Tuesday, April 16, 2013

Convegno internazionale alla Pontificia Università Urbaniana

Convegno internazionale alla Pontificia Università Urbaniana
In ascolto dell'Asia

di FERNANDO FILONI

L'OSSERVATORE ROMANO lunedì-martedì 15-16 aprile 2013

Ho passato quasi vent'anni dei miei trentadue al servizio della Sede Apostolica nel continente asiati- co: dal Vicino O riente, al Sub-con- tinente indiano, all'estremo O rien- te, passando per Paesi a maggioran- za islamica, indu-buddisti, confu- ciani e cristiani. Uno spettro varie- gato. Così inaugurando questo con- vegno mi pare di tornare, per così dire, a casa. Cioè in un contesto, per molti versi a me familiare, da cui ho ricevuto un'infinità di stimo- li culturali e religiosi che mi hanno aiutato a crescere e ad arricchirmi.
Molte volte, vivendo nel contesto asiatico, mi sono chiesto: perché l'Asia risponde apparentemente po- co, voglio dire almeno in termini percentuali, al messaggio del Van- gelo, mentre sul piano del servizio in campo educativo, del servizio ai poveri e della difesa dei diritti uma- ni la Chiesa gode di altissima sti- ma? Dovunque sono stato ho trova- to risposte parziali, non prive di va- lore e di significato. Anche di re- cente, leggendo quello straordinario romanzo del giapponese Shusaku Endo, Silenzio (Milano, Corbaccio, 2013, pagine 211, euro 16,40) ho tro- vato una risposta, per quel che ri- guarda l'evangelizzazione in Giap- pone, assai interessante eppure non del tutto soddisfacente. Durante l'interrogatorio del gesuita Seba- stian Rodrigues da parte dell'alto funzionario governativo incaricato di stroncare il cristianesimo nato da pochi decenni, questi diceva: «Pa- dre, noi non stiamo discutendo se la sua dottrina sia giusta o sbaglia- ta. Il motivo per cui abbiamo ban- dito il cristianesimo in Giappone è che, dopo profonda e seria conside- razione, troviamo che questo inse- gnamento non abbia alcun valore per il Giappone di oggi». Aggiun- gendo un poco oltre: «Gliel'ho det- to. Questo nostro Paese non è adat- to all'insegnamento del cristianesi- mo. Il cristianesimo qui non può mettere radici», spiegando che il Giappone è come una palude dove ogni pianta che si mette marcisce. Tra il 1587 e il 1640, per oltre cin- quant'anni, la violenza dello Stato contro i cristiani fu così feroce che, come scrive Pierre D unoyer nel suo recente volume Christianisme et idéo- logie au Japon XVIe - XIXe siècle (Parigi, Les Éditions du Cerf, 2012, pagine 240, euro 25) portò per via di raffinate ignobili torture, alla «disumanizzazione del popolo cri- stiano toccando addirittura la co- scienza stessa di molti giapponesi».
È vera l'affermazione dell'inquisi- tore giapponese? Nell'Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Asia (1999), Giovanni Paolo II ini- ziava il documento scrivendo: «La Chiesa in Asia canta le lodi del "Dio della salvezza" (Salmi, 68 [67], 20) per avere scelto di dare inizio al suo piano salvifico sul suo- lo dell'Asia, mediante uomini e donne di quel continente. È stato in Asia, infatti, che Dio sin dall'ini- zio rivelò e portò a compimento il suo progetto salvifico» (n. 1). A Manila, quel Pontefice, il 15 gen- naio 1995, aveva detto: «Come nel primo millennio la Croce fu pianta- ta sul suolo europeo, nel secondo millennio su quello americano e africano, nel terzo millennio si po- trà sperare e raccogliere una grande messe di fede in questo continente così vasto e vivo» (ibidem, n. 1).
Questo nostro convegno si riag- gancia a quella speranza manifesta- ta dal Sommo Pontefice, quasi fa- cendo sua l'ansia di tutta la Chiesa.
Non si tratta qui di dare spiega- zioni sui tanti perché il continente asiatico sia stato meno aperto al Vangelo; a tale questione si dedica con passione e competenza la ricer- ca storica, si tratta di «Mettersi in ascolto dell'Asia», come propone il tema del nostro convegno. Se è ve- ro che il continente asiatico è stato raggiunto dall'Europa dapprima per vie terresti e poi marittime, il concetto di aprire o percorrere "vie", come in passato, rimane an- cora oggi fondamentale e valido. L'Asia va "percorsa", va "conosciu- ta", va "apprezzata" (anche per quel feeling che si crea in chi l'adotta come sua terra), va "stima- ta" (penso al suo alto grado di ci- viltà) e, infine, va "amata", direi co- me un corpo che mi appartiene. Credo che non dissimili fossero i sentimenti che intimamente anima-ono i primi missionari, come li co- gliamo da tante loro corrisponden- ze giacenti nei nostri archivi, e i missionari di oggi, nonostante le immense difficoltà e a volte le non piccole persecuzioni patite. Come sono esistite la via della seta, la via delle spezie, la via della cultura, esiste anche la via della fede. È sin- tomatico che quando Marco Polo nel XIII secolo partì per la Cina portasse con sé una piccola Bibbia manuale, oggi conservata presso la Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, che la Treccani ha riporta- to all'attenzione anche con una pre- ziosa pubblicazione in lingua italia- na e cinese, dal titolo In Via in Sae- cula — La Bibbia di Marco Polo tra Europa e Cina (Roma, 2012, XLIV + 420 pagine). Quel grande viaggia- tore non portava con sé solo pro- getti e mercanzie, ma la Parola di Dio, che gli fu Parola di vita, com- pagna di viaggio, consolazione nel- le difficoltà e forse speranza di be- ne per il popolo cinese. Un volu- me, quella Bibbia manuale, che va oltre il significato culturale in sé, e che prossimamente tornerà in Cina, a Shanghai e Pechino, per momenti di valorizzazione storico-culturale e religiosa. In verità, non fu la prima volta che la Parola di Dio arrivava in Cina; storicamente sappiamo che il cristianesimo era arrivato in quel- la Terra almeno dall'VIII secolo, in- trodotta dai monaci siriaci attraver- so l'Asia centrale. Il ramo della vite piantata nel Vicino O riente da Ge- sù («Io sono la vera vite», Giovan- ni, 15, 5) era riuscita a estendere i suoi rami, attraversando tutta l'Asia fino nella lontana Cina, come bene attesta il credo professato a Xian, oggi leggibile nella famosa stele detta appunto di Xian, la capitale dell'O vest. Giovanni da Montecor- vino, dopo Marco Polo, raggiunge- rà Khambalik (Pechino), portando- vi evangelizzazione e istituzione.
Mi piace che il nostro convegno, in qualche modo, ripercorra «le vie della fede» in Asia con uno sguar- do su «società e religioni», aspetti che si intersecano in uno straordi- nario connubio, così intimamente da non apparire chiaro l'inizio o il termine dell'una e delle altre. «Tra- dizione e contemporaneità» poi ci permettono di apprendere quel le- game che arriva all'oggi e forse ci darà modo di rendere più adeguato il nostro servizio al Vangelo.





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