Thursday, March 24, 2011

Filosofia della musica

Per una musica sacra e profana che parli nuovamente al cuore

Una riflessione a partire dal direttore d'orchestra svizzero Ernest Ansermet

ROMA, mercoledì, 23 marzo 2011 (ZENIT.org).- Questo mercoledì, alle ore 17:30, nell'ambito del “Seminario Superiore” dell'Accademia Urbana delle Arti di Roma, la prof.ssa Maria Caterina Calabrò – docente di Musica sacra al Master “Architettura, arti sacre e liturgia” presso l'Università Europea di Roma e l'Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” – terrà una relazione presso la sede dell'Accademia (piazza E. Dunant, 55) dal titolo “Un contributo originale ed attuale per la composizione della musica: E. Ansermet, I fondamenti della musica nella coscienza umana”.
Pubblichiamo di seguito una sintesi della relazione.




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Riprendere questi studi di E. Ansermet (1883-1969, matematico e direttore d’orchestra, fondatore dell’Orchestra della Suisse Romande) significa riproporre una domanda quanto mai attuale, che negli anni ottanta lo storico della musica Fedele D’Amico ha più volte posto nelle sue lezioni e nei suoi scritti: se gli ascoltatori dopo più di mezzo secolo di musica contemporanea (e adesso sono passati altri trenta anni) si fossero abituati a quelle sonorità così diverse e se esse fossero diventate espressive e comprensibili all’udito, senza un’operazione in qualche modo ideologica, che esulasse dai suoni stessi. Il prof. D’Amico suggeriva di prendere in considerazione tutti gli scritti del direttore E. Ansermet (primo fra tutti Les fondaments de la musique dans la coscience humaine, Neuchâtel, 1961), che aveva posto la stessa domanda e aveva dato una struttura scientifica alla sua risposta.
Nell’epoca moderna il senso della musica e dei suoi oggetti non appartiene al campo dell’evidenza. L’oggetto musicale in se stesso si offre per così dire spogliato del suo senso, lo si interroga, si cerca di leggerne il senso nella sua struttura, ma in essa vediamo solamente una tecnica dell’evento sonoro che in altra maniera lo spiega: la spiegazione della musica si è sostituita nella persona all’interrogazione del suo senso. Si è andati avanti in questa ricerca perché si è convinti che la composizione oggi di ogni genere di musica sacra e profana non possa prescindere da questo insegnamento.
La fenomenologia della musica (metodologia che Ansermet ha messo a punto dagli studi sulla fenomenologia di Husserl e sulla psicologia fenomenologia di Sartre) ha per oggetto i fenomeni di coscienza che sono messi in gioco attraverso “l’apparire della musica nei suoni” e che ce ne spiegano l’apparire.
Ma i fenomeni di coscienza messi in gioco nella musica sono gli stessi di quelli che sono all’origine delle determinazioni fondamentali dell’uomo nella sua relazione al mondo. Perciò per Ansermet non ci si può fare un’idea chiara della musica senza farsi un’idea dell’uomo, senza vedere delinearsi una filosofia ed una metafisica. Quindi la fenomenologia è metodo e modo di guardare la realtà.
I fisici ammettono come fatto d’esperienza che la percezione degli intervalli è “logaritmica”. Ciò che conta invece per Ansermet non è il numero come tale, ma il significato affettivo che prende per la coscienza musicale. Il primo punto allora è stato il ricercare perché gli intervalli percepiti fossero dei logaritmi e non semplicemente dei rapporti di frequenze: la musica è un fenomeno psichico, la questione è sapere qual è il significato psichico che prendono i logaritmi nell’esperienza musicale. La percezione uditiva umana trasfigura in una somma ciò che si annuncia nel fenomeno sonoro come un prodotto, ciò vuol dire che se percepiamo, per esempio, un la poi un mi, percepiamo non il loro rapporto di frequenza 3/2, ma è il logaritmo di questo rapporto che pone l’intervallo tra i due suoni; la sola cosa che possa spiegare questa trasformazione è ammettere che si stabilisca, nell’udire, una correlazione logaritmica tra la cosa da percepire ed il percepito.
Ogni rapporto di frequenza è espresso nella coclea con il suo logaritmo che dà la misura dell’intervallo e, al prodotto dei rapporti di frequenza, corrisponde la somma di logaritmi, cioè la somma degli intervalli. È il nostro udito pertanto che trasfigura una successione di suoni nella linea sonora continua che chiamiamo melodia. Altezza, intervallo, melodia, sono fenomeni cocleari dovuti alla nostra maniera di percepire. La melodia perciò non è un fenomeno di coscienza, è un’immagine che l’udito si dà della successione dei suoni nel tempo e che proiettiamo sul fenomeno sonoro per farne un cammino del suono attraverso le sue posizioni spaziali. La nostra percezione uditiva interiorizza il fenomeno sonoro, ma perché questa interiorizzazione abbia luogo bisogna che la coscienza interiorizzi la temporalizzazione dei suoni in successione (ritmo).
Perché invece da fenomeno uditivo diventi fenomeno musicale, bisogna che si innesti nell’attività uditiva un’altra attività di coscienza: questa è l’attività del sentimento, attività affettiva che fa del passaggio da una posizione tonale ad un’altra una tensione affettiva tra due posizioni, e per questo, dà ad ogni intervallo un significato affettivo come darà un significato affettivo a tutti i dati uditivi, ritmo compreso. Questo fenomeno presuppone che i suoni con i quali possiamo fare musica sono scelti in tal maniera che i rapporti di frequenza che ci sono tra loro e gli intervalli che questi diversi rapporti fanno percepire costituiscano un sistema di logaritmi. Se non fosse così le operazioni logaritmiche, corrispondenza di un prodotto di rapporto di frequenze e di una somma dei loro logaritmi, cioè di una somma di intervalli, non potrebbero aver luogo.
A questo punto quindi dobbiamo andare ancora più a fondo nel fenomeno percettivo. Se percepiamo, tra i suoni, degli intervalli, è che il suono stesso è percepito come una certa posizione tonale situata ad una certa altezza dello spazio. Ora i suoni hanno altezza solo per l’orecchio; quest’organo chiamato coclea è un canale avvolto su se stesso in forma di spirale elicoidale: è perché la frequenza del suono risveglia la sensibilità del canale cocleare ad una certa altezza di questo canale, relativamente al suo asse, che il suono si qualifica, per la coscienza uditiva, attraverso la sua altezza. I suoni di frequenze differenti sono percepiti a diversi livelli di altezza nel canale cocleare, risultando per l’udito di differenti altezze ed intervalli.
Per quanto riguarda la base del sistema dei logaritmi essa sembra dover essere un intervallo dal momento che la linea melodica è fatta di intervalli. Questo sistema ricercato grazie al metodo di pensare fenomenologico pone la struttura tonale come la sola legge che possa dare un senso alle strutture musicali. La base del sistema è il rapporto della quinta ascendente alla quarta discendente nell’ottava; è il sistema che dà luogo ai suoni pitagorici, da cui deriva la scala eptatonica greca, formata dalle nostre posizioni tonali senza diesis né bemolle. Alla domanda se questi rapporti siano in relazione con la serie dei suoni armonici, che accompagnano ogni suono fondamentale, Ansermet così spiega:
Del resto la coscienza musicale non ha fondato le relazioni tonali sul rapporto di un suono e dei suoi «armonici», bensì sul rapporto di un suono e di altri suoni reali le cui frequenze stanno alla sua nello stesso rapporto che la frequenza degli «armonici» di un suono fondamentale a quella di questo suono fondamentale. (E. Ansermet, Les Fondements de la musique dans la coscience humanine, Neuchâtel 1961, p. 18).
La musica è apparsa perché l’uomo, producendo con la voce o uno strumento i suoni, sentiva riflettere nei loro intervalli la sua attività di sentimento. Praticando poi la musica, l’uomo è giunto nell’era occidentale all’organizzazione tonale, fondata sul sistema di logaritmi di cui si è indicata la base e che ha fatto di questo linguaggio un linguaggio chiaro, razionale ed universalmente comunicabile. Così questa legge appare all’evidenza dei fatti come legge stessa dell’udito musicale, cioè come legge stessa che l’udito musicale doveva scoprire (e l’ha scoperta e messa in opera completamente, secondo Ansermet, nella musica occidentale) perché la musica divenisse appunto un linguaggio comunicabile e di validità universale. La grande musica è quella che ci fa trascendere l’individualità del linguaggio verso il messaggio umano che ci trasmette e perciò la sola novità che sia possibile ora creare in musica è nella maniera di mettere in opera le strutture, cioè nello stile.
Per Ansermet questo è stato possibile in Occidente, poiché è in Occidente che si è prodotta la coscienza affettiva dell’uomo (che è il vero agente del fenomeno), risvegliata all’autonomia e alla attività attraverso l’incontro con il Cristianesimo, con il suo richiamo alla libertà del cuore, alla determinazione dell’uomo attraverso la sua attività di sentimento. Ansermet quindi ripercorre il modo in cui il sentimento musicale ha costituito il mondo tonale nel quale può esprimersi; la musica nell’era occidentale è ridivenuta l’oggetto di una creazione spontanea (come lo era presso i primitivi), la teoria in Occidente ha sempre seguito la creazione, fino alla musica seriale. Ha preso quindi in esame il canto gregoriano osservando che tutte queste melodie procedono in una scala di ottava articolata sulla quarta e la quinta. Questa scala i Greci l’avevano scoperta accordando la loro lira, attraverso un’alternanza di quinte discendenti e di quarte ascendenti. Ma le scale del canto gregoriano non sono le stesse di quelle dei Greci, gli autori del canto gregoriano hanno creato le loro melodie senza sospettare che esse procedessero da queste scale, in seguito ci si è accorti di questo; così fin dalla sua nascita la musica introduceva il musicista in uno spazio sonoro strutturato che ha assimilato e rielaborato. I movimenti di quarta e di quinta ed il sistema tonale sono perciò delle strutture come i verbi e la sintassi nel linguaggio. I modi e le tonalità procedono quindi dalla stessa legge di organizzazione tonale.
Si prende in esame quindi un inedito del maestro Asermet consegnato al prof. D’Amico per una revisione e poi affidatomi per uno studio; in particolare guidando l’ascolto dell’Ouverture del Coriolano di L. van Beethoven, il maestro Ansermet evidenzia i significati che la tonalità e gli intervalli esprimono esemplificando il metodo che ha elaborato. Questa sintesi porta in sé già tutti i temi che interessano a chi desidera operare nel campo della composizione sacra e profana (nello studio sono specificate tutte le dimostrazioni matematiche, il metodo usato della fenomenologia, gli esempi musicali e viene delineato un giudizio sulla storia della musica nei secoli a partire da questo sguardo ed in particolare un giudizio motivato sulla musica contemporanea): è un richiamo efficace alle radici della musica e della musica occidentale, radici e ragioni che in primo piano fanno emergere le possibilità di stile che la musica sacra e profana oggi possono percorrere per parlare nuovamente come linguaggio al cuore dell’uomo.
Ripercorrere le ragioni e guardare alle radici non è lodare un tempo passato, ma inserirsi in un solco profondo ed in una storia viva (Tradizione) che per la sua continuità e verità è stata costantemente operativa nel tempo e che il Cristianesimo come agente fecondo “nella” cultura e “di” cultura ha reso e rende universalmente trasmissibile anche attraverso il linguaggio musicale.

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