E Ratzinger disse: i meriti dei philosophes distrutti dai loro figli
Poche settimane prima della sua ascesa al Soglio, il cardinale Joseph Ratzinger ha tenuto, ricevendo a Subiaco il premio «San Benedetto », un’importante «lectio », nella quale parlò anche di illuminismo e neoilluminismo. Ratzinger ricordò che «l’illuminismo è di origine cristiana ed è nato non a caso proprio ed esclusivamente nell’ambito della fede cristiana» e che, nel Settecento ebbe una funzione salutare «laddove il cristianesimo, contro la sua natura, era purtroppo diventato tradizione e religione di Stato». Nel contesto dell’Ancien Regime, anzi, «è stato merito dell’illuminismo aver riproposto i valori originari del cristianesimo», ovvero il suo essere «la religione del 'logos'», che «ha compreso se stessa fin dal principio come la religione secondo ragione», che «in quanto religione dei perseguitati, in quanto religione universale, al di là dei diversi Stati e popoli, ha negato allo Stato il diritto di considerare la religione come una parte dell’ordinamento statale ». Ma questo poté accadere solo perché «a quell’epoca le grandi convinzioni di fondo create dal cristianesimo in gran parte restavano ». E proprio questo segna il netto distacco tra i Lumi settecenteschi e l’odierno neoilluminismo. Ratzinger indicava un’«autolimitazione della ragione positiva, che è adeguata nell’ambito tecnico, ma che, laddove viene generalizzata, comporta invece una mutilazione dell’uomo. Ne consegue che l’uomo non ammetta più alcuna istanza morale al di fuori dei suoi calcoli e anche che il concetto di libertà, che potrebbe sembrare espandersi in modo illimitato, alla fine porta all’autodistruzione della libertà».
Avvenire, 6 marzo 2008
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