Thursday, October 19, 2006

Chiesa "pacificatrice, non pacifista"

La globalizzazione mette in crisi lo Stato e dunque il suo modo, per lungo tempo piuttosto efficace, di rendere riconoscibile la forza fisica legittima, quanto all’essenza identica alla forza protagonista di ogni atto di violenza, e dunque di renderla distinguibile dal mero sopruso.

Ora, la globalizzazione non mette in crisi in alcun modo la politica, e dunque innanzitutto la utilità di disporre di una forza fisica legittima da utilizzare per minacciare chi intende violare le norme condivise e per coercire l’eventuale effettiva violazione di queste. Però, nell’èra degli Stati (per definizione territoriali) il confine spaziale evidenziava anche un importante limite tra un uso legittimo della forza fisica legittima (ad esempio quella di una azione di polizia) ed un uso illegittimo della forza fisica legittima (come nel caso di una guerra di aggressione da parte di uno Stato ad un altro Stato). Ora, la fine degli Stati, e di gran parte se non di tutto il significato dei loro confini, ci crea enormi problemi già in sede analitica. Evidentemente, a parte il caso della difesa da una aggressione, non è più qualificabile come ‘guerra’ ogni uso della forza fisica al di fuori degli (ex) confini di un (ex) Stato.

Certo non abbiamo ancora idee ed istituzioni per dar forma certa, modalità proporzionata ed esecuzione imputabile a questo e ad altri aspetti della politica globale, ma non per questo dobbiamo restar preda di nostalgie o nasconderci cinicamente dietro fantasmi. Ciò anzi vuol dire che è in questa direzione che dobbiamo concentrare i nostri sforzi per promuove sempre e quanto più possibile la pace e la regolazione non bellica dei conflitti. La situazione è così nuova che non possiamo neppure affidarci a sperimentate e comode analogie. Se è vero che la città, anche globale, ha bisogno di poteri limitati e bilanciati, anche in accordo con l’insegnamento sociale della Chiesa, ogni progetto di “Stato globale” diventa qualcosa da temere e da contrastare con fermezza. Come contrastare altrimenti gli eventuali abusi di un monopolio globale della forza fisica legittima? Chiaramente la soluzione, che per ora nessuno ha, dobbiamo cercarla nella direzione di qualcosa che somigli piuttosto ad un ordine policentrico, in cui i poli caratterizzati da democrazia, economia di mercato, libertà religiosa, libertà scientifica, ecc. sappiano controllare i poli meno liberali tenendoli dentro – finché possibile –, mantenendoli in minoranza e stimolandone la positiva evoluzione, piuttosto che escludendoli. Nessuna delle istituzioni internazionali di cui disponiamo deve essere considerata perfetta od idolatrata, ma, per la prospettiva appena accennata, esse appaiono come risorse non uniche ma dalle quali è difficile prescindere.
Una credibile minaccia a sostegno di leggi e trattati ma anche di alcuni diritti individuali, una certa efficace coercizione di chi li viola, il rifiuto di considerare ancora imperseguibili su scala internazionale tiranni che si trovassero anche ad essere formalmente “governanti legittimi di Stati sovrani”, e altro ancora, è oggi divenuto meno infrequente perché non consideriamo ‘guerra’ ed abbiamo praticato un certo uso della forza fisica legittima in parte almeno a prescindere dal vecchio modo di intendere i confini statuali.
Senza aver presente questo insieme di novità fattuali, sarebbe difficile capire, ad esempio, come mai Giovanni Paolo II, proprio mentre spendeva tutta la sua autorità e tutte le sue residue umane energie per scongiurare sviluppi militari ad una recente gravissima crisi politica globale, con forza continuasse a sottolineare che la Chiesa è “pacificatrice, non pacifista”.

Luca Diotallevi

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