Sunday, April 01, 2007

Missionario e conversione

I missionari si trovano "tra due fuochi". da un lato ci sono molti che ritengono sia compito principale se non esclusivo quello di convertire. Ogni altra attivita' (sociale, caritativa, culturale) puo' essere buona e anche necessaria; ma se il missionario non ha ben chiaro in se' l'obiettivo di arrivare a convertire e battezzare qualcuno, la sua presenza e il suo lavoro sono ingiutificati (...). Dall'altra parte vi e' un gran numero di cristiani che si chiede che senso abbia andare a convertire "gli altri". Si teme che il cambiamento di religione porti allo sradicamento culturale, e che non abbia senso "disturbare" quelli che vivono tranquilli nelle loro religioni, quali che siano. Del resto se noi accogliamo con fastidio i "venditori ambulanti" di religione perche' dovremmo spedire missionari a fare la stessa cosa fra musulmani e indu'?
Che facciamo quindi noi missionari in mezzo a seguaci di fedi che appagano, che hanno una morale esigente, che insegnano a pregare e amare il prossimo? (...) Bisogna rinunciare all'annuncio e alla conversione? Oppure dobbiamo entrare in competizione e dimostrare che "la mia religione e' migliore e piu' vera della tua"?
No, il missionario, e ogni cristiano, devono invitare alla conversione. Rinunciare a questo sarebbe svigorire la nostra fede. D'altra parte entrare in competizione con gli altri mi sembrerebbe ridurre l'annuncio a una caricatura. piuttosto dobbiamo scoprire il senso vero della conversione, metterci con pazienza sulle strade che Gesu' ha percorso annunciando il Vangelo.La nostra proposta di conversione non dovra' allora essere la proposta di una verita' astratta; ne' lo sforzo di far entrare o rientrare ad ogni costo qualcuno nel nostro gruppo religioso. Sara' piuttosto il richiamo a un "cambiamento del cuore" che e' possibile e doveroso per tutti, anche se non c'e' il cambiamento della religione (...)Per poter proporre a un altro una vera conversione in certe circostanze bisogna che la mia conversione, paradossalmente, consista in questo: nel liberarmi dal desiderio di fargli cambiare religione. Quando saro' sincero nel dirgli "non temere, non voglio distruggere la tua religione", allora potro' aiutarlo a convertire il cuore. Cosi facendo, rinuncio all'annuncio esplicito o cado nell'indifferenza? No. Piuttosto cerco un annuncio significativo. L'invito a una conversione va sempre fatto, ma prima di tutto deve essere un invito alla conversione del cuore, verso Dio (...) saranno le circostanze e la guida dello spirito a farci capire quale strada percorrere, ma non dovrebbe mai trattarsi di una scelta a priori, ideologica, del tipo: io non converto ne' battezzo messuno; oppure: o conversioni e battesimi o niente.

P. Franco Cagnasso da Mondo e Missione marzo 2007 cf. Mondo e Missione Gennaio 1983

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