Sunday, November 03, 2013

Chesterton e l’elogio delle sottigliezze teologiche Quando è utile

Chesterton e l'elogio delle sottigliezze teologiche Quando è utile
spaccare il capello in quattro

Inos Biffi

La storia qualche volta fa incontrare degli autentici profeti. Essi però non so- no quelli che rivelano le ovvietà che tutti pensa- no, o quelli che sono abili a leggere i segni dei tempi alla rovescia o bravi a proclamare quello che tutti si aspettano.
I rari profeti autentici sono quelli che vedono in anticipo e proclama- no cose che pochi o nessuno pensa o gradisce, e che sono destinate ad avverarsi.
Tra questi credo si debba anno- verare l'originalissima ed esuberante figura di Gilbert Keith Chesterton, le cui affermazioni, pur risalenti ai primi decenni del secolo passato (muore nel 1936), si stanno rivelan- do, nei campi più diversi, di una impressionante antiveggenza: un po' come tutto il suo pensiero, do- ve, mediante il genere letterario depiù inatteso paradosso e della più penetrante ironia, vediamo brillare tutto un fascio di luci inaspettate.
Prendiamo come esempio quello che diceva — siamo nel 1934 — a proposito delle «sottigliezze teolo- giche»: «Le discussioni teologiche sono sottili ma non magre. In tutta la confusione della spensieratezza moderna, che vuol chiamarsi pen- siero moderno, non c'è nulla forse di così stupendamente stupido quanto il detto comune: "La reli- gione non può mai dipendere da minuziose dispute di dottrina". Sa- rebbe lo stesso affermare che la vita umana non potrà mai dipendere da minuziose dispute di medicina. L'uomo che si compiace dicendo: "Non vogliamo teologi che spacchi- no capelli in quattro", sarebbe forse d'avviso di aggiungere; "e non vo- gliamo dei chirurghi che dividano filamenti ancora più sottili"».
Chesterton aggiungeva: «È un fatto che molti individui oggi sareb- bero morti se i loro medici non si fossero soffermati sulle minime sfu- mature della propria scienza: ed è altrettanto un fatto che la civiltà eu- ropea oggi sarebbe morta se i suoi dottori di teologia non avessero ar- gomentato sulle più sottili distin- zioni di dottrina» ("Capelli spaccati in quattro", in Il soprannaturale è naturale. Scritti per l'Italia, Genova- Milano, Marietti 1820, 2012).
Le rigorose analisi teologiche — osservava il geniale scrittore inglese — lasciarono tracce nella civiltà eu- ropea: «I grandi Concili religiosi sono di un'importanza pratica di gran lunga superiore a quella dei Trattati internazionali, perni sui quali si ha l'abitudine di far girare gli avvenimenti e le tendenze dei popoli». A giudizio di Chesterton, «i nostri affari di oggi stesso(...) so- no ben più influenzati da Nicea ed Efeso, da Trento e Basilea», con la dottrina relativa alla divinità di Cri- sto vero uomo e vero Dio, alla na- scita verginale di Gesù, al valore dei sette sacramenti, all'indissolubi- lità del matrimonio, al celibato ec- clesiastico, alla verginità, al diritto di proprietà, alla legittima difesa, al culto delle immagini.
Noi potremmo rilevare che è tut- tora diffusa la persuasione che l'analisi teologica, intesa a esplorare le ragioni del mistero cristiano con le sue intime connessioni e quindi a elaborare le forme più adeguate del suo linguaggio, sia un'impresa inutile, se non deviante rispetto alla semplice accoglienza nella fede del «Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe». Salvo poi, da parte di una certa teologia, associarsi filoso- fie di ispirazione antimetafisica, che concorrono fatalmente al fraintendi- mento della teologia stessa e quindi proprio del «Dio di Abramo di Isacco e di Giacobbe».
Le "sottigliezze", di cui parla Chesterton, non sono quindi le in- vestigazioni sofistiche e vane che dirottano dal contenuto del mistero, ma la passione per la sua intelligen- za luminosa e illuminata, grazie alla quale sono stati definiti i dogmi, che non si impongono dall'esterno, ma che emergono più nitidamente dall'intimo del mistero, come reso più accessibile.
Chi studi la Summa Theologiae di Tommaso si imbatte certamente in una infinità di distinzioni che quasi frantumano il tema, e corre il ri- schio di smarrirsi e di confondersi; ma, se ha la pazienza e l'abilità di
coglierne il senso e la prospettiva, si accorge che alla fine lo stesso te- ma emerge nella sua so- stanziosa e più variegata luminosità .
All'origine delle "sotti- gliezze" si trova esatta- mente l'intenzione dell'Angelico, il quale af- ferma: «Quando la vo- lontà è ben disposta in rapporto alla fede, essa ama la verità creduta, vi ritorna senza posa nel suo pensiero, e ne fa oggetto della sua riflessione per vedere se mai possa tro- vare delle ragioni a suo favore» (Summa Theolo- giae, II-II, 2, 10, c), mentre nella Summa contra Genti- les esorta alla teologia con le parole di Ilario di Poitiers: «Nella tua fede inizia, progredisci, insisti; sebbene io sappia che non arriverai mai alla fi- ne, mi rallegrerò del tuo progresso. Chi, infatti, si
muove con fervore verso l'Infinito, anche se non arriva mai, tuttavia va sempre avanti. Però non presumere di penetrare il mistero, e non ti im- mergere nell'arcano di una natura divina, immaginando di compren- dere il tutto dell'intelligibile, ma cerca di capire che si tratta di una realtà incomprensibile» (I, 8).

Osservatore romano


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