Thursday, October 21, 2021

Dal divenire a Dio

"Conviene guardare a quel divenire che siamo noi stessi, perché il nostro divenire lo possiamo toccar meglio con mano; possiamo ritenere illusorio il divenire delle cose esterne a noi, ma non possiamo ritenere illusorio il nostro divenire, non fosse altro quel divenire che consiste nell'illuderci e nel diventar poi consapevoli dell'illusione. Io sono oggi come non ero ieri e sarò domani come non sono oggi. Quel che sono oggi non mi apparteneva ieri, e non mi appartiene ancora quel che sarò domani; se mi appartenesse, il domani, dico il mio domani, dipenderebbe da me; e invece non dipende da me: non so come sarà, non so neppure se sarà. Donde viene, dunque, questa nuova fase, questa nuova attuazione del mio essere ? Non dal nulla, perché il nulla non è, e quindi non può dare né far nulla. Per affermare che il nulla crei qualche cosa bisogna aver rinunciato al principio di contraddizione, e quando si è rinunciato a tale principio non si può più affermar nulla. Mi verrà dunque da qualche cosa, da un altro. Ma se questo altro fosse a sua volta in divenire, porterebbe in sé la medesima contraddizione da sanare, il medesimo problema da risolvere. Se debbo uscire da me, diveniente, per trovare la ragion d'essere del mio divenire, non posso fermarmi finché non abbia trovato una realtà che non porti più in sé una contraddizione da sanare, che non abbia bisogno di un altro per essere, ma sia autosufficiente e quindi, indivenibile."

Vanni Rovighi, Sofia. Elementi di filosofia volume 2, La Scuola, 1964, pag. 132


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