Friday, February 08, 2008

Dove sta la grandezza di Confucio

I riti confuciani e la sacralita' del vivere sociale.

Dove sta la grandezza di Confucio


Chi leggesse la collezione dei detti Confucio, senza nessuna introduzione, avrebbe senza dubbio l'impressione di trovarsi di fonte ad un moralista prosaico, arcaico e irrilevante nella vita moderna. Ma uno studio piu' approfondito puo' rivelare un Confucio come profondo pensatore.
Prendiamo, per esempio, una delle virtu' confuciane fondamentali: 礼("REI" in giapponese, "LI" in cinese). Questo carattere cinese ha il senso di "rito", "rituale", "cerimonia". Se facciamo l'etimologia del carattere antico 禮, di cui l'attuale e' una semplificazione, vediamo che e' composto da due parti. A sinistra un radicale che significa "rivelare" ed e' usato spesso in connezione con il sacro. A destra abbiamo la stilizzazione di una offerta sopra un altare. Quindi una cerimonia sacra che rivela qualcosa. Il REI per Confucio e' la cerimonia che rivela la sacralita' della vita in societa'.
H. Fingarette (Confucius. The secular as sacred, 1972), cosi' spiega questi concetti per lettori occidentali. Mettiamo che io incontro per strada un conoscente; io sorrido, gli vado incontro, stendo la mia mano e stringo la sua. Sta a vedere il portento! Senza nessun comando, stratagemma, forzatura, manovre speciali o arnesi, senza nessuno sforzo per far fare qualcosa all'altro, lui spontaneamente si volge verso di me, mi sorride, alza la mano verso la mia. Noi ci stringiamo la mano, non perche' io muovo la sua ne' perche' lui muove la mia, ma per uno spontaneo atto di perfetta cooperazione. Normalmente noi non siamo coscienti della finezza e della sorprendente complessita' di questo coordinato atto "rituale". Questa finezza e complessita' diventano evidenti, se uno deve imparare questo gesto da un libro di istruzioni come succede per i giapponesi che non hanno questa abitudine e per i quali l'inchino e' la cosa piu' naturale di questo mondo.
Normalmente noi non siamo coscienti neanche del fatto che questo "rito" ha una sua vita, che noi siamo "presenti" l'uno all'altro, almeno in una minima parte. Come direbbe Confucio, ci sono sempre le componenti generali e fondamentali di buona fede reciproca e rispetto. Il rispetto reciproco contenuto in una stretta di mano e' diverso da un atto cosciente di rispetto reciproco. Quando io sono cosciente del rispetto per qualcuno tendo ad essere piu' enfaticamente pio oppure leggermente in imbarazzo, cosi' che la nostra piccola "cerimonia" rivelera' qualche incongruente stranezza (io stendo la mia mano troppo presto e rimane sospesa per aria). No, l'autenticita' del rispetto reciproco non richiede che io senta coscientemente rispetto o che io concentri la mia attenzione sul rispetto per qualcuno; e' pienamente espressa dalla corretta, "viva", spontanea esecuzione dell'atto. Come gli acrobati del trapezio volante, per capirci, hanno completa confidenza nel partner (ma non pensano alla confidenza che ha il partner), anche noi che ci stringiamo la mano, anche se il rischio e' minore, dobbiamo avere (ma non pensarci) rispetto e fiducia. Altrimenti ci troveremmo a fare gesti strani e innaturali, che trasmettono facilmente all'altro una evidente incongruenza.
E' chiaro che non occorre una grande quantita' di rispetto e di buona fede per eseguire con ragionevole successo una stretta di mano o un saluto. Tuttavia una persona sensibile riesce spesso a sondare da una stretta di mano la profondita' dei sentimenti dell'altro. La profondita' di relazioni umane che si puo' esprimere in un gesto "cerimoniale" e' possibile, in buona parte, proprio per la notevole specificita' di questo tipo di cerimonie. Per esempio, se tu incontri un tuo vecchio insegnante, ovviamente sarai tu che spontaneamente si avvicina a lui/lei, piu' che aspettare che cammini verso di te. Tu esprimerai una certa qual riserva nella stretta di mano, anche se sara' calorosa. Non batterai una mano sulla sua spalla, mentre e' probabile che lui/lei lo faccia. Ci possono essere cosi' tanti diversi atteggiamenti, alcuni appena percettibili, ma tutti significativi, nelle possibili variazioni di un gesto.
Se noi cercassimo di descrivere tutte queste sottili distinzioni e le loro regole, noi produrremmo qualcosa di molto simile al decimo libro dei "Dialogi" di Confucio, il cui cerimoniale a noi lettori moderni, sembra la quintessenza di un tradizionalismo antiquato. Ma e' proprio in questo modo che i rapporti umani vengono coordinati in ogni societa' civile, senza sforzo ne' pianificazione, ma semplicemente attraverso l'esecuzione del gesto rituale appropriato ad ogni appropriata situazione. Anche se questo potere che ha il REI di fondare la societa' civile, dice Confucio, dipende da un previo apprendimento. Non e' innato.

Il potere conferito senza sforzo dal REI puo' essere usato anche per fare "miracoli", anche se noi non lo consideriamo mai da questo punto di vista. Supponiamo che io, mentre sto facendo lezione, mi accorga che ho dimenticato un libro nella mia stanza e che adesso lo voglia usare. Io non ho poteri magici, non c'e' altra via per me che seguire una certa procedura: camminare verso la mia stanza, aprire la porta, sollevare il libro e trasportarlo fino all'aula. Eppure tutto questo io lo posso fare anche attraverso una magia. Io mi rivolgo, educatamente, cioe' in modo cerimoniale, ad uno dei miei studenti e semplicemente formulo nel modo appropriato e gentile il mio desiderio che egli mi porti il libro. Questa appropriata formulazione del mio desiderio e' tutto quello che ci vuole; non c'e' bisogno che io lo forzi, lo minacci, che usi dei trucchi. Oltre alla formulazione io non devo fare nient'altro. In pochi attimi il libro sara' nelle mie mani come desideravo. Questo e' il modo peculiare con cui gli esseri umani producono qualcosa. Il fondatore di una qualsiasi istituzione sociale (scuola, impresa, stato, congregazione religiosa, ecc.) ha dovuto rivolgersi nel modo appropriato ai suoi collaboratori per poter raggiungere il suo scopo. Da qui nasce ogni grande impresa e ogni grande civilta'. Al contrario, l'uso non appropriato del cerimoniale produce malcontento, risentimento, odio, guerre. Non si tratta solo di "linguaggio non-verbale", possiamo parlare di una Ontologia della cerimonia.
Gli esempi della stretta di mano e del richiedere un favore sono semplici, la morale e' profonda. Questi gesti complessi ma familiari, sono caratteristici di ogni rapporto umano al livello massimo della loro umanita': gli esseri umani si distinguono di piu' da qualsiasi altra cosa del mondo proprio quando non si trattano come oggetti fisici o come animali che devono essere spinti, minacciati, forzati, manovrati. Guardando a queste "cerimonie" dal punto di vista del REI confuciano, noi capiamo come i riti espressamente sacri possono essere visti come una estensione enfatica, intensificata e finemente elaborata dei rapporti civili di ogni giorno.

J.L. Austin (How to Do Things with Words, 1962) ha richiamato l'attenzione sulle "espressioni performative". Queste non sono semplici predicati circa qualche oggetto, o azione. Sono invece l'esecuzione stessa dell'atto. "Io lascio i miei libri a mio fratello", detto o scritto nel modo e nella situazione appropriata, non e' un la descrizione di qualcosa che sto per fare o faro', ma e' l'atto stesso di lasciare in eredita'. Durante la celebrazione di un matrimonio, "si" non e' la descrizione di un atto mentale interiore di accettazione, e' l'atto stesso che pone in essere il contratto. "Prometto..." non e' la descrizione di cio' che ho fatto un attimo prima dentro la mia testa, non e' per niente descrittivo, le parole dette in se stesse sono l'atto di promettere. E' attraverso le parole, e la cerimonia di cui fanno parte, che io mi impegno in un modo, per chi "sempre si rivolge al REI", piu' potente, piu' difficile da sfuggire che gli stratagemmi e le forzature. Confucio ci sta dicendo che e' chi usa il potere del REI che puo' influenzare perfino chi gli sta sopra, non chi ha solo la forza fisica.
Non c'e' potere del REI se non c'e' convenzione appresa e accettata, o se le parole magiche (parola sacra e potente, mantra) sono pronunciate nella situazione sbagliata, o se la cerimonia non e' completata, o se chi eseguisce la cerimonia non e' "autorizzato" (autorizzazione e' un altra cerimonia). Non e' che ci sia un potere a parte che noi poi utilizziamo in una cerimonia, e' il potere 'della' cerimonia. Io non posso lasciare il mio schiavo a qualcuno, se nella societa', non c'e' la convenzione della vendita degli schiavi. Non posso scommetre due dollari se qualcunaltro non completa la scommessa accettando. Non posso dichiarami "innocente" di un delitto mentre sto cenando a casa.
Promesse, impegni, scuse, richieste, complimenti, patti e molte altre cose simili, non sono niente se non sono cerimonie. E' attraverso la cerimonia che la parte piu' caratteristicamente umana della nostra vita e' vissuta. L'atto cerimoniale e' l'atto primario, fondativo e irriducibile di ogni evento propriamente umano.
La parola non puo' essere capita isolata dall'uso convenzionale (cf. Frege) in cui e' radicata; gli atti convenzionali non possono essere capiti se isolati dal linguaggio che li definisce e che sono parte dell'atto. Non c'e' movimento puramente fisico che possa essere considerato una promessa, nessuna parola in se stessa, indipendente dal contesto cerimoniale, circostanze e ruoli possono essere una promessa. Parola e movimento sono solo astrazioni del concreto atto cerimoniale. Si ricordi che anche nell'eucarestia forma e materia sono indissolubili.

Cerimonie in Oriente e Occidente

Perche' mai la cortesia e' considerata in Occidente con sospetto? si chiede Roland Barthes (L'empire des signes, 1970). Perche' la cortesia viene ritenuta un elemento di distanza (se non addirittura di fuga) oppure di ipocrisia? Perche' un rapporto "informale" (detto "avec gourmandise" con ingordigia dice Barthes) e' piu' auspicabile di un legame sottoposto a codici?

Metafisicamente l'uomo occidentale si ritiene composto da una "interiorita'" individuale, autentica (luogo dell'incontro col divino e da cui sorge la personalita' e la dignita' dell'individuo) e da una "esteriorita'" sociale, potenzialmente fittizia, falsa. Secondo questa concezione il gesto cortese e' il segno di rispetto scambiato tra una pienezza e un'altra, attraverso il medium della mondanita' che potenzialmente puo' falsare il rapporto. Qui viene considerata la possibilita' che operi il peccato originale, che non viene considerato in Oriente. Tuttavia, dal momento che e' l'interiorita' della "persona" che si ritiene rispettabile, e' logico che si conosca meglio questa persona negando le possibili connivenze con interessi mondani. E' dunque il rapporto preteso franco, brutale, nudo, privo (o cosi' almeno di pensa) di ogni mediazione, indifferente ad ogni codice di mediazione, che rispettera' meglio il valore individuale dell'altro. Essere informali e' essere piu' veri, questo suggerisce conseguentemente la morale occidentale.

La cortesia orientale, a causa della minuzia dei suoi codici ci appare esageratamente rispettosa (cioe', ai nostri occhi, "umiliante") perche noi la decifriamo secondo le nostre abitudini, a partire da una metafisica della persona diversa. "la Forma e' il Vuoto" (色即是空) proclama una celebre sutra buddista.E' cio' che, attraverso una pratica della forma (termine il cui senso plastico e il senso mondano sono indissociabili), esprimono la cortesia del saluto all'orientale. Le nostre formule di linguaggio sono molto fuorvianti, si lamenta Barthes. Perche' se si dice che in Giappone "la cortesia e' una religione", si lascia intendere che c'e' in essa qualcosa di sacro; l'espressione deve invece essere formulata in modo da suggerire che la religione non e' in Giappone che una forma di cortesia, o meglio, che la religione e' stata sostituita dalla cortesia.

Matteo 5:43 Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; (Cf. Lev. 19,18)
Matteo 5:44 ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori,
Matteo 5:45 perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti.
Matteo 5:46 Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?
Matteo 5:47 E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Matteo 5:48 Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.

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