di GABRIELLA M.
DI PAOLA DOLLORENZO
vanti alla Mente divina. Ciò è dimostrato dalla concretezza della loro opera. In Pier Damiani l'elogio dell'ascesi si accompagna all'invettiva contro la decadenza, ma anche alla riforma della Chiesa (fu consigliere di Niccolò II e Alessandro II). Benedetto si definisce: «e quel son io che su vi portai prima / lo nome di colui che 'terra addusse / la verità che tanto ci soblima» (XXII, 40- 42), quella evangelizzazione di terre ancora legate al culto di Apollo e la fondazione della Regola: «La regola mia / rimasa è per danno delle carte» (XXII, 74-75).
Tommaso e Bonventura, Pier Damiani e Benedetto definiscono le coordinate della teologia dantesca che è figlia dell'anelito ri- formatore del Medioevo (si pensi a Gioac- chino da Fiore), ma è assolutamente mo- derna per il ruolo assegnato all'umanesi- mo: «L'umanesimo di Dante (...) è basato sui principi, che la grazia non distrugge la natura, ma la risana e la corona, e che perso- na est nomen dignitatis. In Dante tutti i valori umani sono riconosciuti ed esaltati (...) mentre egli si sprofonda nel divino" (Paolo VI, Altissimi cantus, 7). Pertanto non stupisca che l'excessus mentis di Dante, davanti al trionfo di Cristo e della Vergine Maria, si verifichi dopo le invettive dei Santi: Arriva- to nell'ottavo Cielo, sotto la "sua" costella- zione dei Gemelli, chiede aiuto alle Stelle per affrontare il «passo forte» (XXII, 123). L'excessus è collegato al processo di forma- zione del fulmine: attraverso l'estrema ten- sionedell'espressivitàDantetoccaillimite della mente e dell'arte, avvalendosi di lumi- nose analogie. «Come foco di nube si dis- serra / per dilatarsi sì che non vi cape, e fuor di sua natura in giù s'atterra, / la mente mia(...) / fatta più grande, di sé stessa uscìo» (XXIIi, 40-44). Conseguentemente vede il trionfo di Cristo: «Quale ne' pleni- lunii sereni / Trivia ride tra le ninfe etterne / che dipingon lo ciel per tutti i seni, / vid'io sopra migliaia di lucerne / un sol che tutte quante l'accendea,/ (...) e per la viva luce trasparea / la lucente sustanza tanto chia- ra» (XXIII, 25-32) e insieme il Trionfo di Maria «il nome del bel fior ch'io sempre in- voco e mane e sera» (XXIII, 88), circondata dalla luce dell'Arcangelo Gabriele. La Ver- gine è la Rosa mystica, in cui fu incarnato il Verbo (Giovanni, I, 14); per Bernardo rosa... candida per virginitatem, rubicunda per charitatem. Per la liturgia i Sancti tui, Domine, florebunt sicut lilium et sicut odor balsami erunt ante te (Cantico dei Cantici, II, 1; VI, 3 Ecclesiaste XXXIX , 18-19; ii Corinzi II, 14-15). Essi cantano Regina coeli, l'antifona del periodo pasquale.
Nell'apoteosi del Cielo dei Gemelli si in- serisce il triangolo della santità evocato da Benedetto: «Pier cominciò sanz'oro e sa- n'argento, / e io (Benedetto) con orazione e con digiuno, / e Francesco umilmente il suo convento» (XXII, 88-90). Pietro sarà il protagonista dei canti successivi: «Quivi triunfa, sotto l'alto Filio / di Dio e di Ma- ria, di sua vittoria, e con l'antico e col novo concilio, / Colui che tien le chiavi di tal glo- ria» (XXIII, 136-139).
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Papa Francesco ci introducono all'intreccio dei significati teologici che connotano i canti XXI, XXII e XXIIi del Paradiso.
I Beni della Chiesa appartengono ai Po- veri, XXII, 82-83, poiché la povertà è nella genesi della Chiesa stessa, per volere di Cristo e del suo primo Vicario: Petrus autem dixit: Argentum et aurum non est mihi (Atti Ap. III, 6) Et ego dico tibi quia tu es Petrus, et super hanc pe- tram aedificabo ecclesiam meam (Matteo 16, 18). Dante è particolarmente sensibile alla que- stione della povertà delle Origini: «Venne Cefàs e venne il gran vasello / de lo Spirito Santo, magri e scalzi / prendendo il cibo da qualunque ostello» (XXI, 127-129), con esi- bito riferimento alle Scritture: Iesus dixit. Tu es Simon, filius Iona; tu vocaberis Cephas, quod in- terpretatur Petrus (Giovanni I, 42) e Vas electionis (Atti Apostoli. IX, 15 riferito a Paolo) e si inse- risce nel contesto teologico dei Cieli VI, VII e VIII, in cui si riconosce la progressione Aquila, segno dell'impero romano, simbo- lo del potere terreno — Croce di Cristo, ponte tra Cielo e Terra — Scala d'oro, sim- bolo biblico (Genesi, XVIII,12) proteso solo verso il Cielo, per indicare il graduale di- stacco di Dante dalla Terra, nell'avvicinarsi aDio:«dicolord'oroincheraggiotraluce / vid'io uno scaleo eretto in suso/, Tanto, che nol seguiva la mia luce xxi, 28-30 ; e no- stra scala (...) / onde così dal viso ti s'invo- la. / Infin là su la vide il patriarca/ Iacobbe porger la superna parte, quando li apparve d'angeli sì carca» (XXII, 68-72).
Nell'affrontare il tema quanto mai arduo della santità vissuta nell'ascesi e nel mistici- smo, Pier Damiani e Benedetto da Norcia, Dante approda all'archetipo della santità papale, «Colui che tien le chiavi di tal glo- ria» (XXIII, 139) Pietro e, indirettamente, la- scia trasparire il suo ideale di Prelato, uomo dedito alle pratiche ascetiche e alla sua mis- sione spirituale, sprezzante di onori e agi mondani. Dopo gli Spiriti militanti del cie- lo di Marte e gli Spiriti Giusti del cielo di Giove, occorre descrivere la santità "con- templativa" del cielo di Saturno, necessaria premessa al Trionfo di Cristo e della Vergi- ne Maria. Nella concezione dantesca la contemplazione/ascesi sono a un tempo premessa e guida all'attività apostolica e approdo estremo di una sofferta esperienza terrena, così Pier Damiani: «Lievemente passava caldi e geli / contento ne' pensier contemplativi» (XXI, 116-117). Ciò introdu- ce il Lettore all'esperienza dell'excessus men- tis: «S'io torni mai, lettore, a quel divoto / triunfo per lo quale io piango spesso / le mie peccata» (XXII, 106-108), fortemente legata alla spiritualità di Pier Damiani e Benedetto, in cui ascesi e misticismo porta- no il segno della razionalità teologica, non dell'annichilimento della mente umana da-
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