Tuesday, October 13, 2009

Natura Grazia Salvezza dei non cristiani

Grazia e natura secondo Luigi Sturzo

Il realismo del soprannaturale


Pubblichiamo un estratto della relazione tenuta al convegno internazionale sturziano di Catania dal vescovo di Piazza Armerina, che presiede la commissione storica per la causa di canonizzazione di don Luigi Sturzo.



di Michele Pennisi

È impossibile capire profondamente don Luigi Sturzo se si prescinde dalla sua concezione della cultura e dalla sua visione teologica, basata sul realismo del soprannaturale. Egli cercò di stabilire un equilibrio non facile, ma necessario, tra fede e storia, fra il temporale e l'eterno, fra grazia e natura per realizzare una ortoprassi cristiana della politica che escludesse sia un assorbimento del naturale nel soprannaturale di marca integrista, sia una separazione fra i due ordini di impronta laicista.
Quest'impostazione del rapporto tra grazia e natura si ritrova tanto nella sua concezione della cultura come "lo svolgimento del pensiero e dell'attività degli uomini realizzato nei secoli", quanto nell'elaborazione del progetto di un partito laico di ispirazione cristiana; come pure nella sua sociologia storicista definita "cristiana nella radice anche se laica nelle foglie".
Il rapporto fra naturale e soprannaturale è affrontato sistematicamente da Sturzo nell'opera, pubblicata durante l'esilio - in inglese nel 1943 e in spagnolo nel 1944 - La Vera Vita: sociologia del soprannaturale, in cui egli, partendo da un'analisi della società, considerata nella sua concretezza storica, afferma che uno studio globale di essa non può trascurare l'inserimento della realtà nell'ordine soprannaturale.
Del progetto di quest'opera si trovano tracce nel carteggio col fratello Mario. Il primo accenno è in una lettera del 10 ottobre 1936 dove scrive di progettare un libro "mezzo ascetico e mezzo filosofico sulla vita interiore". Il 16 marzo 1937 precisa il titolo della nuova opera in preparazione che dovrebbe essere la terza di una trilogia dopo il Saggio di Sociologia e Chiesa e Stato: "Il mio punto di partenza è dato dalle conclusioni dei libri precedenti. Il Saggio di Sociologia finisce con l'appello che la vita sociale fa della trascendenza; Chiesa e Stato con la constatazione che umanesimo e cristianesimo sono storicamente inseparabili come natura e sopra-natura. Il terzo lavoro partirà (...) dal principio che non si dà in concreto una natura completa, perfetta, valevole ai fini dell'uomo; ma che elevata all'ordine soprannaturale, decaduta e restaurata, la natura è talmente legata al soprannaturale da non essere più autonoma. Fuori della sintesi natura - sopra natura si avrà di qua la decadenza, di là l'annichilazione". Tale sintesi è individuale e sociale. E il 6 aprile scrive: "Ponendo mente solo al titolo del mio lavoro: Vita soprannaturale, deve intendersi che tale vita è messa sul piano soprannaturale della Grazia. Il mio è e deve essere uno studio basato sulla teologia. La società storica cristiana non è divisa in due società, una naturale e l'altra soprannaturale, ma forma un'unica società naturale-soprannaturale. Si fa bene a mettere in rilievo l'una e l'altra natura, i caratteri, i limiti; ma nel concreto individuale ed in quello sociale, le due nature formano un'unica entità psicologica, morale e storica. Il separatismo intellettuale ci ha portato al naturalismo razionalista o al supernaturalismo fideista; quello pratico ci ha portati al laicismo di stato e alla religione della sagrestia e della chiesuola".
L'opera di Sturzo può essere considerata un trattato sintetico di introduzione alla concezione cristiana della vita e della società. Egli partendo dal primato della grazia tuttavia salvaguarda l'autonomia delle realtà terrene. Egli espone in modo sistematico la tematizzazione intellettuale della propria esperienza spirituale e del proprio impegno sociale e politico.
Per lui la "vera vita" è quella soprannaturale", "quella dello spirito", "alla quale siamo predestinati da Dio, non per esigenza della natura ma per dono di benevolenza", che non nega anzi perfeziona la vita naturale. Il primato del soprannaturale comporta anche il primato della grazia che si collega al mistero dell'incarnazione e della redenzione operata da Gesù Cristo con il mistero pasquale e il dono dello Spirito.
Si tratta di una prospettiva pervasa dalla speranza cristiana per la quale la ragione è una dimensione umana destinata a lasciarsi incontrare dalla grazia divina e illuminare dalla fede. Così don Sturzo arriva ad ammettere la possibilità della salvezza per tutti gli uomini, anche per i non cristiani, che anche se non conoscono il compimento della rivelazione divina "nell'incarnazione del Verbo e nell'effusione dello Spirito Santo, non per questo sono da riguardarsi fuori dal ritmo della vita soprannaturale". I non cristiani se moralmente retti "nell'intimo della loro coscienza", "sono chiamati per la fede alla grazia di Dio", "sono anch'essi, senza saperlo, figli di Abramo" e, soprattutto, "implicitamente partecipi della grazia ottenutaci da Gesù Cristo (...) non vivono semplicemente della vita naturale, sono già anch'essi nel ritmo della vita soprannaturale". La necessità della predicazione del Vangelo, dell'opera missionaria della Chiesa e dei sacramenti deriva dal fatto che senza questi elementi i non cristiani non arriverebbero alla grazia.
L'universalità della grazia ha un fondamento cristologico. Scrive Sturzo: "Come il sole, nel centro del sistema solare, arriva dove più dove meno secondo le distanze, l'orientamento e gli ostacoli frapposti; ma la sua azione è necessaria anche per quelle parti che non arrivano ad averne l'influsso diretto, perché il sole è forza gerarchizzante, unificante, vivificante; così Gesù Cristo - in quanto egli è stato o doveva essere - è al centro del mondo, per tutti ha meritato la grazia redentrice, ed ha fatto potenzialmente tutti partecipi della vita soprannaturale".
La radicalità dell'affermazione secondo cui tutto è grazia riesce a dare un significato spirituale alla vita individuale e sociale dell'uomo che diventa "collaboratore di Dio" in tutti gli aspetti della sua esistenza dal lavoro alla ricerca culturale, dall'impegno politico all'esperienza religiosa.
In un messaggio a un circolo di cultura don Luigi scrive: "La missione del cattolico in ogni attività umana, politica, economica, scientifica, artistica, tecnica, è tutta impregnata di ideali superiori perché in tutto ci si riflette il divino. Se questo senso del divino manca, tutto si deturpa: la politica diviene mezzo di arricchimento, l'economia arriva al furto e alla truffa, la scienza si applica ai forni di Dachau, la filosofia al materialismo e al marxismo; l'arte decade nel meretricio". E aggiunge: "Non sembri strano: anche in tali decadenze potrà mostrarsi qualche barlume di verità, qualche sollecitazione alla speranza; qualche soffio di amore; perché l'uomo anche il più depravato o il più insensibile ai valori spirituali, ha un'anima che può rivelarsi tale se arriva a contatto con un'altra anima che porta il soffio della verità e dell'amore".
Scrivendo nell'agosto del 1945, da New York, a Igino Giordani, Sturzo, per rispondere a quanti ritenevano che la morale cristiana fosse eteronoma rispetto alla ragione e alla natura umana, affermava: "Dio che ci ha creato e fatto partecipi alla sua natura per la grazia; egli è la nostra felicità e la consumazione della nostra vita. Dio che è la verità e l'amore per essenza partecipa a noi la verità e l'amore, cioè se stesso. Come si può dire che questo Dio sia estraneo a noi, che costituisca per noi un principio eteronomo che alteri la nostra personalità, che disturbi la nostra autonomia, che inquieti la nostra coscienza? In eo vivimus, movemur et sumus; sì da poter dire con san Paolo (...): "vivo io, non sono io, ma vive in me Cristo"".



(©L'Osservatore Romano - 12-13 ottobre 2009)

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