Friday, September 16, 2005

Lo scopo di un agire ne determina infatti l’essenza.

Emanuele Severino, Corsera 16 settembre 2005-09-16

U n popolo che non voglia vivere in sogno deve guardare l’intera configurazione storica del presente e, se vuole capirne il senso, deve decifrare il passato e il futuro del Pianeta. Per questo, sono d’accordo con Tommaso Padoa-Schioppa, che sul Corriere di domenica si augura che prenda piede «una disincantata osservazione delle tendenze di lungo periodo operanti nell’economia mondiale e nelle nostre società». Ma, se questo disincanto vuol esser radicale, è indispensabile introdurre un fattore ulteriore e decisivo, col quale debbono fare i conti gli individui e le diverse forme economico-sociali, quelle religiose comprese. Intendo riferirmi alla tecnica , guidata dalla scienza moderna. Proprio per questo, intendo riferirmi alla filosofia del nostro tempo, che, adeguatamente intesa, mostra l’inesistenza di ogni limite assoluto che la tecnica non possa oltrepassare - sì che i limiti dell’agire umano sono dati dal diritto «positivo» (cioè «posto», creato dall’uomo) e non da quello «naturale» (da ultimo, di ascendenza divina).
Capitalismo, democrazia, Cristianesimo, Islam, comunismo, nazionalismo (e anche le degenerazioni di queste categorie, come ad esempio il terrorismo islamico o la mafia) sono le forze che oggi si servono della tecnica per prevalere le une sulle altre - e ogni forma economico-sociale si inscrive in esse. Poiché la tecnica è ormai lo Strumento insostituibile per realizzare scopi, ognuna di queste forze evita di ostacolare le prestazioni di tale Strumento, ma anzi mira a rafforzarne sempre di più la potenza. Quando ciò accade - lo vado rilevando da decenni - queste forze finiscono col perdere di vista lo scopo che le caratterizza (ad esempio, per la democrazia lo scopo caratterizzante è la realizzazione di un mondo democratico), e finiscono con l’assumere come scopo il crescente potenziamento dello Strumento-tecnica. Finiscono cioè col diventare qualcosa di essenzialmente diverso da ciò che esse vogliono essere.
Lo scopo di un agire ne determina infatti l’essenza. Il mangiare che è presente nel mangiare per vivere è qualcosa di essenzialmente diverso dal mangiare che è presente nel vivere per mangiare. La democrazia che ha come scopo un mondo democratico è essenzialmente diversa dalla democrazia che, per prevalere, assume come scopo il crescente potenziamento dello Strumento che dovrebbe realizzare quel mondo. Lo stesso si dica del capitalismo, dell’Islam, del Cristianesimo, eccetera. La fondamentale «tendenza di lungo periodo» è appunto questo rovesciamento, dove lo Strumento diventa lo Scopo.
«Il futuro è aperto», cioè «più di un futuro può scaturire da uno stesso presente» - scrive Padoa-Schioppa. È una delle affermazioni centrali della filosofia del nostro tempo. Ma se non si sa come evitare il «rovesciamento» di cui ho parlato qui sopra, allora il futuro è notevolmente meno aperto. Questa conclusione può essere ulteriormente rafforzata. Mi limito ad una sola indicazione.
Ogni strumento si logora. Finisce con l’essere distrutto e sostituito.
Si logora, appunto, per realizzare ciò che deve logorarsi il meno possibile, cioè lo scopo dell’agire che si serve di tale strumento. Le forze sopra nominate, che intendono servirsi della tecnica per realizzare gli scopi da cui esse sono caratterizzate, non possono quindi non logorare la tecnica, assunta nel suo insieme come semplice strumento.
Nel suo insieme, la tecnica non è infatti una macchina tra le altre, e quindi sostituibile. Nel suo insieme, la tecnica non è oggi sostituibile da uno strumento più efficace. Quindi il suo logoramento riduce la capacità di realizzare gli scopi delle forze che della tecnica intendono servirsi. Tra mezzo e fine non c’è solidarietà, ma contraddizione. Appunto perché il mezzo, per rendere stabile il fine, deve logorarsi, e logorandosi determina l’instabilità del fine. Accade così che capitalismo, democrazia, Cristianesimo, Islam, eccetera, per rendere stabili i loro scopi, provvedano a logorare il meno possibile lo Strumento tecnica. Ma quando ciò accade, il loro scopo autentico non è più quello che esse credono di realizzare, ma è il logoramento minimo dello Strumento, e cioè, daccapo è il potenziamento crescente di tale Strumento. Sia «a destra» sia «a sinistra» si crede che le forze di cui abbiamo parlato, e persino gli individui e i gruppi sociali, abbiano la capacità di controllare la tecnica, cioè di servirsene come semplice mezzo. E mi sembra che anche Padoa-Schioppa condivida questa tesi. Ma, per reggersi, questa tesi non deve fare i conti con le considerazioni di sopra sviluppate? Certo, esse sono solo un cenno. D’altra parte, alle obiezioni che si possono loro rivolgere, già da tempo ho altrove risposto.

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