, a volte ha anche perseguitato o marginalizzato la Chiesa cattolica, presentandola come nemica del progresso. Oggi, addirittura, l’Unione Europea non riconosce le “Radici cristiane” della nostra civiltà. Una menzogna e assurdità storica.

Formidabili le ultime pagine del libro, dove l’autore parte dall’affermazione di Nietzsche: “Il rifiuto dell’idea che il mondo sia stato creato da Dio per uno scopo…. rende l’uomo più libero di dare alla vita il significato che vuole darle. La vita così non ha alcun altro significato”.

E Woods spiega, col trionfo di questa idea nel mondo secolarizzato e praticamente ateo di oggi, la degenerazione e la disumanità dell’arte, dell’architettura e di molte altre espressioni dell’uomo, fino al nichilismo di Jean-Paul Sartre (l’universo è assolutamente assurdo e la vita stessa completamente priva di significato), che esprime bene la cultura trionfante dell’Occidente moderno, sempre più arido, vecchio e pessimista. Cioè, così com’è, l’Occidente è senza futuro.

Prima di pensare o dire che tutto questo è “trionfalismo”, bisogna prima leggere il volume e controbattere le prove storiche che vi sono portate. Non con ragionamenti, luoghi comuni e chiacchiere, ma con altre prove storiche che rispondono all’interrogativo posto dai due volumi.

Wednesday, March 03, 2010

Japan Usa China 日米中

記者の目:正三角形論は日米「破談」=重村智計

 韓国の金大中(キムデジュン)元大統領は、2000年の南北首脳会談で「金正日(キムジョンイル)総書記に、在韓米軍を国連平和維持軍に替える提案をした」と明らかにした。この発言に米国は怒った。「米韓同盟の終了」を意味したからだ。国連平和維持軍は紛争当事者に対して中立を求められる。北朝鮮が攻めて来ても、米国は北朝鮮を攻撃できない。盧武鉉(ノムヒョン)前大統領はその後、在韓米軍撤退にまで言及した。だから、米ブッシュ政権は、韓国大統領府を「タリバン」と呼んだ。

 日米関係の悪化で、米大統領側近は「鳩山政権もタリバンか」と語った。民主党首脳陣が、日米中「正三角形の関係」を強調したからだ。それは「日米同盟の終了」を意味する。日本は米中のように覇権を競う核大国でないから、正三角形になりえない。それより3国の、同時に良好なシステムの実現が大切だ。そのためには日米同盟が必要だ。

 日米同盟は89年に冷戦が終了して以来、漂流を続けている。ロバート・ゼーリック国務次官(当時、現世銀総裁)はその危機を指摘していた。彼は89年、「同盟を維持する条件は(1)共通の敵と(2)共通の価値観--の二つだが、日米同盟は、冷戦終結で共通の敵と共通の価値観を失いつつある」と述べた。

 日米同盟を救ったのは北朝鮮だった。北朝鮮は、核とミサイル開発、日本人拉致で、「日米共通の敵」になった。冷戦終了からの20年間、日米同盟を維持できたのは、北朝鮮のおかげであった。

 故マンスフィールド駐日米大使は「日米関係ほど重要な国際関係はない」との言葉を残した。この言葉には「米国にとって」との意味が強く含まれている。だが、日本にとっても「日米関係ほど重要な国際関係はない」のである。

 日本の近現代史は米国のおかげで幸運であった。近代日本をグローバル化に導いたのはペリー提督であった。米議会はペリー艦隊に発砲を禁じていた。米議会が欧州の植民地主義を嫌っていたからだ。

 日本の敗戦時に、旧ソ連のスターリン共産党書記長はトルーマン米大統領に、日本分割統治を要求した。米国は断固拒否した。もし受け入れていたら、日本はドイツや朝鮮半島のような分断国家になっていた。戦後の日本は、アジアで最も早く民主主義と市場経済を実現し、人権尊重の政策を取り、経済成長を果たした。世界史の先端を行く価値観と政治システムを導入できた。日米同盟の成果であった。

 戦争と紛争は、なぜ起きるのか。約2400年前に、ギリシャの歴史家ツキジデスは「ペロポネソス戦争」を分析した著書「戦史」で、「過度の恐怖が、戦争の原因」との理論を示した。最近になって、ツキジデスの研究者である米国のドナルド・ケーガン教授は「恐怖に加え、指導者の判断ミスが紛争の原因」と明らかにした。ブッシュ前米大統領のイラク攻撃からベトナム戦争、朝鮮戦争、湾岸戦争、そして太平洋戦争も、原因はいずれも指導者の判断ミスと過度の恐怖である。

 政権交代では、まず「前政権の外交合意は守る」というのが国際常識である。その上で数年をかけて沖縄基地の追加削減交渉をすべきだった。

鳩山由紀夫首相は、オバマ米大統領との個人的な信頼関係構築にもっと努力すべきだ。現代は首脳外交の時代だ。年に何度も首脳会議が開かれる。そこでは首脳同士の個人的な信頼関係が最も重要になる。

 世界の歴史で、日本ほど安全で幸運な国はなかった。外敵の侵略を受けたのは、わずかに元(げん)による攻撃だけ。第二次世界大戦では自ら国を滅ぼしたが、原因は指導者の判断ミスであった。

 国家の発展を支えるのは、経済力と技術力、そして世界史の先端を行く価値観と文化、教育力と政治システムである。日本はいま、議院内閣制の限界に直面している。統治システムが、世界史の発展に追いつけない状況にある。

 そのためか、「中国がやがて世界を支配する」との思いが民主党内にはあるようだ。これは間違いだ。中国は民主主義も実現できず、人権問題を抱え、6億人を超える極貧層がいる。世界からなお尊敬されず、世界史を導く価値観や文化を生み出していない。その「中国が世界を支配する」というのは、「過度の恐怖」か「判断ミス」である。

 国際社会が日本の指導者に期待しているのは「マニフェスト」の実行だけではない。「ステートクラフト(Statecraft)」である。これは、国家の運命を誤らない外交力である。日米と米中、日中関係が同時に良好な時代はなかった。同時良好な3国関係は、理想だ。だが、男女関係でも、三角関係は必ずもつれる。外交でも同じだ。

 幼稚な外交摩擦は、ステートクラフトの無さを国際社会に露呈した。対等とは、互いに尊敬し合える関係である。(客員編集委員、早稲田大学教授)


毎日新聞 2010年3月3日

Perche Tommaso

L’attualità di san Tommaso

«Da domenicano sono particolarmente contento che il Papa abbia citato san Tommaso d’Aquino come esempio per l’atteggiamento delle Pontificie Accademie di fronte ai problemi del dialogo con la società e la cultura moderna». È il commento del cardinale Georges Cottier, intervistato su Avvenire del 29 gennaio, al discorso del Santo Padre ai membri delle Pontificie Accademie, incontrati il giorno precedente in occasione della XIV seduta pubblica. Prosegue il porporato: «Il Papa ci ricorda che san Tommaso è un uomo di profondo senso della tradizione, e di dialogo, di apertura ai problemi del suo tempo. Si nutriva della Scrittura e dei Padri della Chiesa e specialmente di sant’Agostino, questo è molto importante, ma allo stesso tempo era molto al corrente della cultura del suo tempo: conosceva la filosofia araba ma anche ebraica – ha citato molte volte Maimonide. Senza contare poi la sintesi che ha saputo fare del pensiero greco antico. Tutto questo rende Tommaso di una grande attualità per affrontare anche l’odierna temperie culturale».

30 giorni