Saturday, June 10, 2017

La terza navigazione Vittorio Possenti

5) La ‘terza navigazione’
 
Con l’avvento delle suddette dislocazioni la situazione dell’alleanza socratico-mosaica si è fatta delicata. Essa sussiste come un acquisto per sempre, ma la sua vitalità e forza vanno costantemente riguadagnate da entrambi i lati. Se guardiamo al passato, la sua fecondità è proceduta dapprima attraverso uno sviluppo endogeno a ‘Socrate’ da un lato ed uno sviluppo proprio a ‘Mosè’ dall’altro. Quando la sorgente greca e la sorgente biblica si sono incontrate e riconosciute, l’alleanza si strinse entro una sorta di guida interiore della seconda, che volta a volta assunse, corresse, rifiutò il retaggio della prima. In altri termini tale alleanza, in cui entrambe le parti hanno apportato qualcosa, ha aperto nuovi spazi e condotto a nuove verità, producendo uno avanzamento fondamentale nella vicenda della filosofia. Questa sotto lo stimolo diretto e indiretto del messaggio biblico ha potuto progredire nel suo svolgimento postgreco, pervenendo al guadagno della ’terza navigazione’ quale incremento decisivo della ragione metafisica. In tale processo, che ha condotto la filosofia dell’essere al suo sviluppo plenario, ha svolto un ruolo centrale la dottrina della creazione dal nulla, forse lontanamente presentita dai Greci, ma certo assente in loro.
 Introducendo circa vent’anni fa il termine-concetto di ‘terza navigazione’, ho inteso collegarmi e ‘riprendere’ la nota metafora platonica della seconda navigazione svolta nel Fedone, ma estendendone ed oltrepassandone il concetto verso la nuova e finale terza navigazione. Essa si pone all’interno dell’alleanza socratico-mosaica e stabilisce dal lato della vicenda della metafisica il suo non plus ultra. Ciò significa che nel rapporto tra metafisica greca e metafisica successiva il punto più alto non sta nella prima, ma nella filosofia dell’essere e dell’actus essendi sbocciata come un miracolo della ragione in certo modo sotto l’irraggiamento del logos biblico, capace di portare a pienezza e quando necessario di correggere il discorso ontologico ellenico.
   Col termine di terza navigazione suggerisco l’esistenza di una storia della metafisica nel suo millenario procedere, da intendere in un senso molto diverso da come l’ha interpretata Heidegger (cfr. i capp. VIII e IX del Nietzsche): non come un ininterrotto scivolare e ribadirsi di un errore iniziale, bensì come faticoso ma non vano muovere verso "acquisti per sempre", verso punti di apogèo. In Heidegger la specifica modalità di intendere la storia della metafisica come storia dell'essere dipende dal suo progetto sistematico volto ad una comprensione dell'essere nell'orizzonte trascendentale del tempo ("la condizione ontologica di possibilità della comprensione dell'essere è la temporalità stessa"), in base a cui il tempo è l'essenza originaria dell'essere, e quest'ultimo è finito, limitato, diveniente. Con la concezione della radicale temporali­tà dell'essere si salda l'assunto storicistico che intende la verità dell'essere come storia e puro evento (Erei­gnis). Poiché nell'interpretazione  heideggeriana dell'ontologia "essere" vale soprattutto come "esser-presente", e la presenza come una modali­tà della temporalità, la risoluzione temporale dell'essere sembra senza residui di modo che "tutte le proposizioni dell'ontologia sono proposizioni tem­porali", e "il tempo è l'orizzonte primario della scienza trascendentale, dell'ontologia, o, più semplicemente, l'orizzonte trascenden­tale" (14). Ne consegue che nel pensiero di Heidegger la possibili­tà di pensare la "differenza cronologica" fra tempo ed eternità sembra sbarrata, mentre la differenza ontologica fra ente ed essere appare consegnata al livello ontico-intramondano, e dunque non in grado di attingere la causalità ontologica che produce e sostiene l'esse degli essenti (15).
   Nella prospettiva teoretica qui delineata l'idea di storia della metafisica non inclina verso lo storicismo, si palesa anzi, in virtù di un possibile disvelamento progressivo della verità dell'essere, come segnata da antistoricismo. Storia della metafi­sica varrà per noi quale susseguirsi delle più essenziali conce­zioni dell'essere, come approfondimento della verità princi­piale del senso dell'essere, non come storia dell'essere, ossia come risoluzione dell'essere nella vicenda dei suoi accadimenti entro l'insuperabile circolo del tempo. Con l'idea di storia della metafisica non viene cercata né una ripetizione della storia dell'ontologia, né un problematico pensiero ultrametafisico, e neppure una distruzione della tradizione ontologica, considerata necessaria per risalire ad esperienze originarie del senso del­l'essere (cfr. Essere e tempo, § 6), ma semplicemente un possi­bile accesso più pieno all'essere. Se l'elaborazione del suo problema deve assumersi anche un compito storico per trovare nelle ontologie del passato una guida, da questo non segue che l'essenza dell'essere debba essere compresa solo storiografica­mente, né che la tradizione necessariamente copra più di quanto sveli. Un risalimento positivo al passato non può che procedere di pari passo con una personale "scoperta" dell'essere.
  La scansione progressiva e ascendente della metafisica è avve­nuta secondo tre navigazioni, nelle quali la ricerca filosofica è avanzata verso una penetrazione teoretica più ade­guata della verità dell'essere; e si è allontanata in alcune sue fasi deci­sive  dall'oblio dell'essere. Tale è stato il compito di alcuni pensatori essenziali. In questo lento avvicinarsi al miste­ro dell'essere, si è venuta elaborando la scienza più alta dell' intelletto umano nel suo esercizio naturale, dispiega­to, solare; il sapere che oltrepassa e circoscrive le scienze particolari delle varie regioni dell'ente. La metafisica non si è arrestata a pensare la differenza ontologica come viene intesa da Heidegger, ossia la diversità fra essere e ente, ma ha anche posto a tema quel­l'altra più radicale e decisiva differenza ontologica, costituita dall'opposizione fra essere e nihil absolutum.
  Adottando il termine "navigazione", si impiega, ampliandone la portata, la metafora introdotta da Platone: la prima navigazione venne iniziata dai filosofi fisici con la loro indagine sulla natura, a cui egli giovane si appassionò. La seconda da Platone stesso. Nel solco aperto da Platone, ma con decisive integrazioni perché in questi il mondo vero è solo quello intelligibile con­trapposto al sensibile, Aristotele prospettò la dottrina ilemor­fica, che ravvisa nella forma l'elemento intelligibile e sopra­sensibile; introdusse nell'esplicazione del divenire la decisiva coppia atto-potenza (energheia-dynamis), imperniandovi la sua concezione ontologica; concepì Dio come Atto puro e Pensiero di pensiero.
  La terza navigazione è stata intrapresa dalla filosofia dell’essere di Tommaso d'Aquino attraverso una ristrutturazione dell'intero, operata da una meta­fisica transontica che porta a compimento la centralità ontologi­ca dell'energheia/actus. I fondamentali nuclei tematici entro cui si distende la terza navigazione e che si presentano in modo più immediato alla riflessione, sono riassumi­bili in quattro: 1) la scoperta della doppia composizione metafi­sica nell'esistente finito (composizione di materia e for­ma, e di essenza ed atto d'essere/esse); 2) la dottrina dell'essere come actus essendi; 3) la dottrina della distinzione reale fra essenza ed esistenza nell'ente finito, e della loro coincidenza in Dio; 4) la determi­nazione del supremo Nome di Dio come esse ipsum per se subsi­stens.
Con la terza navigazione è stato raggiunto un acquisto permanente dal lato dell’alleanza socratico-mosaica, del nesso amico tra filosofia e religione.  Metafisica e filosofia non congedano rivelazione e salvezza e viceversa, ma entrambe le parti muovono verso un riconoscimento reciproco, di modo che una parte include nella propria storia di formazione anche l’altra parte.
Seguono tre commenti sulle implicazioni della terza navigazione.
  1) L’elaborazione proposta consente un ulteriore chiarimento sul tema della deellenizzazione, in specie su un equivoco non infrequente. Non di rado sia coloro che intendono purificare il cristianesimo da un troppo forte lascito ellenico, sia i razionalisti che abbandonano la fede biblica per tornare esclusivamente all’ontologia greca, condividono una valutazione della ‘metafisica cristiana’ ritenuta nient’altro che un calco di quella greca. I primi fanno valere tale idea per allontanare grecità e pensiero cristiano e per volgersi al puro Vangelo, i secondi sostengono che niente di intellettualmente rispettabile è stato formulato dalla filosofia cristiana che non fosse stato già detto, e meglio, da quella greca. Dunque la Rivelazione biblica non presenterebbe alcuna originalità filosofica e alcun apporto al filosofare. La dottrina sulla ‘terza navigazione’ è anche una risposta a tale questione. “La filosofia dell'essere nasce nell'alleanza tra Bibbia e grecità, in cui occorre riconoscere che per quanto grande e decisivo sia stato l'apporto della filosofia greca, quello del­l' ‘ontologia biblica’ è stato meno diffuso ma forse più decisivo. L'influsso che si è dipartito dai cieli della Rivelazione in direzione della filosofia (e naturalmente questo evento è come un sovrappiù o una sovrabbondanza del messaggio biblico che si indirizza alla sal­vezza e non annovera fra i propri scopi primari la riforma della filosofia) è stato tale da condurla alla "terza navigazione". Si comprende dunque quanto si ingannasse Niet­zsche, il quale definiva sprezzantemente il cristianesimo come platonismo per il popolo, e con lui coloro che, non inten­dendo le virtualità metafisiche racchiuse nel messaggio biblico, lo riducono a qualcosa che può essere messo in forma e assumere dignità di pensiero solo attraverso l'ontologia greca. Tuttavia vengono così trascurati due elementi essenziali, ossia che la Bibbia dischiude più profondamente il senso dell'essere, e che la "metafisica cristiana" ha proceduto ad una riforma delle catego­rie e quadri dell'ontologia greca proprio alla luce della sua più radicale concezione dell'essere” (16). Il cristianesimo o meglio la teologia e la metafisica cristiane non possono essere deellenizzate, perché hanno già provveduto a discernere quanto è da accogliere e quanto da lasciare cadere nel retaggio ellenico.
2) I quattro nuclei speculativi in cui è possibile far consistere il guadagno della terza navigazione, risultano essenziali per giungere all’acquisto razionale della verità della creazione o a quello che talvolta si denomina il “teorema della creazione”. Pertanto la posizione della terza navigazione si corona in quella della creazione (17), dove è anche introdotta la differenza abissale fra creatio e mutatio: nella creatio la Causa prima è causa totale, ossia pone tutto l’essere del creato, mentre nella mutatio va presupposta una causa efficiente del solo divenire. Per questo il Dio aristotelico vale come causa/motore immobile del divenire (mutatio), non certo come causa prima ed unica che pone extra nihil il finito. In particolare, tolta la possibilità di determinare Dio come esse ipsum, sembra tolta la possibilità di pensarlo come creatore. Come scrivevamo nell’opera collettanea appena citata, non può dare l’essere nel senso di porsi come causa totale dell’essere finito, colui che non sia l’essere stesso.
 
3) Nel quadro speculativo della terza navigazione assume importanza reg­gente la coppia essenza-esistenza (esse), legata a quella potenza-atto, un aspetto che abbisogna di qualche commento. Non est eiusdem rationis compositio ex materia et forma, et ex substantia et esse: quamvis utraque sit ex potentia et actu (18): avanzando questa nuova determinazione, in cui sia la composizione materia-forma sia quella essenza-esistenza sono intese come com­posizioni di potenza ed atto, si raggiunge una comprensione più profonda ed unitaria della struttura dell'essere, alla luce ap­punto dei concetti di atto e potenza fatti giocare in tutta la loro valenza.
   Nel quadro della terza navigazione la coppia metafisica basi­lare dell'intero è la polarità essenza-atto d'essere (essentia-esse), non quella materia-forma. Né l'ontologia di Pla­tone, che avvista l'Idea, né quella di Aristotele che si arresta alla composizione materia-forma, raggiungono il centro della struttura metafisica del reale, perché fa loro difetto la composizione ultima e più profonda, quella tra essenza e atto d'essere. Poiché la forma è atto sul piano dell'essenza, ma non atto ultimo su quello dell'essere, la coppia ilemorfica non esaurisce l'intero, né sul piano metafisico rappresenta la polarità ultima o la massima concretizzazione della coppia interale potenza-atto: non può perciò essere posta l'equazione tra la coppia materia-forma e la coppia potenza-atto. In altri termini la coppia potenza-atto ha un'estensione maggiore della coppia materia-forma. Secondo l'Aquinate sono infatti possibili forme pure immateriali, che si sottraggono alla composizione ilemorfica ma non a quella poten­za-atto. Tali forme non sono atto puro: sono composte di potenza e di atto sul piano del nesso essentia-esse, stando la prima, l'essentia, dal lato della potenza e l'esse da quello dell'atto (di conseguenza materialità e finitezza non coincidono, potendo esistere forme finite e immateriali).
  Si osservi che nel sinolo materia-forma ed in quello essenza-esse l'interno rapporto di specificazione è opposto. Nel primo caso la materia (potenza) è specificata dalla forma (atto); nel secondo è l'esse (atto) a venir specificato dall'essenza (poten­za). L'esse conferisce l'esistere all'essenza che lo specifica, nel senso che quest'ultima pone la sua propria deter­minazione formale senza di cui non c'è atto finito di esistere. L'essenza-potenza differenzia o "coarta" l'atto d'essere nel momento stesso in cui lo riceve e ne è attua­ta.
   Nell'estensione della dottrina della potenza e dell'atto al rapporto tra essenza ed esistenza -  una tesi molto ardita perché l'essenza già compiuta nella propria linea formale di essenza è perfezionata o attuata da un atto di altro ordine, che non ag­giunge nulla all'essenza come insieme di caratteri intelligibili, ma che le aggiunge tutto sul piano dell'essere, perché la pone extra nihil -, consiste uno dei nuclei della terza navigazione. Mentre nelle filosofie di impronta platonica l’intelligibilità radicale risiede nell’idea o essenza, nella filosofia dell’essere quale pensiero massimamente esistenziale l’intelligibilità più profonda appartiene all’esistenza ed all’atto d’essere. L'esistenza, che non è un'essenza, costituisce la sorgente prima dell'intelligibilità.
 

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