Friday, July 20, 2018

Il Sismografo

Il Sismografo

Intervista al giapponese Thomas Aquino Manyo Maeda. Poeta e cardinale

(Nicola Gori) «A ciel sereno / un rombo / come di Pentecoste»: con questo verso composto nella breve forma poetica giapponese haiku, di cui è maestro, Thomas Aquino Manyo Maeda ha commentato la decisione di Papa Francesco di annoverarlo nel collegio cardinalizio. L'arcivescovo di Osaka — che è nato nell'arcidiocesi di Nagasaki ed è stato anche pastore di Hiroshima — le due città martiri della follia nucleare — lo ha confidato all'Osservatore Romano in questa intervista in cui parla anche del ruolo della Chiesa in un Giappone sempre più secolarizzato.
Cosa ha fatto quando ha appreso che il Pontefice le concedeva la porpora?
All'inizio sono rimasto perplesso e, in preda allo stupore, mi dicevo: perché io? Non sono qualificato! Senza pensarci ho composto il verso «A ciel sereno / un rombo / come di Pentecoste». Perché quell'annuncio è stato proprio un fulmine a ciel sereno. Dopo un po' ho pensato che, se questa è opera dello Spirito, lo stesso Spirito mi avrebbe dato anche la forza per assolvere il compito; e ricordando la frase evangelica, «Sulla tua parola getterò le reti», ho deciso di accettare con umiltà l'impegno richiestomi.
Quali sono le principali sfide che deve affrontare la Chiesa in Giappone?
Il fatto che il numero dei fedeli non cresca e la diminuzione delle vocazioni di sacerdoti e consacrati, sono le questioni più urgenti. Per contrastare la tendenza, ritengo necessaria una sempre maggiore consapevolezza, da parte dei fedeli, del clero e dei religiosi, dell'importanza del vivere con gioia la propria fede. Se si vive questa gioia della fede, sono certo che il numero dei cattolici crescerà, come anche il numero delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. Innanzitutto, è urgente evangelizzare la stessa comunità ecclesiale. Infatti, pur sapendo come intervenire, essa per mancanza di coraggio o per pudore, si mostra incapace di reagire. D'altra parte, ritengo anche importante riappropriarsi in certo modo del metodo proprio dell'epoca cosiddetta missionaria, magari trovando nuove modalità espressive sia per quel metodo missionario sia per lo zelo missionario di quell'epoca.
Che ruolo svolge l'educazione nell'ambito della testimonianza cristiana in un paese in cui i cattolici sono una minoranza?
Ritengo che gli ambienti educativi siano l'ambito privilegiato per la diffusione del Vangelo fra i giovani. In passato, fino a circa quaranta anni fa, un numero molto alto di battesimi si celebrava grazie alle scuole. Oggi avviene di rado. Non solo si è restii ad amministrare i sacramenti dell'iniziazione, ci si astiene anche dal fare la lezione di religione. A scuola e nelle università, come altrove, è necessario trasmettere il Vangelo con maggiore coraggio. A tal fine, è importante formare insegnanti cattolici qualificati.
Qual è la situazione nel dialogo interreligioso?
All'interno della Conferenza episcopale nazionale c'è un dipartimento specifico che se ne occupa e, in ogni diocesi, c'è un comitato incaricato di svolgere attività di scambio o dialogo con le altre religioni. Ad esempio, per la promozione della pace, sono state avviate numerose iniziative in collaborazione con i rappresentanti del buddismo e dello shintoismo; insieme si celebrano periodicamente anche veglie di preghiera. Tuttavia, penso sia importante notare come il dialogo venga già praticato nella vita di tutti i giorni. Nella stessa famiglia ci sono persone appartenenti a religioni diverse. È commovente osservare come queste persone vivano, rispettandosi a vicenda, nella ricerca della volontà di Dio. Ritengo sia importante considerare il dialogo anche da questo punto di vista.
Si riesce a evangelizzare in una società secolarizzata?
Proprio perché viviamo in una società in cui la secolarizzazione è molto avanzata, ritengo ancora più necessario l'annuncio del Vangelo. Anzi, sembra proprio che un numero sempre più alto di persone siano alla ricerca di una buona notizia come quella evangelica. Per soddisfare tale richiesta ritengo necessario coltivare l'entusiasmo e rinnovare i metodi e le espressioni dell'annuncio.
Quale ruolo hanno i consacrati nella Chiesa del Sol Levante?
Direi molto importante: oggi, nonostante l'invecchiamento del personale e il calo di vocazioni, le diverse congregazioni religiose contribuiscono grandemente, con attività pertinenti al carisma di ciascuna, all'evangelizzazione della società. Basti pensare al loro impegno nel campo dell'istruzione, della sanità e in altri settori della vita sociale. All'interno della pastorale diocesana, poi, sono di sostegno alle parrocchie e alle attività delle diverse commissioni. In particolare, il lavoro dei consacrati si rivela importante nella pastorale degli stranieri. Allo stesso tempo, come si legge nello strumento di lavoro in preparazione al Sinodo sulla "nuova evangelizzazione", con l'offerta di se stessi, i consacrati testimoniano la precedenza di Dio sopra ogni cosa, e per mezzo della vita in comune testimoniano la forza e la profondità dei legami che scaturiscono dal Vangelo. Ritengo che tale testimonianza rappresenti un aspetto importantissimo della loro missione. Anche la composizione delle comunità religiose diventa una forma di testimonianza. Esse, infatti, sono sempre più internazionali e, in una società come quella giapponese, che lentamente si apre alla diversità, questo testimonia che è possibile vivere "insieme" superando le barriere nazionali.
Cosa fate per i numerosi immigrati che giungono ogni anno?
L'impegno della Chiesa in questo ambito presenta aspetti diversi. Innanzitutto, vi è quello pastorale. Trovandosi improvvisamente in un ambiente e in una cultura diversi da quelli di origine, gli immigrati hanno bisogno di aiuto perché possano mantenere e coltivare la loro fede. Offrendo la nostra assistenza, ci adoperiamo perché ciò sia possibile. Sono previste celebrazioni regolari nella lingua madre dei paesi di origine; allo stesso tempo, nelle parrocchie ci impegniamo ad accoglierli con calore e a camminare con loro. Vi è anche un aspetto sociale. I migranti che arrivano in Giappone incontrano varie difficoltà: necessitano di un alloggio, devono imparare la lingua, hanno bisogno di aiuto nell'educazione dei figli, di consulenza legale ecc. Noi ci adoperiamo per offrire assistenza in tutti questi ambiti. Nella mia arcidiocesi di Osaka, il centro per le attività sociali si incarica di svolgere questo tipo di assistenza. C'è poi un aspetto umanitario. A prescindere dal fatto che siano cristiani o meno, ci impegniamo ad accoglierli con calore e a proteggere i loro diritti come persone. Ultimamente, anche fra gli immigrati nascono vocazioni sacerdotali e religiose. Non possiamo che esserne lieti.
L'Osservatore Romano, 19-20 luglio 2018


iPadから送信

No comments: