"Ad esempio, a motivo delle turbolente vicende accadute durante gli anni Settanta nella regione del Giappone, la parola "comunità", e tutto l'universo di valori che evoca, è stata segnata e ha segnato non pochi saveriani, creando anche divisioni e timori. Infatti, in quel periodo, quasi una decina di membri hanno lasciato la missione o la congregazione, mentre la stessa direzione generale negli anni successivi non ha inviato missionari in Giappone. Questo è un dato storico, non un giudizio a posteriori.
Inviato in Giappone, mi sono ritrovato nella situazione in cui, da una parte, save- riani di quel periodo e di quello successivo hanno vissuto esperienze di scontri e divi- sioni le cui ferite sono rimaste per decenni, lasciando non pochi traumi "comunitari". Un paio di questi sono: il rifiuto sistematico di condivisione del proprio lavoro per non esporsi al giudizio, non chiedere né interessarsi delle attività dell'altro per non correre il rischio di essere accusato di controllarlo e così via. Dall'altra parte, dopo alcuni anni dalla ripresa degli invii, i nuovi missionari, con un bagaglio di esperienze comunitarie positive e costruttive, hanno portato e realizzato la pratica e l'invito alla condivisione. Tuttavia, pur non essendoci stati scontri o divisioni, si è fatta molta fatica a preparare un terreno accogliente e rilassato, spesso ci si è trovati davanti al muro del sospetto, del disinteresse o del distacco, con qualche strascico ancora nel presente." (Renato Filippini, in: iSaveriani, novembre 2021, p.21)
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