Saturday, March 16, 2013

In Memoria Di Adolfo Bonconti 14 Marzo 2013

In Memoria Di Adolfo Bonconti 14 Marzo 2013

R. I. P.


Caro Lorenzo,

ricevo con dolore la triste notizia della precoce scomparsa di Adolfo.
L'ultima volta che l'ho visto a Vigoreto, dava l'impressione di essere in gran parte rassegnato al suo destino, ma si poteva notare, in fondo agli occhi, un barlume di speranza. Cerco di spiegarmi. Il Dolfo era un'anima semplice come quella dei contadini di una volta che malvolentieri sopportavano le piccole o grandi ipocrisie del vivere sociale. Però era anche un raffinato cultore delle cose belle e buone della vita. Specialmente da giovane era un amante della vita, e come tutti gli amanti della vita - ha scritto Papa Benedetto - portava in se anche una contraddizione.

"Ovviamente c'è una contraddizione nel nostro atteggiamento, che rimanda ad una contraddittorietà interiore della nostra stessa esistenza. Da una parte, non vogliamo morire; soprattutto chi ci ama non vuole che moriamo. Dall'altra, tuttavia, non desideriamo neppure di continuare ad esistere illimitatamente e anche la terra non è stata creata con questa prospettiva. Allora, che cosa vogliamo veramente? Questo paradosso del nostro stesso atteggiamento suscita una domanda più profonda: che cosa è, in realtà, la « vita »? "
"Ci sono dei momenti in cui percepiamo all'improvviso: sì, sarebbe propriamente questo – la « vita » vera – così essa dovrebbe essere. A confronto, ciò che nella quotidianità chiamiamo « vita », in verità non lo è."
In fondo vogliamo una sola cosa – « la vita beata », la vita che è semplicemente vita, semplicemente « felicità ». Non c'è, in fin dei conti, altro che chiediamo nella preghiera. Verso nient'altro ci siamo incamminati – di questo solo si tratta. Ma poi Agostino dice anche: guardando meglio, non sappiamo affatto che cosa in fondo desideriamo, che cosa vorremmo propriamente. Non conosciamo per nulla questa realtà; anche in quei momenti in cui pensiamo di toccarla non la raggiungiamo veramente. « Non sappiamo che cosa sia conveniente domandare », egli confessa con una parola di san Paolo (Rm 8,26). Ciò che sappiamo è solo che non è questo. Tuttavia, nel non sapere sappiamo che questa realtà deve esistere. « C'è dunque in noi una, per così dire, dotta ignoranza » (docta ignorantia), egli scrive. Non sappiamo che cosa vorremmo veramente; non conosciamo questa « vera vita »; e tuttavia sappiamo, che deve esistere un qualcosa che noi non conosciamo e verso il quale ci sentiamo spinti [8].
(Spe salvi, n. 11)

Ecco io penso che il Dolfo abbia vissuto in modo acuto questa contraddizione. Da una parte sapeva che la vita e' bella, ma dall'altra sentiva anche che può essere un peso, a volte insopportabile. La vita di ogni giorno ci fa sentire che ci può essere qualcosa "di meglio", ma poi questo meglio ci sfugge sempre. Non è facile risolvere questo dilemma soprattutto di questi tempi.

In ogni caso, come ha scritto un poeta: "Il fiore non porta la radice. La radice porta il fiore. La rosa è semplicemente la prova della vitalità della radice ..." (W. Wilson). Le cose belle e buone della vita, che il Dolfo amava, hanno una radice. E lui, a modo suo, come ha potuto, ha reso testimonianza a questa radice, alla sua radice a cui ora è ritornato.
Forse ora il Dolfo ha bisogno delle nostre preghiere, ma io credo fermamente che ora lui ha trovato quel riposo (la requiem aeternam) che cercava magari senza saperlo. Ora può godere pienamente di quella luce (la luce perpetua) di cui durante l'esistenza ha visto solo un barlume. E noi preghiamo che possa riposare in pace. Amen.

Caro Lorenzo, a te i miei più cordiali saluti e auguri di buon proseguimento.

Andrea Bonazzi


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